di Ornella De Zordo
Unaltracittà/Unaltromondo
La settimana scorsa si è tenuto a Firenze il primo eccezionale consiglio congiunto Comune-Provincia. All'ordine del giorno l'approvazione dello Statuto della costituenda Fondazione cultura. Bizzarro che con tutte le scelte rilevanti che abbiamo visto discutere dai due Enti locali (inceneritori sì o no, ingresso di Acea in Publiacqua o no), mai si sia ritenuto di dover dare loro tanta centralità. Non che il tema cultura a Firenze non sia di rilievo; al contrario, è talmente importante da meritare coinvolgimento e procedure migliori di una unica seduta in cui i consiglieri sono stati chiamati a ratificare qualcosa di già deciso altrove.
Entrando nel merito, a Firenze, unico caso in Italia, si affiderà non un settore specifico ma l'intera programmazione e gestione della cultura a un organismo chiamato Fondazione Palazzo Strozzi; come si evince dallo Statuto, a differenza di altri, più avanzati modelli di Fondazione (come la Fondazione di partecipazione o la Fondazione comunitaria), si è scelta una formula che mortifica il ruolo del pubblico e le cui strategie sono sostanzialmente finalizzate a un'operazione di marketing. In mancanza di un progetto culturale, che invano si cercherebbe negli atti approvati, l'unica cosa chiara è che ci si predispone a vendere al meglio il marchio-Firenze.
Oscuri rimangono i rapporti tra Fondazione e Assessorato alla cultura; di chi le competenze? Chi farà le scelte in materia di cultura? Quale il ruolo dei privati? A vantaggio di chi sarà confezionato il tanto citato marchio? Tra l'altro esiste anche un grave problema di esternalizzazione di alcuni servizi culturali e turistici, dato che l'art. 3 dello Statuto prevede la gestione "di strutture fisse aperte al pubblico, degli istituti e dei servizi museali e culturali". Che garanzie ci sono per i lavoratori del Comune e della Provincia? Inoltre, in una formula dove la cultura coinciderà inevitabilmente coi "grandi eventi", quale sarà lo spazio reale riservato ai giovani artisti? Quali risorse verranno investite per valorizzare esperienze di produzione diffusa che non danno guadagni immediati ma devono essere sostenute per fare di Firenze un luogo di elaborazione culturale avanzata? Eppure sul territorio fiorentino sono presenti istituti di formazione artistica, statali e non, con caratteristiche di unicità e originalità quali l'Accademia di belle arti, l'Istituto d'arte, l'Istituto per le industrie artistiche, licei artistici.
Per non parlare dell'Università, inspiegabilmente grande assente in questo scenario. L'organismo varato ieri a maggioranza in una seduta in cui non sono mancate le obiezioni e le critiche, corrisponde a un'idea superata di "modernità", la stessa che sta dietro allo sviluppismo delle cosiddette "grandi opere". Invece, il futuro vero non sta nella mercificazione del patrimonio artistico, né in una concezione produttivistica e mercantile della cultura, ma nell'incentivazione dell'elaborazione contemporanea e nel sostegno della fruizione pubblica dei beni culturali.
Così, dietro all'immagine del nuovo si favoriscono gli interessi delle categorie economiche che programmeranno un piano pseudo-culturale a loro vantaggio, a scapito dei veri bisogni della città. Insomma, o è sbagliato il nome: e allora si dovrebbe parlare di "Fondazione per la promozione del turismo e del commercio a Firenze", oppure la proposta di questa Fondazione è inaccettabile. Non si può avallare che la cultura in questa città venga pensata, progettata e realizzata da soggetti che sono portatori di interessi specifici e particolari.