L'ultimo sarà realizzato ex sede del Monte dei Pegni in Via Palazzuolo, a due passi da Piazza Santa Maria Novella, acquistato nel dicembre del 2003 dalla Società S. Paolino Resorts & Hotel, tramite un’intermediazione immobiliare della Sanfrediano s.r.l., dalla Cassa di Risparmio di Firenze.
Si tratta di un vasto complesso immobiliare che da Via Palazzuolo giunge sino a Borgo Ognissanti, fiancheggiando la Chiesa di San Paolino e, sul retro, l’ex Ospedale di San Giovanni di Dio, per una superficie complessiva di circa 10 mila metri quadri.
È costituito, nella sua parte rivolta su Via Palazzuolo, dalle strutture del convento annesso alla chiesa di San Paolino, ricostruito nel ‘600 e rimaneggiato nell’800; negli anni ’50 è stato ampliato sul retro mediante strutture per il deposito dei beni in garanzia, sino a comprendere parte di un edificio vincolato che si affaccia su Borgo Ognissanti.
Nei giorni scorsi l’amministrazione comunale ha avviato il procedimento per cambiare l’attuale destinazione d’uso direzionale e residenziale in destinazione alberghiera, proponendo di mutare anche la classificazione degli edifici per consentire di fatto alla proprietà di poter eseguire tutte le opere murarie funzionali alla nuova destinazione alberghiera.
Attualmente gran parte degli edifici è inserita in classe 1 "edifici di particolare interesse storico e/o artistico, monumentale, assimilati o parificati agli edifici notificati e vincolati" per i quali il Piano Regolatore consente solo interventi di manutenzione ordinaria e di restauro.
"La discutibile previsione di variante che il Comune propone riduce notevolmente la tutela dell'immobile attribuendo la classe 1 alla sola facciata dell'edificio prospiciente Via Palazzuolo e Piazza San Paolino -affermano in un documento i Comitati dei Cittadini di Firenze
Nel cuore della città, in una delle ultime zone popolari e con una ricca e variegata presenza residenziale e artigianale, la giunta Domenici rinuncia ad un reale governo del Centro Storico, che dovrebbe avere come valore fondante la salvaguardia del bene culturale e della ricchezza sociale della popolazione insediata, per assecondare le mire affaristiche di una certa proprietà immobiliare che, cosa gravissima, saranno poi puntualmente registrate e consentite dalle opportune varianti del Piano Regolatore.
Laddove c'erano famiglie di residenti, laddove c'era un complesso architettonico da salvaguardare nella sua integrità storica e artistica, laddove sarebbe stato possibile un accurato restauro ambientale e architettonico, anche mediante la demolizione delle recenti costruzioni ripristinando i caratteri originari dell'area, c'è il pericolo di dover assistere impotenti, ancora una volta, alla nascita di una nuova struttura alberghiera a 4 stelle, da 180 stanze e con annessi spazi congressuali.
Si deve inoltre evidenziare la sostanziale difformità di queste azioni di trasformazione rispetto allo Statuto del territorio del Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Firenze che in riferimento ai Centri Storici prescrive, in caso di recupero e sostituzione, una giusta proporzione tra le varie funzioni, evitando l'accumulo di quelle terziarie, per favorire, invece, il recupero residenziale.
Nel Piano provinciale si afferma anche che negli interventi di sostituzione edilizia è "necessario aprire una prospettiva per una cultura e per una pratica del risarcimento urbano: nel senso che le operazioni di ricupero delle aree dismesse siano e diventino sempre più le occasioni - queste sì, opportune e positive - per una reale opera di compensazione all’interno della città contemporanea, nei suoi spazi, nelle sue funzioni, nei suoi modi di fruirla e di viverla.
Ciò vuol dire ancora che le attese e gli interessi dei soggetti coinvolti (proprietari e operatori) dovranno essere commisurati a un generale miglioramento della condizione urbana.
Ci chiediamo, inoltre, se queste scelte siano coerenti con il riconoscimento, da parte dell'UNESCO, del Centro Storico di Firenze come patrimonio mondiale dell'umanità. I nostri amministratori, autori di un recente - e in molti aspetti largamente discutibile - Piano di Gestione del Centro Storico, sembrano, tra l'altro, disattendere nei fatti le stesse affermazioni di principio espresse in quel loro testo, in cui si sottolinea la necessità di una gestione condivisa del patrimonio culturale e il coinvolgimento della comunità dei cittadini oltre che dei cosiddetti portatori di interesse".
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Brevi notizie storiche sul Convento di San Paolino
La chiesa di San Paolino è anteriore al 1000, del convento si hanno notizie già nell’XI secolo come Collegiata con canonici e priore; dal 1217 al 1271 è occupato dai Domenicani che poi si trasferiranno a Santa Maria Novella.
Dal 1221 ritorna ad essere Collegiata con preti regolari.
Il convento venne notevolmente ampliato e restaurato nel 1619.
Soppresso nel 1808, dal 1810 il convento è libero da religiosi e la chiesa è ridotta ad uso profano.
Nel 1814-17 i Carmelitani Scalzi tornano in possesso del complesso e ne ampliano un braccio destinato alle spezierie.
Nel 1866, dopo il decreto di soppressione, i religiosi lasciano nuovamente il convento che viene destinato ad Amministrazione generale del Fondo del Culto e acquistato dall’Azienda dei Presti.
Nel 1873-1890 una parte del convento viene riacquistata dai Carmelitani e ristrutturata su progetto dell’arch.
Giuseppe Malvolti. Il fabbricato principale destinato a sede dell’Azienda dei Presti viene ristrutturato sotto la direzione dell’arch. F. Cintolesi.
Nel 1980 il complesso è suddiviso fra la proprietà della Cassa di Risparmio di Firenze e la Provincia Toscana dei Carmelitani Scalzi.