Tre ordini del giorno saranno presentati questo pomeriggio dal gruppo di Alleanza Nazionale durante la discussione in consiglio comunale della delibera sugli indirizzi a Publiacqua spa. «Anzitutto - hanno spiegato i consiglieri Gaia Checcucci e Jacopo Cellai - è necessario rivedere e rideterminare il canone di concessione deliberato a fronte dell'uso delle reti e degli impianti per evitare l'attuale impatto in tariffa che quest'ultimo comporta per i prossimi anni, giustificandolo solo come copertura dei mutui rimasti in capo al Comune e non trasferiti a Publiacqua».
«Negli anni scorsi - hanno ricordato - abbiamo più volte fatto presente che il quadro normativo esistente non consente il prelievo di un canone di concessione dal gestore il quale, è facilmente prevedibile e comprensibile, lo avrebbe riversato in tariffa. Il canone ha tre voci: c'è una quota imputata alla copertura del debito residuo dei muti prima gravanti sui Comuni che compongono la cosiddetta Autorità di Ambito, l'Ato, e che risulta di 12,9 euro per abitante all'anno, per un importo complessivo di 342,5 milioni di euro.
C'è poi la "quota per la valorizzazione del patrimonio" che ammonta complessivamente a 153,69 milioni di euro e che grava annualmente sui cittadini con un importo per abitante sempre crescente. Infine c'è una quota di canone per le spese di funzionamento dell'Ato che risulta, complessivamente, di 20,6 milioni di euro. Lo scorso anno l'amministrazione ha deciso una cessione del credito del Comune nei confronti di Puliacqua, con contestuale mandato alla direzione ragioneria di adottare procedura d'urgenza mediante trattativa privata per l'individuazione dell'istituto di credito che effettui tale operazione.
L'operazione con la Banca Nazionale del Lavoro ha visto la cessione del canone di concessione per 17 annualità del valore di circa 122 milioni di euro per ottenerne subito circa 80. Da subito l'operazione ci costa circa 40 milioni di euro. I soldi così ottenuti dovevano servire per estinguere mutui che gravano sull'amministrazione, per finanziare la spesa corrente e per altri non ben precisati capitoli di bilancio». Negli altri ordini del giorno Alleanza Nazionale chiede lo «scioglimento di Publiutenti srl, Publiacqua ingneria srl e Società consortile Mau srl».
«La prima - hanno rilevato Checcuci e Cellai - è una società partecipata unicamente da Publiacqua spa con il solo scopo di occuparsi della lettura e della bollette. Un oggetto sociale analogo a quello di 14 operatori la maggior parte dei quali di antica tradizione, che si sono sempre occupati della lettura e della contabilizzazione dei consumi idrici e che danno lavoro a circa 120 persone. In due anni di vita la società si è "mangiata" il capitale sociale di 100.000 euro per ritardi nella costruzione del sistema informatico e difficoltà nell'acquisizione di clienti».
«Nel frattempo i fiorentini stanno per avere un'altra brutta notizia - hanno annunciato Checcucci, Cellai e il consigliere provinciale Nicola Nascosti - secondo quanto pubblicato nel bollettino della Regione, il Comune di Firenze, come molti altri Comuni dell'Ato, non è riuscito a raggiungere l'obiettivo del 35% di raccolta differenziata. Per questo scatterà una multa pari a circa mezzo milione di euro. Denaro che sarà pagato, molto probabilmente, dai contribuenti attraverso l'aumento della tariffa».
«In questi anni - ha concluso Cellai - il Comune si è vantato di aver avviato una campagna capillare per educare i cittadini alla raccolta differenziata ma i risultati sono decisamente deludenti. E ora arriva anche la multa da pagare. Ma la Regione non poteva elaborare un criterio più ragionevole sulla base dei risultati conseguiti dai vari Comuni? Il risultato finale di questa politica è quello di incidere ulteriormente sulle tasche si cittadini».
La costituzione di un'authority per controllare le partecipate del Comune.
Ma anche l'avvio di una riflessione, che parta anche dalla chiusura di società di inutili come Firenze Mostre, sulla politica di un sistema che «ricorda sempre di più le vecchie partecipazioni statali». E' la richiesta avanzata dal capogruppo di Forza Italia Paolo Amato. «In questi giorni - ha ricordato - Standard & Poor's ha confermato il rating nei confronti del Comune di Firenze. In questa valutazione pesano però negativamente le perdite delle partecipate, in particolare di Ataf spa. Questo dato ripropone con forza il problema di questa società.
Per questo ribadiamo la nostra proposta di un authority come strumento di controllo e di raccordo operativo con il consiglio comunale. Da parte sua, però, il Comune deve avviare riflessione sulla sua politica in questo settore». La critica di Forza Italia si è focalizzata su «tre società che ben rappresentano la crisi del sistema»: Ataf spa, definita la «società per azioni "improbabile"», Firenze Fiera, la «società per azioni "malgestita"» e Firenze Mostre la cosiddetta «società per azioni "inutile"».
«Nel primo caso - ha rilevato Amato - siamo di fronte ad una spa il cui bilancio è costantemente "rosso profondo". Ma qual è la ragione d'essere di una società per azioni che non produce utili? Quanto a Firenze Fiera notiamo l'arrivo, come amministratore delegato, di un uomo capace come Alberto Bruschini ma è ancora presidente Alberto Bianchi che non meritava certo la riconferma. Ha condiviso l'operato del precedente amministratore delegato ovvero ha avallato una gestione durante la quale la società ha perso fiere e competitiva e non regge più il confronto con Rimini e Roma, ha visto diminuire clienti e quindi fatturato.
Senza poi dimenticare che Bianchi, come presidente, non poteva non sapere di operazioni discutibili come la vendita di alcuni immobili». «Quanto a Firenze Mostre - ha commentato il capogruppo di Forza Italia - proprio ieri il sovrintendente Antonio Paolucci enfatizzava la prossima realizzazione di nove, importanti, mostre che si terranno nella nostra città ad opera del "polo museale", cioè della sovrintendenza. Ma Paolucci siede nel consiglio di amministrazione di Firenze Mostre e dovrebbe anche spiegarci perché quest'ultima le mostre non le fa.
Senza dimenticare che fino ad oggi quelle che hanno avuto più successo sono state pensate altrove e acquistate da altri. Ma l'inutilità di questa società è dovuta anche ai costi, molto spesso sono a carico del Comune. Palazzo Vecchio ha pagato consulenze che servivano all'attività della società, ha varato aumenti di capitale per salvarla, concede suoi spazi e vari altri contributi: che senso ha, dunque, lasciare in vita una società le cui attività potrebbero essere gestite direttamente dall'assessorato alla cultura? Peraltro l'inutilità di Firenze Mostre è confermata dal fatto che Camera di Commercio e categorie economiche la vogliono far morire per poi "resuscitarla" come Fondazione per la cultura.
Per passare da spa a fondazione è necessaria la certificazione di bilancio ma questo non sarà un passaggio facile nel caso di Firenze Mostre». Su questa società il vicecapogruppo di Forza Italia Gabriele Toccafondi ha presentato un'interrogazione per sapere «chi ha ripianato il deficit 2003 e chi lo ha fatto nel 2004»; «se tutti soci della spa hanno partecipato alla copertura del deficit»; «quando nascerà la Fondazione per la cultura»; «quali soci ne faranno parte»; «chi verserà il capitale sociale iniziale» «come e in che tempi, i soci e la società, hanno intenzione di arrivare all'equilibrio di bilancio di Firenze Mostre»; «se è intenzione dell'amministrazione comunale contribuire con fondi propri al sostentamento della futura Fondazione».
«Se Firenze Mostre non serve o dovrà diventare un'altra cosa è meglio chiuderla subito - ha concluso Amato - anche per poter più facilmente dar vita ad una fondazione per la cultura».