Dopo cento anni dalla morte, avvenuta nell'inverno del 1907, la figura di Giosue Carducci è riscoperta. Si apre infatti un dibattito sull'opera che, soprattutto in Toscana, sua terra natale, si veste di un velo leggendario. Attorno al personaggio viene a svilupparsi un alone critico che solo in parte riesce a lenire per i toscani l'idea di chi fosse Carducci. Per molti di loro il poeta non fu solo un illustre letterato, un compositore di liriche dall'accento spiccatamente epico, un poeta baluardo dell'estremo latrato del classicismo ottocentesco, ma un cantore della propria terra.
Nato nel comune di Pietrasanta, in una piccola borgata ai piedi delle bianche Apuane, Carducci vive un'infanzia contadinesca, tra le dolci colline Metalliffere che da Siena si estendono sino al Tirreno, nel piccolo centro di Castagneto. I due comuni rientrano così a fare parte del patrimonio poetico del grande Giosue, diventano lo sfondo prospettico della sua migliore produzione. Un universo lambito dalle sinistre luci a cavallo di due secoli del quale il poeta ne canterà la magnifica bellezza, il rincorrersi delle stagioni, il presagio della morte come cosa intrinseca alla natura.
I ricordi d'infanzia, immagini perlopiù oniriche, saranno al centro delle Rime Nuove, delle Odi Barbare, delle liriche più dolorose. In età adulta pur vivendo a Bologna, sua città d'adozione, sbarcando il lunario da docente di letteratura italiana all'università, Carducci non mancherà mai di ricorrere col pensiero alla sua amata Toscana, in particolare modo a quella dolce Maremma che lo vide bambino assieme ai compagni di giochi. Toscana ed Emilia al centro della sua poesia, del suo classicismo superbo, quindi.
Due terre che furono anche spettatrici silenziose della sua dolorosa vita. Un'esistenza scalfita da giochi di immagini frutto di tragiche esperienze biografiche come la morte del figlio, cui ispirò la struggente Pianto Antico. Tuttavia, al di là degli aspetti letterari, degli eufemismi esegetici, dei ricordi d'infanzia, la figura del Carducci deve essere collocata all'interno di un'ottica sua, toscana, di solo andata, nel senso che è difficile associarla al filone della letteratura del novecento.
Il poeta infatti non fu uno sperimentatore come il suo allievo Giovanni Pascoli (altro toscano, se pur solo d'adozione). La poesia del Carducci è classica nel profondo significato della parola. Per lui la poesia era il concilio della pacificazione tra l'uomo e la natura, tra il travaglio dell'esistenza e il percorso storico. A differenza del suo discepolo che, invece, oltre a prendere degnamente le redini del maestro si inventa un inedito modo di verseggiare. La lingua, nel suo caso, determina la poesia, modella la forma, media con la realtà attraverso l'incoscio.
Un'alchimia di metafore, allusioni, onomatopee, similitudini che lo vedrà capostipite della letteratura del novecento. Giunti a questa conclusione, si potrebbe affermare che mentre Carducci è stato un reazionario della poesia, Pascoli è il rivoluzionario; il poeta traghettatore dei due emisferi poetici: quello del classicismo e quello del modernismo. Altro discorso, e non meno importante dell'attività di letterato, è quello che secerne la sua passione politica che lo vedrà protagonista, abbracciare la fede mazziniana e quella carbonara.
Insomma, un grande toscano. Un versigliese e un maremmano che ha avuto l'intelligenza di fare della nostra terra un punto d'osservazione, una spiaggia d'approdo sulla quale si conclude un'epoca. Il dibattito che nell'anno in corso sta prendendo avvio vede in tutta la Toscana manifestazioni in memoria del poeta. Eventi che dalla Maremma sino alla Versilia, passando da Firenze, si celebrano nel tentativo di razionalizzare la sua produzione, l'illustre figura che riuscì, pochi mesi prima della morte, a guadagnarsi il nobel per la letteratura nell'ormai lontano 1906.
Celebrazioni che si svolgono nei luoghi fondamentali della sua vita. A Valdicastello dove nacque, a Castagneto, a San Miniato, dove iniziò la professione d'insegnante, sino a Santa Maria a Monte, cittadina dove il fratello Dante morì, forse a causa dei maltrattamenti del padre. Insomma celebrazioni, eventi, ricordi in tutta la Toscana. Un motivo in più per non dimenticare l'instancabile e celebre cantore dell'antica Etruria.
Iuri Lombardi