Firenze, 20 Agosto 2005- «La questione ‘Serie B’ è antica nel mondo del calcio, risolta variamente ma sempre in modo insoddisfacente nei decenni. Parlo da uomo di calcio, che il calcio l’ha nel sangue da almeno tre generazioni come nipote e figlio di presidenti, come dirigente dell’Arezzo per molti anni, come vicepresidente, e come persona che ha avuto qualche incarico negli organi di Lega. Amo il calcio giocato, tifo solo per l’Arezzo e ritengo di avere una qualche competenza, esercitata per anni ai massimi livelli, su questioni organizzative e di funzionamento della macchina.
La B non ha il fascino della A, e trova momenti di splendore solo quando qualche grande decaduta le dà lustro per qualche stagione, e quando per avventura le decadute sono due e sono della stessa città. I costi della B sono sempre stati esageratamente alti rispetto all’appeal della categoria: stadi semivuoti, apparizioni fugaci nelle sintesi televisive, poche pagine e pochi intenditori nei giornali sportivi, commentino storico a 90° Minuto del giornalista specializzato. Fine della fiera. Né la B ha la possibilità delle platee del campanile che spesso arroventano la C e le serie inferiori».
«Il problema che si pone è dunque se la B debba essere una parente povera mantenuta dalla A, il che era possibile più quando c’erano da dividere i proventi del Totocalcio, oppure se debba acquisire il suo spazio, il suo mercato, la sua visibilità. Le soluzioni? Due: o si concepisce una Serie B ‘alla spagnola’ dove i maggiori Club della massima serie gestiscono quelli della seconda a fini di investimento su giocatori e giovani, o altrimenti si immagina, secondo la tradizione italiana, una B con una sua personalità.
E allora la prima cosa da fare è ritagliare uno spazio privo della concorrenza della A, della C e persino dei dilettanti, facendo giocare la B quando gioca solo lei e non nelle brume serali dell’inverno in cui si perde molto dell’aspetto agonistico ma in altro orario. In un’Italia in cui il week-end è quasi un dogma e, secondo una tradizione inveterata nel calcio (vedasi Regno Unito ante-tv), giocare il sabato pomeriggio non è una bestemmia, questa è l’operazione più intelligente. Di clienti per lo stadio ce ne sarebbero ben di più: sia quelli che la domenica andrebbero a vedersi Fiorentina, Empoli e Juventus, sia quelli che andrebbero a vedere Montevarchi o Pieve al Toppo, per restare in casa.
Ci sarebbero osservatori, intenditori, Mister della massima serie, spazi specifici e vasti su giornali e televisioni, oltre alla questione Sky e Digitale, che aumenterebbero comunque l’interesse senza la concorrenza della serie A. Che tutto ciò si riproponga nel 2005 come una grande innovazione dimostra che la memoria è corta poiché, come qualcuno ricorderà benissimo, la proposta identica era stata avanzata già nel 1983 dalle piccole società di A e da tutta la Serie B in sede di Lega, trovando il diniego delle grandi società che non volevano assolutamente regalare spazi di autonomia alle piccole e alla B.
Se poi qualche comune, compreso il nostro, avrà problemi, il suo compito è risolverli e non di demonizzare le buone soluzioni».