Negli ultimi anni il ricorso ai farmaci del nostro paese è aumentato di circa un terzo. Se gli Italiani si sentono malati senza esserlo, con un evidente danno socioeconomico, forse si deve alle pressanti campagne di comunicazione dell'industria farmaceutica. Il marketing delle aziende porta negli studi medici soggetti che chiedono rimedio a disturbi comuni come la calvizie, la sindrome premestrule, la perdita di memoria, la stipsi. Cosa possono fare i medici consapevolmente contro queste imponenti campagne multinazionali architettate con l'obiettivo di aumentare la richiesta di terapie farmacologiche?
E' questo uno dei molti temi trattati da Giorgio Dobrilla, primario gastoenterologo a Bolzano, nel suo agile volume "Solo scienza e coscienza? Caso, intuizioni, ambizioni, ingenuità, evidenze e pericoli in medicina e chirurgia", edito dal Pensiero Scientifico con una presentazione di Andrea Zanzotto.
Ampio spazio dedica Dobrilla all'efficacia specifica dei farmaci e all'abuso e ai loro danni collaterali, all'effetto plecebo, ma anche alla guarigione spontanea, e sopratutto alla (dis)informazione dei pazienti e al così detto disease mongering, che è in pratica la promozione dei disturbi a malattie.
Creare bisogni è il paradigma del marketing. In sanità se aumentano le patologie e le diagnosi crescono anche le prescrizioni farmaceutiche. Così da qualche tempo a questa parte il rischio contreto è la medicalizzazione di indisposizioni tipiche della vita quotidiana.
Ansia sociale, disfunzione erettile, disforia premestruale, iperattivismo giovanile, sindrome delle gambe senza riposo: l'industria farmaceutica ha preparato un rimedio per ciascuno di questi disturbi. Ma questi malesseri sono davvero malattie? O per incrementare gli utili in borsa diventa necessario trasformare i sani in malati? Così da vendere malattie propedeutiche alla distribuzione di medicinali?
Si tenta dunque l'allargamento dei confini del trattamento farmacologico con un martellamento "pubblicitario" che tende a convincere il soggetto sano a consumare medicinali.
Ecco le riviste di massa evocare il tema inedito della disfunzione sessuale femminile, che altro non è che il mancato raggiungimento dell'orgasmo. E' certo un problema, ma è davvero trattabile come una patologia? Ecco il deficit infantile da iperattività, che viene trattato con psicofarmaci a base di metilfenidato. Ecco la pre-ipertensione con valori pressori medi di 120/80: e allora con i veri ipertesi, quasi la maggioranza della popolazione anziana, che cosa di dovrebbe fare?
Nicola Novelli