Il progetto di assegnare, se pur simbolicamente, una strada ai senzatetto nato a Bologna nel 1993 sembra allargarsi sempre di più, soprattutto grazie all'appoggio dell'associazione "Piazza Grande"che da anni sostiene e promuove l'idea. E' stato proprio dalla città emiliana che l'associazione dei senzatetto lanciò tale intento per consentire a tanta gente di esistere anagraficamente. Un sogno, se così si può definire, che non tardò a realizzarsi e ad essere preso in considerazione anche nelle altre città dello stivale, tanto da diventare una realtà.
Sì perché essere residenti, reperibili alla burocrazia, alle amministrazioni comunali, significa esserci, esistere e, soprattutto, vuol dire essere un cittadino comune con i propri diritti e i propri doveri. Senza una residenza, se pur simbolica, è come vivere in un labirinto di non identità, in un gioco pirandelliano in cui le persone sono solo apparenti. Un dilemma che, a differenza di Amleto, non si limita al semplice interrogativo ma va oltre. Problematica che la costituzione stessa sembra sollevare, infatti essere residenti significa avere il diritto al voto, all'assistenza medica, alla partecipazione civica, all'indignazione e alla protesta.
A Firenze la strada dedicata ai senzatetto è Via Alessandro Lastrucci, nome noto per la città, in quanto Lastrucci era il direttore dell'albergo popolare di via Della Chiesa. La strada, assente da ogni toponomastica, che come le altre s'ispira a nomi comuni spesso reali, attualmente ha un bacino di residenti abbastanza esteso, si tratta per la maggiore di coloro che vivono in continua povertà, molti dei quali prima del 1993 erano in balia di loro stessi, senza speranza e per molti invisibili come fantasmi.
Ad affiancare il progetto nel quotidiano, a coordinarlo sono una serie di volontari, ciascuno con un proprio ruolo, che con umiltà da anni partecipano e alimentano attese. Volontari, obbiettori, grazie ai quali l'organizzazione si avvale della collaborazione di avvocati, che per solidarietà tutelano i diritti dei senzatetto. Avvocati di strada, questo il loro nome, che a Bologna hanno affrontato cause per dare residenza a persone indifese, processi spesso vinti che sono diventati materia di tesi.
Molti studenti, infatti, sia nella città delle torri sia nelle altre, hanno discusso la propria tesi di laurea su questo fenomeno. Un fatto quindi non solo di cronaca, ma si potrebbe definire civile, tanto da aver promosso riviste e quotidiani specifici. In altre parole, il fenomeno sembra aver interessato il tessuto civico, le ragioni d'interesse culturale, come gli stessi dati ISTAT tendono a confermare. Tuttavia, la posta in gioco è tanta, al punto che le aspettative vertono verso una prospettiva sempre più mirata che amplia l'orizzonte degli interventi.
Un lavoro complesso che richiede non solo una particolare sensibilità verso certe tematiche, ma soprattutto una determinazione volontaria forte e decisiva. Insomma, un'attenzione meticolosa che restituisce il verbo esistere a chi gli è stato tolto.
Iuri Lombardi