Livorno, 8 agosto 2005 - Dodici donne, dai 23 ai 50 anni, andranno ad abitare, a partire questa settimana nella nuova Casa delle Donne, collocata dall'Amministrazione Comunale in un edificio completamente ristrutturato e arredato con grande cura: mobilia in stile svedese in varie tonalità di azzurro,anche per la moderna cucina, cinque camere luminose e spaziose a due o tre letti, un'ampia sala da pranzo e un salotto con divano e poltrone anch'esse in diverse sfumature di blu. La struttura è dotata anche di un sistema di telecamere per controllare chi entra e chi esce e di un impianto antincendio Fuori dalla casa non c'è targhetta né nessun particolare "segno di riconoscimento", perché le ospiti hanno bisogno della massima riservatezza: sono infatti persone con storie difficili e dure alle spalle , che stanno faticosamente affrontando un percorso di reinserimento non solo "abitativo" (anche se il problema dell'alloggio è il più impellente), ma soprattutto sociale e lavorativo.
Le donne, che hanno accesso alla Casa su richiesta dei servizi pubblici, saranno aiutate in questo "percorso" dal Comune, attraverso l'Istituzione per i servizi alla persona e dall'Arci Solidarietà che gestirà materialmente la struttura con le sue operatrici. < Non è più tempo di contributi a pioggia, nelle politiche sociali - ha spiegato l'assessore al sociale del Comune di Livorno Alfio Baldi, all'inaugurazione della nuova struttura alla quale hanno preso parte anche la vicesindaco Alessandra Atturio, Marco Solimano presidente dell'Arci, Anacleto Banchetti presidente dell'Istituzione per i servizi alla persona, Rossella Trinca responsabile settore attività sociali dell'Istituzione, Maurizio Paolini presidente della Circoscrizione 2 e le operatrici che lavoreranno nella casa delle donne - ma di progetti mirati a restituire prima di tutto la dignità degli individui per arrivare al recupero dell'autonomia.
E la dignità, aggiunge Baldi, passa anche dall'avere una casa che sia anche bella, accogliente, nuova e dotata di tutti i confort>. Il progetto del Comune, interamente finanziato dalla Regione nell'ambito dei Piani Zonali, è teso all' "inclusione" e al recupero dell'autonomia delle ospiti della casa, per ognuna delle quali viene studiato un piano personalizzato per l'uscita dallo stato di bisogno. Un piano che è basato sulla collaborazione: le donne in cambio del sostegno devono impegnarsi prima di tutto nella vita di comunità, che parte dalle piccole cose, come dall'organizzarsi per i turni delle pulizie delle lavatrici ecc.; l'obiettivo finale è quello di arrivare, a seconda dei casi, all'iscrizione al centro per l'impiego, all'inserimento dei figli al nido, a dare la propria disponibilità a partecipare a borse lavoro e così via.
Per ogni ospite ci sarà una sorta di monitoraggio "in corso d'opera" - effettuate con i servizi sociali di riferimento e la gestione - e anche dopo. E naturalmente lo scopo finale è che le ospiti, finalmente indipendenti, possano uscire alla fine dalla casa con un lavoro e l'assegnazione di un alloggio pubblico, consentendo l'inserimento nella struttura (che può ospitare fino a 15 donne) e nel progetto di altre persone in stato di bisogno.