«I diritti umani in Tibet non esistono. I monaci, per poter vivere nei monasteri, devono superare esami non religiosi ma di indottrinamento politico. In prigionieri politici, solo per aver espresso le proprie idee, vengono torturati nelle carceri»: a parlare così è la monaca tibetana Ngawang Sangdrol, a lungo detenuta in Cina, e oggi in visita a Firenze di cui è cittadina onoraria dal 16 luglio 2001. Ricevuta in Palazzo Vecchio dal presidente del consiglio comunale, che le ha regalato una bandiera della pace, Sangdrol parteciperà stasera ad un incontro organizzato da Amnesty International nel Salone dei Duecento.
In Italia fino al prossimo 5 marzo, la monaca è ospite di Amnesty International e di Italia-Tibet, le organizzazioni che più si sono battute per la sua liberazione. Ngawang Sangdrol, che ha ringraziato tutte le associazioni e i cittadini che si sono battuti per la sua liberazione, ha portato nell' istituzione fiorentina una testimonianza della propria vita di detenuta tibetana in Cina. Diventata monaca a dodici anni, nel 1990 (a 13 anni) Sangdrol manifestò pacificamente con altre dodici monache per l' indipendenza del Tibet.
Fu arrestata, picchiata e torturata con tubi di plastica, catene, vetri rotti e bastoni elettrici. In carcere venne scoperta a recitare il "mantra" e per questo venne messa a testa in giù e con le mani nel ghiaccio. «Nel carcere - ha riferito - esiste una scuola ed un ambulatorio ma i prigionieri politici non possono usufruirne. Le torture continuano anche dopo il carcere: sono stata sorvegliata tutto il giorno dalla polizia e la mia famiglia è stata coinvolta in queste sofferenze. Mi è stato inoltre vietato di tornare nel mio monastero e non posso comunque avere accesso ai templi.
Chi viaggia in Tibet vede nuovi edifici e nuove strade ma tutto ciò può essere utilizzato solo dai cinesi immigrati. Ad un paese come la Cina che continua a violare i diritti umani non dovrebbe essere consentito di ospitare le Olimpiadi». Ngawang Sangdrol ha infine lanciato un appello ai fiorentini «siete cittadini liberi, aiutateci a liberare i prigionieri politici tibetani». Da parte sua il presidente del consiglio comunale, che questa sera consegnerà la cittadinanza onoraria di Firenze alla monaca tibetana, ha sottolineato che «tale decisione dell'assemblea di Palazzo Vecchio ha contribuito alla liberazione di Ngawang Sangdrol».
«Firenze è una città operatrice di pace - ha aggiunto - il fatto che sia stata liberata significa che le istituzioni hanno ancora un peso importante per far rispettare i diritti umani». (fn)