di Fabio Ceccherini, presidente della Provincia di Siena
«Sul tema della riduzione degli Ato (ambiti territoriali ottimali) per acqua e rifiuti occorre chiarire un aspetto. Il Governo sta lavorando, nell’ambito del riordino dei servizi pubblici locali, al loro superamento, rimettendo le competenze specifiche alle Province. Questa mi pare, e non per una questione di difesa d’ufficio, una soluzione adeguata. Perché annulla i famosi costi della politica, in quanto non ci sarebbero cda e incarichi nuovi da fare, anche se ovviamente le Province dovrebbero rafforzare alcune funzioni.
In più tale soluzione riporta a soggetti eletti direttamente le decisioni di carattere strategico su settori fondamentali, mentre gli Ato danno vita a organismi cosiddetti di secondo grado.
Ritengo che tale ipotesi non possa essere taciuta nel dibattito regionale. In questo quadro anche la proposta avanzata dal presidente Martini è sicuramente altrettanto plausibile: rivedere comunque gli Ambiti esistenti, ridurne il numero e trovare soluzioni più razionali. A fronte di questi due scenari, entrambi di grande interesse, concordo sulla proposta di Martini di ridurre il numero degli Ato, magari non ad uno solo per la Toscana ma ad aree omogenee.
Trovo, infatti, velleitaria e in contrasto con gli orientamenti del Governo e del buon senso l’idea di Ato regionali tanto vasti da sfuggire ad una logica di efficienza e anche di controllo democratico.
Insieme alle province e ai comuni di Arezzo e Grosseto stiamo lavorando per verificare le condizioni di un ambito integrato di programmazione e regolazione su rifiuti, acqua, trasporto pubblico ma anche reti tecnologiche e energia. E credo che questa, al momento, sia una sintesi possibile rispetto a quanto sostiene il Governo e alle esigenze di efficacia e trasparenza che chiedono i cittadini.
Appare invece francamente fuori misura un ambito di programmazione regionale che unisca Massa Carrara ad Orbetello.
Parto dal tema degli ambiti di programmazione perché sono convinto che occorre rimettere davvero al centro il ruolo pubblico di programmazione, controllo e della proprietà pubblica delle grandi risorse che in questi anni non si è sufficientemente consolidato. Questa debolezza non ha consentito di portare nuovamente a soluzioni temi rilevanti che solo le istituzioni possono risolvere: la localizzazione di impianti di rifiuti, di impianti energetici, di impianti per l’approvvigionamento idrico.
Tali questioni, assieme ad altre, non trovano soluzione a valle (da parte delle imprese che gestiscono i servizi), sono in mano ed è giusto che sia così al potere conferito dai cittadini. E allora occorrono Ato forti, che rispondano ai territori e che certo siano efficienti e costino meno».
TARIFFA
«Altra riflessione da fare è attorno al tema della centralità della tariffa dei servizi. Se la politica che si intende perseguire è, come giusto, quella del massimo contenimento ho l’impressione che abbiamo un solo modello di fronte: andare alla netta distinzione tra soggetti proprietari delle reti, che dovranno restare pubblici, e soggetti gestori privati.
I primi dovranno attivare risorse pubbliche per evitare che la quota di investimenti straordinari gravi inevitabilmente su cittadini e imprese. Ai secondi, scelti attraverso gare pubbliche, verrà chiesto di misurarsi in modo adeguato sull’efficienza nella gestione dei servizi. Se questi sono i temi e questo è un modello ragionevole, ad esso dovrebbe lavorare con forza la Regione e tutto il sistema istituzionale toscano. Quindi, un “pubblico” forte e con una missione chiara di programmazione e un “privato” competitivo capace di produrre “know-how” ed efficienza.
Dobbiamo assolutamente evitare errori tipo Telecom che possono perfino compromettere tutto il sistema dei servizi e determinarne il corto circuito.
Del resto le norme in questo senso ci sono già, dalle direttive Ce alla legge Lanzillotta che contiene questi principi. Si tratta solo e al più presto di attivare percorsi che non evitino il problema e anzi lo affrontino, tenendo anche conto che in molte aziende esiste già una consistente parte privata e che anche insieme a loro va costruita questa strada».
HOLDING TOSCANA
«La discussione sulla Holding Toscana presenta ancora numerose difficoltà e asprezze, tutte da affrontare.
Anche per quanto detto mi pare necessario, prima di tutto, rimettere al centro le scelte e gli investimenti da fare nonché il modello da perseguire per risolvere i grandi problemi dei servizi a rete. Porto alcuni esempi. Sui rifiuti come farà la Toscana a colmare il gap impiantistico che alcune sue zone hanno accumulato in questi anni e i cui ritardi adesso peseranno molto? Sull’acqua io evidenzio un limite della programmazione e delle strategie. L’uso della risorsa prima, infatti, deve essere affrontato nella sua interezza organizzando la domanda per scopi idropotabili, agricoli e industriali.
Poi occorrono misure per ridurre i consumi e per avere impianti che garantiscano riserve strategiche della risorsa. E chi può farlo tutto questo? Non certo, io credo, uno strumento operativo.
E ancora, verso quali forme di energia rinnovabile intendiamo far muovere la nostra regione se non siamo in grado di orientare il progresso tecnologico finalizzato a soddisfare la domanda? E infine sul trasporto pubblico riusciamo davvero ad integrare gomma e ferrovia o ne accettiamo la netta e dannosa separatezza?
Nel frattempo vi sono già percorsi importanti d’intesa tra imprese che operano in Toscana; ebbene vadano avanti, non fermiamoli.
I processi di integrazione sono di natura e convenienza industriale, certo accompagnati anche da una decisa volontà politica di poter disporre in Toscana di aziende efficienti e capaci di competere.
Proprio per questo occorre una grande attenzione al quadro generale che vogliamo costruire e al tempo stesso individuare soluzioni che daranno risposte a tutta la Toscana e non solo ad alcune sue parti».