Avevo già parlato qualche mese fa, sulle pagine di Nove di questo gruppo di Cerbaia, dedito ad una musica d'autore dai tratti progressive rock, miscelati con sapienza a elementi cantautorali e folk. Oggi mi trovo tra le mani il loro primo cd full-lenght (prima di questo era uscito soltanto un ep), intitolato "La Stanza, Anno 1". Il titolo si riferisce al primo anniversario della "ristrutturazione" della stanza nella quale il gruppo prova ormai da tempo, ma non è questo il punto saliente di un album pregno di idee pregevoli e di ambizione a migliorare. Su tutto prevale la voce di Gabriele Marconcini, con quella "erre" arrotondata e con quel tono caldissimo, degno di far sognare viaggi infiniti in luoghi esotici e latini. Il piano e l'hammond di Alessandro Pelagatti hanno un piglio così professionale da fare invidia a gruppi ben più blasonati.
Lo stesso si può dire della chitarra di Zepo, che con i suoi mille effetti suggerisce più che dire, rimanendo sempre con gusto nel limite tra ritmico e solista. Il basso di Francesco Lagi si integra perfettamente nella struttura ritmica, con una precisione davvero sorprendente ma senza grandi voli pindarici alla "Geddy Lee", che dato lo stile del gruppo, sarebbero senz'altro fuori luogo. Alla batteria troviamo infine il Dea. Un folletto dai mille suoni e dalle mille percussioni, capace di suonare qualunque cosa che produca un suono. I brani che lasciano un segno sono davvero tanti in questi cinquantaquattro minuti di musica. Si inizia alla grande con "Sitia", memore di una PFM bagnata di flamenco. "Ama guardare il Sole" si sposta invece sul terreno della world music, con una strizzatina d'occhio alla Bandabardò ...e ai Gentle Giant. "Natura Dominante/Vorrei" si apre con le percussioni di Dea per poi lasciare spazio a soluzioni soft e decisamente arabeggianti. "Tarsis", con la sua melodia incalzante e coinvolgente potrebbe essere il singolo del disco, e non sfigurerebbe certo in classifica, accanto a gruppi molto meno seminali dei Biofonia (ma forse solo più fortunati). "Nuova Speranza" invece è un pezzo cantautorale di grande dolcezza e gusto, acompagnato da chitarre acustiche, percussioni e qualche tocco di piano e di chitarra elettrica.
Mi ricorda i primi brani dei Marillion con Steve Hogart alla voce (periodo "A Season's End" per capirci),e anche questo brano potrebbe tranquillamente stare in top ten. Chiude il lavoro "L'Uomo Vecchio", un bozzetto neorealistico in versione acustica, che secondo il sottoscritto è addirittura migliore della corrispettiva versione elettrica. Non ci sono dubbi sulla qualità sonora del disco in questione, completamente registrato tra le mura della Stanza dei Biofonia e totalmente autoprodotto.
Decisamente merito del tecnico Sandro Bechelli. Anche la confezione del cd è molto professionale, con tanto di librettino interno. Questa è una ulteriore dimostrazione, come se ce ne fosse ancora bisogno, del fatto che ormai è possibile produrre un prodotto musicale di altissima qualità senza avere appoggio di qualche casa discografica. Dal mio punto di vista consiglio l'ascolto di questo disco a tutti: dagli amanti del rock progressivo,agli amanti della world music, ma anche a tutti coloro che amano la bella musica di qualità.
Perché i Biofonia sono decisamente sulla strada giusta. Marco Lastri