"... C'è anche un altro Sartre. Meno noto, più inquietante, spesso nascosto fra le pieghe della sua opera grandiosa e complessa, per certi versi nascosto anche a se stesso. In poche parole, un pensatore che si è spinto sulla soglia di impressionanti azzardi teorici non contro se stesso ma in nome di se stesso. Di questo Sartre si deve dire che ha non tanto enfatizzato la libertà, ma l'ha fatta precipitare nel nulla e con il nulla l'ha identificata. Bisogna affermare inoltre che da questo nichilismo radicale ha tratto conseguenze non meno radicali.
Fino a ricavarne la più coerente ideologia terroristica che i 'tempi moderni' (per usare un'espressione tipicamente sua) abbiano conosciuto.
... Queste sono le sue parole: 'nella praxis in corso (cioè durenate l'esecuzione) ciascuno si rende solidale a ciascuno e a tutti nella solidarietà pratica del pericolo corso e della violenza comune. Io sono fratello di violenza per tutti i miei vicini: si sa del resto che chi rifiutasse questa fratellanza sarebbe sospetto. In altri termini, la collera e la violenza sono in pari tempo vissute come Terrore esercitato sul traditore e (nel caso in cui le circostanze avessero prodotto questo sentimento) come legame pratico d'amore tra linciatori.
La violenza è la forza medesima di questa reciprocità collaterale d'amore'.
... Dunque il terrore (anzi, il Terrore) è tutt'uno con il più alto rapporto d'amore che si possa pensare nel mondo irredento. Sartre non avrebbe potuto essere più chiaro. Sartre filosofo della libertà? Sartre teorico di un nuovo umanesimo? No, Sartre ideologo del terrorismo. Non che il suo pensiero si riduca a ciò. Tuttavia scordarlo, o peggio, gettare un velo su questo aspetto, sarebbe nient'altro che una forma di colpevole occultamento".
Sono le parole di Sergio Givone apparse sull'ultimo numero (A.
XI, 43/44) del trimestrale di letteratura «Il Portolano». Un numero doppio perché ampiamente dedicato, nel centenario della nascita, alla figura e all'opera di Jean Paul Sartre (1905-1980). Oltre ai contributi di Sandra Teroni, Luisa Materassi, Stefano Lanuzza, Gabriella Paolucci e Piergiovanni Permoli sullo scrittore francese, sono da segnalare la poesia testamentaria di Gottfried Benn Niente lutto, per la prima volta tradotta da Giuseppe Bevilacqua, e il testo di Marco Fagioli su Claude Lévi-Strauss, a cinquant'anni dai Tristes tropiques che segnarono la svolta dell'antropologia moderna.
Il numero sarà presentato martedì 7 marzo alle 17,30 presso la libreria Martelli di Firenze (via Martelli 22r).
Interverranno Enza Biagini e Leandro Piantini. Della rivista saranno presenti Maria Fancelli, Ernestina Pellegrini e il direttore responsabile Francesco Gurrieri.
Antonio Pagliai