Una giornata per non dimenticare l'olocausto del popolo Rom avvenuto 60 anni fa. Firenze la celebra il 26 alle 17 con un incontro pubblico nel salone dei Duecento a cui parteciperà l'assessore all'accoglienza e integrazione Lucia De Siervo, il presidente dell'associazione Amalipè Romanò Adem Bejzak e altri rappresentanti del mondo dell'associazionismo, oltre ai presidenti dei quartieri 4 e 5,D'Eugenio e Collesei e il presidente del consiglio comunale. I festeggiamenti proseguiranno anche mercoledì 4 maggio alle 18 presso il Circolo Arci dell'Isolotto con un dibattito su "Un popolo in viaggio: tradizioni e sincretismi".
La serata è dedicata invece alla degustazione di piatti tipici a partire dalle 20 e alle 21,30, sempre al circolo di via Maccari ci sarà un concerto con balli e canti tradizionali. Domenica 8 maggio alle 17 viene organizzata una visita-incontro al campo Rom. La giornata internazionale del popolo rom è l'8 aprile (Quest'anno i festeggiamenti sono stati posticipati per la morte del Papa). E' in questa giorno che i Rom sparsi in tutto il mondo festeggiano la nascita e il riconoscimento di un popolo internazionale, non legato ad una patria o nazione, con caratteristiche e diversità appartenenti ad un unico seppur variegato mosaico etno-linguistico, di tradizioni, usanze e costumi popolari, un popolo che si riconosce in un'unica bandiera a due colori, il blu e il verde, con una ruota in mezzo (che rappresenta simbolicamente il viaggio dall'India verso l'occidente) e un inno -"Gelem,gelem"- che significa "Ho camminato, ho camminato, ho incontrato buoni amici..." L'otto aprile nasce nel 1971 durante una conferenza mondiale a Londra che vide coinvolti diversi Rom provenienti dal mondo intero.
Come primo presidente della "Romani Union" (ong internazionale Rom nata in quella occasione) viene scelto l'ingegnere Slobodan Berbesky ben conosciuto dai Rom di vari ambienti, quello della politica, delle istituzioni universitarie, da intellettuali, poeti, scrittori, che hanno guidato la politica verso il riconoscimento del popolo Rom. Quest'anno la giornata internazionale del popolo Rom è anche una Giornata della Memoria perché cade nel 60° anniversario dell' Olocausto; traumi, paure, annientamenti, distruzioni in massa eseguite dal regime nazista che ha attuato nei lager di Auschwitz, Birchenau e altri, tra cui anche quello di Jasenovac e Nuova Gradiska nella ex Jugoslavija.
I Rom hanno una parola particolare per indicare lo sterminio nei campi di concentramento: la parola Porraimos che significa divoramento e indica il ricordo, colmo di dolore e paura, della persecuzione e dello sterminio che il Terzo Reich attuò nei confronti dei Rom. E' l'equivalente dei termini molto più diffusi nell'uso comune, come Shoah o Olocausto.
Secondo spettacolo, mercoledì 27 aprile al Teatro Florida di Firenze, della Trilogia “Il tempo degli zingari”, allestita dagli artisti del “Teatro del Legame” con il contributo della Provincia, del Comune di Firenze e del Quartiere 4.
“Telerom – La televisione degli zingari”, che va in scena alle 10 per le scuole e alle 21 per l’altro pubblico, è un testo scritto e diretto da Daniele Lamuraglia
L’azione si svolge nello studio di registrazione di TeleRom, una nuova emittente gestita dai Rom e per i Rom, che cerca di riutilizzare tutti i tipi di trasmissioni televisive (format!) più diffusi e di maggior successo (audience!), rielaborandoli per le proprie esigenze di pubblico (target!): abbiamo fra gli altri il TgRom, la Telenovela Zingara, il zio Ersan Show, il reality show “Il Grande Olmatello – cinque anni chiusi in un container”.
Difficile però far passare la vera vita dallo strumento televisivo, che ben presto si rivela essere doppiamente grottesco: per l’effetto surreale e kitsch che il mezzo stesso suscita quando deve rappresentare la realtà, e perché nel nostro caso è gestita da un popolo così naturalmente anti-televisivo come i Rom.
Se la vita Rom “televisivizzata” viene recitata in scena fingendo l’attività di una emittente, le loro vere vite compariranno nella seconda parte dello spettacolo, quando lo studio e il suo artificio scenografico crolleranno sotto i colpi della verità, attraverso delle immagini video-registrate, che come ombre proiettate nel vuoto mostreranno i frammenti di queste loro storie drammatiche, tragiche, straordinarie. La televisione viene recitata teatralmente, il teatro della vita reale viene mostrato in video.
Questi video saranno tuttavia evocati in scena da un personaggio immaginario che li accende come da una lanterna magica, attraverso la quale apparirà il racconto della vita dignitosa e “normale” nella Yugoslavia tollerante e accogliente prima della guerra, e il rapporto d’amicizia con le altre etnie e culture, come quella albanese, quella serba e tutte le altre; il tremendo impatto con la guerra, voluta da interessi internazionali, la distruzione delle città, le proprie belle case in fiamme, lo sterminio etnico; la dissoluzione delle famiglie, la fuga in traghetto o in gommone in Italia; la ricerca del cibo, il furto, lo scippo, il carcere, visti da chi ci è dovuto passare; l’arrivo nei nostri campi “nomadi”, la vita di esclusi dai diritti umani che oggi conducono ai bordi estremi delle nostre periferie e della nostra “civiltà”.