Non è un doppio senso, il titolo del film ma un riferimento agli attributi virili di dimensioni notevoli di cui la protagonista è dotata. È la distanza che separa Adolfo/Marieta dall'essere una donna completa. Il film che ricorda il primo Almodovar , senza la finezza e il tocco del regista di “La Mala educaciòn “ ci sembra solo parzialmente riuscito. Si tratta di un film in buona parte musicale, in quanto Marieta soffre di narcolessia, e durante le frequenti perdite di conoscenza sogna coloratissimi balletti di cui lei è la protagonista assoluta.
Intanto i tempi della sua vita sono scanditi da una serie di personaggi improbabili e non meno problematici della stessa Marieta, che per sbarcare il lunario fa la vita, sogna l'amore e soprattutto desidera di disfarsi di quei venti centimetri in eccesso. La protagonista Monica Cervera, già apprezzata in Crimen perfecto , offre una buona prova di versatilità cimentandosi in balletti e mettendo in mostra le sue doti canore. Quello che invece lascia perplessi è il film nel complesso, che accostando personaggi ed ambienti anche molto eterogenei non riesce ad approfondire in maniera adeguata le loro motivazioni.
Il dramma emotivo di Marieta viene affrontato in maniera superficiale, perpetuando tra l'altro la discutibile equazione trans-prostituzione. Forse il trauma emotivo di chi si sente in un corpo in cui non si riconosce avrebbe meritato una trattazione più delicata, pur senza discostarsi da un sano realismo. Il regista Ramon Salazar invece si abbandona a grottesche scene di sesso ricche di una autocompiaciuta volgarità . Le uniche scene del film in cui il regista sembra a suo agio sono i sogni musicali, comunque troppo numerosi, rispetto alla trama.
Alessandro Lazzeri