'Na specie de cadavere lunghissimo nasce da alcuni incontri: quello tra Fabrizio Gifuni, attore, e Giuseppe Bertolucci, regista; quello tra Pier Paolo Pasolini e il poeta milanese Giorgio Somalvico. Si tratta di un monologo interpretato da Fabrizio Gifuni, in cui da una parte troviamo la prosa politica e polemica del Pasolini luterano e corsaro e dall’altra gli endecasillabi inediti e sorprendenti del poeta milanese Giorgio Somalvico, che in un romanesco crepitante e reinventato, costringe in metrica il delirio dell’omicida Pino Pelosi, appunto, l’assassino di Pier Paolo Pasolini.
In fuga da Ostia, in una immaginaria scorribanda notturna alla guida dell’Alfa GT, il carnefice del poeta distilla il Teorema pasoliniano – genocidio culturale, imbarbarimento consumistico, uso strumentale dei media da parte del Nuovo Fascismo – dispiegandolo in tutta la sua lucida disperazione, delineando, attimo dopo attimo, i propri connotati. Una sorta di agone tragico tra un Padre e un Figlio, vissuto in scena da un solo corpo e da una sola voce che degenera, senza soluzione di continuità, da vittima a carnefice, da Dottor Jekyll a Mister Hide.
Scrive Giuseppe Bertolucci nelle note di regia: “Come spesso accade, il monologo è un appuntamento.
Tra un attore e il suo talento, tra un regista e un attore, tra la teatralità e l’affabulazione, tra lo spettatore pellegrino e l’eremita in preghiera nella grotta. E un luogo dell’appuntamento è, appunto, la grotta del testo, dove tutti troviamo un comune riparo alle intemperie e ai disagi del viaggio, ma anche l’unico luogo dove tutti – immobili, in ascolto – paradossalmente viviamo l’esperienza del viaggio.”