Firenze, 18 maggio 2007- “Acqua, una risorsa in pericolo”. Questo il titolo della tavola rotonda promossa questo pomeriggio a Terra Futura dalla Cia Toscana. Da un’analisi dei consumi e degli sprechi fino ad una serie di proposte per la tutela delle risorse idriche in Toscana. Vari i temi che saranno sottoposti a riflessioni durante il corso della tavola rotonda. Il Presidente della Cia Toscana, Giordano Pascucci, nel moderare gli interventi ha fatto alcune considerazione rispetto a questi argomenti chiedendo agli interlocutori di porre l’attenzione su alcuni aspetti particolari tra i quali consumi, sprechi e perdite della rete, i problemi strutturali del sistema idrico toscano, la carenza di programmazione, il modello di gestione e delle competenze, la Legge sull’emergenza idrica e le tematiche specificamente agricole.
«I mutamenti climatici sono evidenti, ha affermato Pascucci, così come sono conosciuti e ben delineati gli scenari futuri. Dobbiamo definire nuove strategie per le risorse idriche e sull’uso del suolo capaci di mettere in atto azioni ed interventi per governare il cambiamento e per il superamento del continuo e ciclico stato di emergenza. All’agricoltura toscana devono essere assicurate le risorse idriche necessarie per mettere sul mercato i prodotti che i consumatori ci richiedono, senza acqua non possiamo garantire il mantenimento delle forniture e prodotti di qualità; per questo – ha continuato Pascucci – sollecitiamo una gestione più attenta, maggiore programmazione, più piccoli invasi distribuiti sul territorio».
La Cia Toscana propone di puntare su un patto con la società come metodo di governance: il ruolo delle imprese, l’impegno delle istituzioni; essendo l’acqua fondamentale per l’agricoltura gli operatori vogliono dare il loro contributo per risparmiarla: per questo occorrerà un PSR che favorisca impianti irrigui moderni, ricerca, SSAR e formazione per aggiornare gli imprenditori, inoltre occorrerà una programmazione che miri a risolvere il problema dei prelievi sotterranei, individuando nuove modalità di reperimento della risorsa idrica e della sua distribuzione attraverso una politica di difesa del suolo (quindi attraverso la multifunzionalità), una nuova politica degli invasi, il completamento delle opere di adduzione (vedi Montedoglio) e una programmazione territoriale attenta alle opportunità di riuso delle acque depurate.
Secondo la Cia Toscana questo renderebbe necessario l’attingimento dalle falde sotterranee.
Un’analisi di alcuni anni fa, rileva la Cia, calcolava una potenziale capacità di invaso per la Toscana pari a 6.000 ml. di mc. a fronte di soli 446 milioni di invaso realizzati. Alcuni interventi sono stati realizzati attraverso il programma degli investimenti 2004 (nato su impulso della Cia dopo la siccità 2003), che ha investito 19 milioni di euro per interventi di ripristino e realizzazione di piccoli invasi collinari. «La Regione Toscana ha ormai acquisito la consapevolezza della necessità di un programma regionale di azione in materia idrica – ha ribadito Pascucci – e l’assessore Artusa lo ha annunciato, assicurando che tale programma, in fase di elaborazione, verrà presentato tra settembre ed ottobre.
Se fosse effettivamente basato, oltre che sulle necessarie azioni di risparmio, anche sulla programmazione della captazione e dell’adduzione delle risorse idriche sarebbe di grande rilievo». Nel corso dell’incontro la Cia Toscana ha messo in evidenza anche alcune incertezze sul fronte del modello di gestione delle competenze. Secondo la Cia infatti esiste un conflitto tra ATO (ma soprattutto società di gestione), amministrazioni provinciali ed autorità di bacino. A questo proposito molti disagi sono stati provocati proprio dalla legge sull’emergenza idrica, fa notare la Cia Toscana, per il potere di intervento che attribuisce agli ATO.
«La Regione afferma di voler promuovere, successivamente a questo provvedimento, una Legge che definisca in modo permanente le procedure per gestire le emergenze – commenta il Presidente della Cia Toscana – a questo proposito chiediamo una cabina di regia per la gestione delle acque, superando l’attuale frammentazione, che coinvolga attraverso la concertazione istituzioni, enti e forze sociali e produttive». «Oltre a un problema legato strettamente alla risorsa – prosegue Pascucci – si rilevano a nostro avviso delle importanti lacune di tipo infrastrutturale come ad esempio la carenza di reti di connessione tra bacini idrici e utilizzatori e quella dei sistemi di adduzione».
Complessivamente il consumo idrico in Toscana è pari a ca 900 milioni di mc.
all’anno, di cui 440 ml. per uso idropotabile, 2-300 ml. per uso industriale e 150 ml. per uso irriguo. La successiva evoluzione colturale e tecnologica fa ritenere che le superfici irrigue siano ulteriormente diminuite, per abbandono delle attività ma anche per sostituzione delle colture più idro-esigenti, mentre l’efficienza dell’irrigazione, attraverso gli impianti moderni ed i sistemi di monitoraggio messi in atto, è senz’altro aumentata.
L'Agricoltura oggi è in grado di offrire un'alternativa ecologica a molti prodotti di origine petrolchimica.
Piante come il mais, la colza o la canapa tessile, oltre ad essere impiegate per la produzione di biocarburanti, possono essere utilizzate dall'industria petrolchimica per l'estrazione di molecole vegetali, in sostituzione delle tradizionali sostanze derivate dal petrolio. Legambiente ha aperto oggi la prima giornata di Terra Futura con il convegno "Bioraffinerie" dedicando un ampio dibattito alle opportunità che l'agricoltura oggi può offrire alla riconversione industriale. Le applicazioni delle sostanze di origine vegetale nel settore chimico, oltre a quello energetico, renderebbero il processo di coltivazione economicamente conveniente per gli agricoltori.
La logica è una quella di ottimizzare l'utilizzo delle piante stesse, recuperando gli scarti dei processi di lavorazione e riutilizzandoli in altri settori come in quello delle raffinerie. "Le colture no-food possono rappresentare la leva di un interessante percorso di sviluppo alternativo – ha dichiarato Beppe Croce, responsabile Legambiente per l'agricoltura non-food - a patto che si guardi a queste non solo come fonte d'energia pulita, ma anche come alternativa ai tradizionali prodotti dell'industria petrolchimica: un'opportunità per il territorio, per l'ambiente, ma anche per il mercato".
Molecole naturalmente presenti nelle piante come amido, olio, trigliceridi, cellulosa ed emicellulosa ed altri costituenti minori, infatti sono in grado di essere impiegati per una vasta gamma di usi nell'industria, in sostituzione di quelle sostanze tossiche oggi impiegate per fare plastica o oli lubrificanti per l'industria tessile. Non a caso le bioraffinerie rappresentano un cardine del 7° programma quadro dell'Unione Europea e in Italia entro il 2010 sarà obbligatoria la sostituzione di tutti i sacchetti di plastica con altri di materiale biodegradabile.
"Il decollo delle cosiddette agroenergie nel nostro Paese – continua Beppe Croce– si scontra con una struttura del territorio agricolo italiano che non permette di puntare sulle grandi quantità, con altissimi costi di produzione che non consentono la competitività con il mercato internazionale. Il risultato è che ancora nel 2006 oltre il 98% del biodiesel prodotto negli impianti italiani è di origine estera. Il concetto di bioraffineria tende invece ad ovviare il problema dei costi. Ci sono già diverse esperienze reali in questo campo in Italia come quella della Novamont, che produce bioplastica da mais e girasole o la Solvay speriamo ripeta in Italia l'esperienza francese di produzione di glicerina di origine vegetale".