La Cecenia, o Içkeria in lingua locale, è una repubblica autonoma facente parte della Federazione Russa e sita nel Caucaso settentrionale. Montanari, pastori e guerrieri, i Ceceni, che tra loro si chiamano Vainàkh (approssimativamente traducibile come “gente nostra” o con il più popolare termine di “paisà”), in maggioranza musulmani, hanno avuto una storia molto travagliata, ricca di conflitti con le popolazioni limitrofe. La letteratura classica russa riporta il rispetto che i Ceceni hanno sempre suscitato in quanti sono venuti in contatto con loro.
Basti pensare a Hadji Murat, descritto da Lev Tolstoi nell’omonimo romanzo, oppure ai racconti di Mikhail Lermontov.
La Compagnia di Stato di Danza Nazionale della Cecenia “Vainakh” è stata fondata nel 1939 e, da quel momento, ha compiuto un lungo cammino, accumulando nuove e diverse esperienze artistiche, che l’hanno portata ad esibirsi in diversi Paesi, dalla Germania, dalla Turchia e dal Portogallo, a Cuba, all’Argentina, al Messico, al Perù, ai Paesi Arabi del Vicino Oriente e, più d’una volta, in Italia, dove ha vinto il Primo Premio al Festival di Agrigento (1999) e la Medaglia d’Oro al Festival del Folklore di Gorizia (2003).
La danza cecena affonda le sue radici nelle secolari tradizioni dei montanari caucasici, nelle loro leggende e nei riti, tramandati di generazione in generazione, spesso soltanto attraverso la trasmissione orale.
Tra le imponenti cime innevate del Caucaso e i suoi torrenti limpidi e impetuosi, si sviluppano la storia e la cultura di questo indomito, piccolo popolo.
La danza, attraverso il linguaggio simbolico e stilizzato della coreografia, ne rivela appieno il carattere unico e irripetibile. Le danze maschili, guerriere o di abilità, si contraddistinguono per la difficoltà tecnica, per i movimenti ai limiti dell’acrobazia, rapidi e netti, tipici delle danze caucasiche, per lo sfoggio di maestria nell’uso delle armi da taglio.
Unica la danza maschile sulle punte. I virtuosismi sulle punte e senza alcun sostegno artificiale, che si succedono al ritmo incalzante delle percussioni, riproducono sia la tecnica del cammino in parete, che utilizza come appiglio impraticabili fessurazioni della roccia, sia l’incedere di uno degli animali tipici della regione, forse un residuo di totemismo: il montone di montagna. Così come l’aquila, altro animale sacro, è simboleggiata dalle “burke”, i mantelli dalle spalle ampie che ne riprendono la forma delle ali.
La danza femminile, invece, fluida e sinuosa, tipicamente orientale, riesce ad esprimere al meglio la grazia, la delicatezza, ma anche la potente forza di seduzione della donna.
La donna è spesso, nella danza cecena, una figura centrale e decisiva, anche nelle danze guerriere. Un’antica leggenda vuole, infatti, che il velo, levato dal capo e gettato da una donna tra due parti in conflitto, debba far cessare lo spargimento di sangue: la donna, che dà la vita, ha il potere e il dovere di conservarla, secondo le tradizioni cecene.
Nella danza, insomma, rivivono tradizioni, costumi e storia: la guerra, i duelli d’onore, le faide, il duro lavoro dei pastori, ma anche il corteggiamento, la festa e, soprattutto, la più forte delle emozioni, l’amore.