Il Tabernacolo dei Linaioli, capolavoro del Beato Angelico, sarà restaurato dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, su incarico della Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Fiorentino e del Museo di San Marco, grazie all’intervento dell’A.R.P.A.I. (Associazione per il Restauro del Patrimonio Artistico Italiano). La prestigiosa Associazione, che dal 1989 si occupa di preservare monumenti ed opere d’arte sul territorio italiano, ha risposto all’appello lanciato l’anno scorso dall’Opificio, diretto dalla soprintendente Cristina Acidini, per trovare dei finanziamenti in grado di garantire il restauro in tempi brevi di alcuni capolavori.
Grazie ai fondi messi a disposizione dall’A.R.P.A.I., l’opera sarà restaurata in due anni e potrà così tornare visibile al pubblico nel Museo di San Marco.
Nell'immagine: Beato Angelico, Tabernacolo dei Linaioli, 1433, tavola centrale; Madonna con bambino
Oltre all’Angelico, altri due grandi opere - La Croce di Ognissanti di Giotto e l’Ultima Cena del Vasari - saranno ultimate in tempi brevi grazie ad importanti risorse economiche messe a disposizione da aziende private ed enti pubblici.
Il Tabernacolo dei Linaioli è un capolavoro della maturità artistica dell’Angelico, l’unica grande commissione pubblica pervenuta all’artista da un ambito non religioso.
In quest’opera l’Angelico dà prova delle sue grandi capacità espressive: dalle raffinate tecniche esecutive, tra cui spicca l’uso straordinario della foglia d’oro, all’eleganza decorativa e spirituale che raggiunge l’apice nelle figure degli angeli musicanti, fino alla monumentalità plastica e tridimensionale, pienamente rinascimentale, del gruppo della Madonna col Bambino e dei quattro Santi che dialoga alla pari con gli scultori del primo Quattrocento, come Lorenzo Ghiberti, Donatello e Nanni di Banco.
Il Tabernacolo è composto da una monumentale cornice marmorea che contiene al suo interno la tavola dipinta dall’Angelico, suddivisa a sua volta in una pala centrale (alta 289 cm), dotata di un massiccio bordo strombato, due ante laterali e la predella.
L’Arte dei Linaioli commissionò l’opera per la sede della corporazione, affidando prima il disegno del tabernacolo marmoreo a Lorenzo Ghiberti nel 1432 - realizzato da Jacopo di Bartolommeo da Settignano, Simone di Nanni da Fiesole e dal legnaiolo Jacopo di Piero detto il Papero - e successivamente la parte dipinta all’Angelico, in data l’11 agosto 1433.
Sulla tavola centrale è rappresentata la Madonna in trono con il Bambino, seduta su di un elegante cuscino, con delle tende d’oro alle spalle che si aprono su uno sfondo celeste, nel quale compare la colomba dello Spirito Santo.
Nella profonda imbotte della struttura lignea, sono raffigurati dodici angeli musicanti di straordinaria varietà ed eleganza. Le due ante laterali sono dipinte su entrambi i lati, così da poter funzionare a tabernacolo aperto o chiuso: all’interno, su fondo oro, sono raffigurati San Giovanni Battista e San Marco, patrono dell’Arte dei Linaioli; sul lato esterno, ancora una volta San Marco e San Pietro. La raffigurazione era completata da una predella, la cui struttura è andata perduta, ma della quale rimangono le tre scene dipinte con La Predica di San Pietro (alla presenza di San Marco), l’Adorazione dei Magi e il Miracolo del corpo di San Marco.
Alla fine del Settecento, dopo la soppressione delle Arti, il Tabernacolo fu smembrato e trasferito prima alla Galleria degli Uffizi e successivamente nel Museo di San Marco dove è stato ricomposto nella sua interezza. Nel novembre del 2001 il Museo ha affidato il Tabernacolo dei Linaioli alle cure dell’Opificio delle Pietre Dure: prima è stata restaurata la monumentale incorniciatura marmorea (2001-2003) dal “Settore di Restauro dei Materiali Lapidei”; a seguire la tavola dipinta è stata sottoposta, nella prima fase di intervento, ad indagini diagnostiche e test applicativi (2003-2005) da parte del “Settore di Restauro dei Dipinti su tela e tavola”, al fine di mettere a punto il progetto di intervento.
Le indagini hanno permesso di individuare i fenomeni di degrado che sono di tipo strutturale ed estetico.
Dal punto di vista strutturale la pala centrale presenta delle profonde ed estese fratture, causate dalla stessa struttura lignea. Dal punto di vista estetico la superficie pittorica mostra delle notevoli alterazioni dovute alla presenza di vernici e ridipinture, ma anche e soprattutto a causa della tecnica stessa di esecuzione. Se prima delle indagini si pensava che le alterazioni del colore fossero principalmente dovute ai precedenti interventi di restauro, i dati emersi dimostrano che è la stessa tecnica pittorica con cui l’Angelico eseguì il dipinto ad essere la causa del degrado: una leggerissima stesura di colore che nel tempo si è assottigliata fino a scomparire, lasciando solo visibile lo strato preparatorio del colore.
Sono le figure dei Santi nelle ante, ad aver subito con maggior forza questo fenomeno, per esempio la mano ed il volto del San Marco ad occhio nudo si presentano come una massa di colore senza modellato. Sottoposti a raggi ultravioletti mostrano invece la pittura oramai invisibile, addirittura la mano del San Marco appare “percorsa da una miriade di vene”, racconta con emozione la restauratrice Paola Bracco.
Nonostante questa problematica, la qualità pittorica dell’opera resta straordinaria sia per l’utilizzo di materiali preziosi – tra cui grandi quantità di lapislazzuli per l’azzurro, cinabro e lacca per i rossi – che per l’eccezionale raffinatezza delle tecniche impiegate, tra cui spicca la lavorazione della foglia d’oro utilizzata non solo come fondo ma come vero e proprio colore.
Foglia d’oro a guazzo, a missione, punzonata, incisa, brunita, con cui l’Angelico rende “reali” i broccati del trono, le tende, i bordi delle vesti, le aureole e altri particolari preziosi.
Eseguite quindi le indagini diagnostiche, l’Opificio ha messo a punto un progetto di restauro che oltre all’esecuzione dello stesso prevede dei controlli in corso d’opera e una documentazione accurata di ogni fase. Per quanto riguarda i fenomeni di degrado della struttura, presenti sulla pala centrale, è stato deciso di non chiudere e ritoccare le fratture per non deformare le dimensioni stesse della figurazione.
Per la superficie pittorica, invece, è stata messa a punto una complessa metodica per una pulitura selettiva, graduale e differenziata, che esalti i valori espressivi del dipinto. Grazie quindi all’intervento dell’A.R.P.A.I. c’è la certezza che il restauro sarà terminato entro due anni.