E’ traumatica la notizia apparsa ieri sul sito del Corriere della Sera riguardante il destino delle Case del Popolo a Firenze, secondo la quale certi locali stanno, di volta in volta, l’uno dopo l’altro, chiudendo le saracinesche per dare spazio a Night Club, locali specializzati in cene erotiche e cose simili. A rilevare il dato è un documentario, prodotto dalla regione Toscana, girato nei luoghi dell’intramontabile film di Giuseppe Bertolucci, nel quale Roberto Benigni recita la parte di Mario Cioni, ambientato tra Prato e Firenze.
A fare da protagonista in questo caso, oltre ai tempi che cambiano trasformando intere realtà, sembra essere l’interesse economico. Molto spesso le Case del Popolo, oramai sganciate da logiche di partito, per rientrare sono costrette ad affittare i propri locali destinandoli ad altri tipi d'attività. Così, oltre a mutare qualcosa di profondo all’interno del contesto fiorentino, oltre a cercare di oscurare il passato storico, sono dimenticati i luoghi d’approdo per la socializzazione che per tutto il novecento sono stati al centro della quotidianità locale.
Nelle Case del popolo era consueto ritrovarsi dopo una giornata di lavoro, scambiare quattro parole col vicino di casa, passare il tempo discorrendo, oltre ad impegnarsi in cose ricreative, dei propri problemi, individuali e collettivi, dei momenti felici del proprio vissuto e di quelli tristi. Insomma, rappresentavano, e in un certo senso rappresentano, un punto d'aggregazione, un'“isola” all’interno del tessuto urbano nella quale si respirava il profumo dell’epica storica. Da certi locali sembrano essere partite le lotte dei lavoratori, gli scioperi per declamare i diritti spesso calpestati da politiche capitaliste, sembrano essersi creati gruppi d’amicizie che, se vogliamo, sapevano di quell’odore poetico che Fellini seppe ricreare nei Vitelloni.
In altre parole, da oltre un secolo, rappresentano un universo storico e sociale che sembra spegnersi di giorno in giorno. Un destino crudele, che segna il passaggio di un’epoca e ci fa percepire quanto la storia sia violenta non viaggiando a passo d’uomo. Certo, nell’era della globalizzazione, dove tutto è travolto, niente è come prima. I luoghi d'aggregazione che per un secolo si sono affermati ora sono costretti a scambiarsi di ruolo con altre realtà. Il documentario, seguendo un itinerario tradizionale, narra la quotidianità di quelle Case del Popolo tipiche della piana, che sono state al centro dell’universo poetico di Berlinguer ti voglio bene.
Un destino che sembra, da quanto emerge secondo i fatti che si susseguono, travolgere altri contesti simili. A Firenze negli ultimi tempi molte sale cinematografiche hanno chiuso, altre sono minacciate da un simile epilogo. Insomma, quella realtà fiorentina a noi tanto familiare sta per essere trasformata e solo nei ricordi della gente sembra rivivere il tempo che fu. Un cambiamento che, però, sembra procedere con meno rapidità nei paesi della regione, in quelle zone come la Val D’Elsa, il Chianti, la Versilia interna, la Val di Chiana: dove, nonostante le vicissitudini del presente, fa da protagonista il connubio tra l’uomo e la storia.
Un connubio che a Firenze e nei comuni della cintura sembra annegare in un naufragio, trascinandosi dietro le Case del Popolo, i secolari luoghi di ritrovo, le sale cinematografiche. Si chiude così il sipario sul passato per riaprirsi, con la stessa rapidità, sul presente – futuro, in un’alchimia di passaggi storici alla quale l’uomo non sempre ne comprende l’entità.
Iuri Lombardi