“L’Italia è al primo posto nel mondo occidentale nella cura dei tumori al fegato con tecniche di radiologia interventistica, ovvero in quella branca della medicina che utilizza le tecnologie radiologiche come ecografia, raggi x, tac e risonanza magnetica non solo per fare diagnosi, ma anche per guidare strumenti chirurgici mini invasivi direttamente nel tumore, per distruggerlo o per portarci farmaci mirati”. Lo afferma il professor Carlo Bartolozzi, presidente del convegno della “Società europea di radiologia addominale e gastroenterologica”: “Le nuove tecniche diagnostiche – aggiunge Bartolozzi - consentono non solo di vedere forma e dimensioni del tumore, ma anche di decifrare la sua struttura biologica attraverso l’analisi molecolare.
È fondamentale dunque conoscere il nemico nella sua più intima conformazione, per modulare terapie ed interventi, ma è importante anche intervenire attraverso una diagnosi precoce”. Il tumore primitivo del fegato (epatocarcinoma) è la quinta neoplasia più comune nel mondo e rappresenta la terza causa di morte causata da neoplasia. Ogni anno vengono diagnosticati più di 500.000 nuovi casi . In Europa e negli Stati Uniti la sua incidenza è aumentata nell’ultima decade e l’epatocarcinoma rappresenta la causa principale di morte nei pazienti con cirrosi in Europa.
Pazienti con epatopatia cronica e cirrosi da pregressa epatite virale o abuso alcolico sono a rischio di sviluppare l’epatocarcinoma (rischio del 3-8% nei pazienti cirrotici). Fino a due decadi fa la prognosi dell’epatocarcinoma era pessima. La gran parte dei pazienti moriva entro un anno, qualsiasi fosse la terapia. Nei Paesi sviluppati questo scenario oggi è completamente cambiato, poiché l’epatocarcinoma viene diagnosticato nel 30-40% dei casi in stadio precoce, quando cioè possono essere effettuati con successo i trattamenti curativi.
Le terapie radiologiche interventistiche e, tra queste, la termoablazione a radiofrequenza, rappresentano in molti casi l’unica opzione terapeutica per molti pazienti con epatocarcinoma, non suscettibili di trapianto di fegato. Il trapianto infatti è possibile solo in un paziente su dieci. Presso l’Università di Pisa è stato condotto uno studio per la valutazione dei risultati a lungo termine della termoablazione a radiofrequenza dell’epatocarcinoma in stadio precoce, che ha dimostrato una sopravvivenza del 50% a cinque anni dei pazienti trattati.