Anche se per qualcuno non è cinema, il documentario nel 2004 ha avuto grande successo tra il pubblico e non si è limitato a brillare di lustrini festivalieri. Tutto ha inizio quando il buon Quentin Tarantino decide di premiare, specificando inoltre che il suo non è un premio politico ma oggettivo, Fahrenheit 9/11 di Michael Moore: parapiglia, tutti a domandarsi se sia possibile che un documentario venga inserito nel concorso ufficiale e che vinca, per giunta. Il risultato è: critici atterriti, spettatori soddisfatti,.
Nella consapevolezza dell’ interesse del pubblico per questo genere, a dispetto della “ sufficienza “ di buona parte della critica italiana , incapace di apprezzare film che non siano opere di fiction , La cooperativa L’Atelier . propone all’Arena di Marte Piccola la rassegna Lunedì Doc. Dopo il successo ottenuto la scorsa settimana con “Supersize me” inchiesta sugli effetti deleteri di un mese di dieta Mc Donald’s, viene proiettato questa sera “The Take” (la presa) .Alla vigilia della grave crisi economica argentina del 2001, nei sobborghi più poveri di Buenos Aires, trenta operai disoccupati si "organizzano", entrano nella fabbrica dove hanno lavorato, che ora è inattiva, e si rifiutano di uscire.
Quello che vogliono è far ripartire le macchine e riuscire a far riprendere la produzione. Questo gesto, The Take, fatto per disperazione e per ovviare alla fame e alla disoccupazione, pone l'accento sul problema della globalizzazione. I lavoratori, senza altre armi che fionde costruite da loro stessi, si barricano nella fabbrica e sfidano da lì dentro i padroni, i capi, i banchieri e quanti si occupano di loro come di unità preposte al lavoro Naomi Klein, la famosa autrice di 'No Logo', col marito giornalista Avi Lewis ci offre con 'The Take', nella stagione del documentario politico, un film che restituisce al cinema i concetti di morale e dignità nuovi di zecca.
“Oggi come oggi –ha sottolineato Naomi Klein- l'analisi della realtà è sempre più importante per capire le questioni economiche che ci circondano. Nelle notizie la globalizzazione diventa una sorta di formula con i suoi momenti topici come gli scontri con la polizia. La Tv, però, non è in grado di spiegare in dettaglio quello che accade, mentre i documentari possono andare a fondo riunendo dettagli emotivi, etici e personali andando ben oltre i minutaggi minimi dei servizi televisivi e radiofonici”.
Alessandro Lazzeri