Empoli, lì 07 Dicembre 2005- Si è appena conclusa una ricerca del Centro Clinico di Medicina Naturale dell' Asl 11 (Resp.: Dr. Fabio Firenzuoli), per valutare l'uso dei prodotti a base di erbe da parte dei pazienti ricoverati negli ospedali di Empoli, Castelfiorentino, Fucecchio, San Miniato.
E' stata condotta da personale specializzato tramite somministrazione di uno specifico questionario a tutti i degenti.
Dall’indagine emerge che su 197 soggetti ben il 48,7% utilizza prodotti a base di erbe.
Di questi il 49,4% a scopo salutistico, mentre il 51,6% per la cura di vere e proprie malattie (più spesso disturbi digestivi, ma anche problemi genito-urinari, cardio-circolatori e respiratori).
Il primo dato rilevante è rappresentato dal numero di coloro che utilizzano le erbe a scopo curativo, che costituiscono il 20,8% di tutti gli intervistati. Si tratta di una percentuale molto più alta di quella attesa, in particolare se si considerano i dati ISS-ISTAT della media nazionale (4,8%) o regionale (5,6%), relativi alla Fitoterapia.
Dall’indagine risulta anche che viene seguito il consiglio dell'erborista nel 35,4% dei casi, del farmacista nel 11,4%, la prescrizione del medico nel 22,8% o si ricorre all'automedicazione nel 20,3%.
Più frequentemente le erbe sono utilizzate sotto forma di tisana (60,2%), acquistate in erboristeria (43,4 %) o in farmacia (36,1 %).
Il dato più sconcertante è, tuttavia, quello relativo ai pazienti che raccolgono le erbe spontanee nei campi: ben 12 pazienti (14,4%) fa ricorso abitualmente a questa pratica e le conseguenze sono facilmente intuibili. Oltre alla possibile attribuzione di nomi e proprietà discordanti tra loro, il rischio reale sta nella raccolta di erbe inquinate (da metalli pesanti, pesticidi etc…) se non addirittura tossiche.
Dal questionario è, infatti, emerso che ben due pazienti facevano uso di una pianta ritenuta sicura, perché consigliata in medicina popolare. Si tratta dell' Erba Querciola (v. foto allegata), usata da loro per vari disturbi, e addirittura consigliata a parenti ed amici. In realtà, la pianta, più nota forse con il nome di Camedrio (Teucrium Chamaedrys L.), è ampiamente conosciuta come tossica, ed il suo uso peraltro è formalmente proibito sotto tutte le forme dallo stesso Ministero della Salute.
I due pazienti sono stati prontamente informati dei possibili danni che la pianta può provocare al fegato ed ovviamente invitati a non utilizzarla più, né a consigliarla. La ricerca ha consentito di constatare come il ricorso alle erbe, spesso all'insaputa del medico curante, sia in realtà superiore ai dati ufficiali. E’ indispensabile ed urgente dedicare sempre più tempo alla corretta informazione dei pazienti sulle opportunità terapeutiche delle piante e su tutti i rischi connessi, con specifici programmi educativi cui la struttura pubblica non può sottrarsi.