di Luis Bacalov
Molti brani cantati e/o scritti da “Carlitos” sono “evergreens”, “semprevivi”, “semprepersempre”. Non solo: io penso che molti suoi pezzi siano autentici gioielli, dei “semprebelli”, una galleria sorprendente di piccoli capolavori, un chiaro esempio di “buona musica”, in un oggi che, purtroppo, di musica spazzatura ne sforna non poca. In sintesi: non c’è storia del Tango senza Gardel. Questo spettacolo è un “Omaggio a Gardel” e alle composizioni di quegli anni, realizzata da un pianista-compositore eclettico, “crossover” a più non posso, che ama Bach, Bartok e Berio, la musica etnica, urbana, il jazz, le musiche di Cuba e del Brasile, che continua a scrivere musica che si alimenta delle radici del tango, creazione totalmente originale e unica, vero specchio poetico-musicale della gente “Rioplatense”.
Lo spettacolo che vi presento è una rielaborazione del mio ultimo CD uscito per “I materiali musicali del Manifesto” ed è il mio tentativo di fare ascoltare questi brani come si ascoltano Chopin, Schumann o Brahms nelle loro composizioni brevi, una sfida forse un po’ presuntuosa, credendo che questi brani possano convivere alla pari, dignitosamente, con la grande tradizione della musica “colta” dell’Occidente.
Come collaboratori per questo spettacolo ho scelto due grandi musicisti che stimo e due amici che girano il mondo per portare la loro musica e che con me condividono la passione per la ricerca e per le sfide.
Questo lavoro non si sarebbe potuto fare se, alla pari di me, anche loro non fossero due cosmopoliti come musicisti e come persone. Essere oggi “cosmopoliti” (ed esserlo fino in fondo anche artisticamente), per me è sinonimo di tolleranza e rispetto dell’altro e di accettazione di una molteplice etnicità culturale.