E se sì, battere questa strada è più difficile per le piccole imprese dei settori tradizionali? Queste le domande che hanno animato il dibattito tenutosi venerdì all’IRPET nel corso della presentazione del volume “Il cuore antico ha un futuro. Innovazione, sviluppo e programmazione in Toscana". Se la Toscana soffre di un deficit innovativo nei settori tradizionali e di un processo di “rattrappimento” nella sua struttura industriale più avanzata – idea condivisa da relatori ed intervenuti – è comunque munita di risorse, di ricerca, di imprenditorialità e di creatività capaci di attivare un nuovo ciclo dello sviluppo.
In ogni caso questo è sicuramente, nell’opinione di tutti gli analisti, il passaggio più critico di tutta la storia dell’economia toscana degli ultimi 50 anni. Un passaggio di fronte al quale le strade si biforcano: o verso un “lento” declino oppure verso un nuovo modello di sviluppo, magari più sobrio. Certo, la Toscana non è un caso isolato, e risente del comportamento non particolarmente brillante del sistema economico nazionale nel suo complesso. L’ultima valutazione delle performances economiche dei 25 paesi dell’Unione colloca l’Italia, da sola, nel gruppo delle economie che, a bassi livelli medi di crescita del PIL, aggiungono una sostanziale stagnazione.
In altre parole all’IRPET oggi è suonato un campanello d’allarme, ma la discussione ha mostrato anche che le risorse della Toscana – soprattutto se sorrette da appropriate politiche europee, nazionali e regionali – sono tali da rendere immotivato ogni allarmismo.