Questa è l'opinione dell’associazione Idra, che si batte da anni contro gli sprechi del denaro pubblico gettato nei progetti faraonici di Alta Velocità ferroviaria, che drenano direttamente risorse ambientali (inquinando, tagliando le falde idriche, interferendo col “paesaggio più commovente del mondo”, come lo definiva lo storico Fernand Braudel) e caricano sull’erario – oltre a lievitazioni vistose dei costi annunciati in partenza - anche le conseguenze dei danni provocati (come nel caso del cosiddetto “ripristino ambientale” sulla tratta appenninica Firenze-Bologna, pagato con altro denaro pubblico).
Un secondo effetto naturale della politica di investimenti in infrastrutture sbagliate (TAV, nuove autostrade e “bretelle”, ponte di Messina), perseguita da questo governo e in buona parte da quelli che l’hanno preceduto, è la diminuzione del trasporto merci su rotaia (denunciata anche nell’ultimo rapporto che i sindacati avrebbero ricevuto da Trenitalia), la dismissione degli scali merci e l’incremento del già spaventoso primato italiano del trasporto merci su tir.
La TAV fa male ai pendolari, perché sottrae le risorse necessarie (in un contesto di crescente scarsità) al potenziamento e alla qualificazione del trasporto metropolitano su ferro (ricetta-base per uscire dal circolo vizioso auto – strade – smog - parcheggi - nuove auto - nuove strade – nuovo smog - nuovi parcheggi che avvelena l’aria e la qualità della vita urbana).
Il progetto TAV fra Firenze e Bologna fa male al trasporto merci, perché anche qui drena risorse (è ancora da dimostrare la compatibilità dei convogli ad Alta Velocità per passeggeri coi convogli per le merci sulla stessa linea).
Risulta invece felicemente sposato con la Variante di Valico, la terza corsia A1 e tutte le bretelle immaginabili fra Incisa, Firenzuola e Barberino.