Terminata in questi giorni la realizzazione dell’imponente ponteggio di 9 piani, alto 25 metri, nella Cappella Maggiore della Basilica di Santa Croce a Firenze, al via il restauro del ciclo di affreschi trecenteschi di Agnolo Gaddi.
Le prime ricognizioni ravvicinate dell’opera portano alla luce dei gravi fenomeni di degrado, non visibili ad occhio nudo dal basso, capaci di compromettere vaste aree del ciclo pittorico.
Il restauro, reso possibile dall’accordo tra l’Opera di Santa Croce di Firenze, l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze e l’Università di Kanazawa in Giappone risulta, quindi, essere indispensabile per la conservazione dell’opera ed interesserà una vasta superficie di circa 1.000 metri quadrati, dove Agnolo Gaddi, nel decennio 1380 –90, dipinse la Leggenda della Vera Croce.
Percorrendo i nove piani del ponteggio si rileva con chiarezza come il degrado si concentri maggiormente nelle zone più alte, dove le pareti della cappella sono state più esposte agli agenti atmosferici. Se in basso si notano depositi superficiali di sporco, fissativi alterati, campiture evanescenti, abrase o totalmente perdute, man mano che si sale si osservano fenomeni più gravi come fessure nell’intonaco, macchie scure causate dalle infiltrazioni, piccoli crateri dovuti alla formazione del gesso, esfoliazioni e caduta di colore.
In alto, in particolare nella volta e nelle lunette, il fenomeno della solfatazione (formazione di gesso dentro la pellicola pittorica) sta mettendo in pericolo estese aree della superficie pittorica.
Il progetto di restauro del ciclo di affreschi di Agnolo Gaddi (avviato circa un anno fa, il 30 giugno, con un primo accordo tra gli Enti, formalizzato definitivamente con il contratto del’8 novembre), dopo la realizzazione del ponteggio e le prime ricognizioni generali, entra nel vivo con una fase di indagini diagnostiche che si protrarranno durante il prossimo autunno/inverno.
Il restauro è sostenuto finanziariamente dall’Università di Kanazawa (per conto del mecenate Tetsuya Kuroda che ha assicurato un’erogazione di 150.000.000 yen, pari a circa 1.130.000,00 euro), dall’Opera di Santa Croce e, operativamente, dall’Opificio delle Pietre Dure.
“Siamo particolarmente fieri – dice la soprintendente Cristina Acidini – per la fiducia riposta dal sig. Kuroda nell’Opificio, che è stato libero di individuare Santa Croce come destinataria di risorse importanti, per un intervento conservativo quanto mai necessario”.
Con il restauro del ciclo di Agnolo Gaddi, l’intera Cappella Maggiore (che oltre a quest’opera custodisce il crocifisso del Maestro di Figline e le vetrate trecentesche istoriate) si trasforma in uno straordinario “cantiere aperto” al pubblico.
Con 1.000.000 milione di visitatori l’anno e con punte di 6.000 persone al giorno, l’Opera di Santa Croce si è posta l’obiettivo di valorizzare e migliorare la fruibilità del complesso monumentale anche in presenza dei grandi cantieri di restauro.
Per questo è allo studio un piano di fattibilità per aprire il cantiere della cappella Maggiore al pubblico, durante il prossimo autunno inverno, permettendo così (solo su prenotazione e per piccoli gruppi) la straordinaria visita sui ponteggi del ciclo di affreschi di Agnolo Gaddi.
Con lo stesso obiettivo sono in realizzazione supporti multimediali, audioguide, colonnine interattive, cartellonistica, una collana di piccoli album a taglio divulgativo, un sito web aggiornato con dati ed immagini in tempo reale; questo non solo per la Cappella Maggiore con il ciclo di Agnolo Gaddi, ma per l’intero complesso della Basilica di Santa Croce.
La Leggenda della Vera Croce, raffigurata da Agnolo Gaddi sulle pareti della Cappella Maggiore di Santa Croce, è contenuta nella Leggenda Aurea del domenicano Jacopo da Varagine (1228-1298).
Si tratta di una delle storie più amate dai francescani che per questo la fecero dipingere in più occasioni, tra cui quella di Piero della Francesca nella Basilica di San Francesco ad Arezzo, da lui dipinta a partire dal 1452. Agnolo Gaddi, figlio di Taddeo Gaddi, uno dei principali allievi di Giotto, nasce probabilmente intorno al 1350. Realizza numerose pitture murali tra cui le 'Storie della Vergine', ultimo suo lavoro, tra il 1392 e il 1395, eseguito per la cappella del Sacro Cingolo del Duomo di Prato.
Muore nel 1396. L’importanza di Agnolo nella storia dell’arte è confermata dal fatto che la sua tecnica di lavoro era talmente rinomata da essere codificata in uno dei più noti manuali di tecniche artistiche: il Libro dell’Arte di Cennino Cennini, vera “Bibbia” per tutti i pittori del Rinascimento fino al Vasari. Cennino dice infatti di essere stato allievo di Agnolo e di aver imparato da lui, massimo maestro, i segreti dell’arte.