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A Prato lunedì ricordo di De André della PFM. Martedì dei Genesis

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
23 dicembre 2004 14:58

Spesso quando un cantante muore viene incensato all’inverosimile (da Presley a Tenco, a Battisti, per non tacere dell’abusatissimo Freddy Mercury). Anche di Fabrizio De Andrè francamente si parla molto di più adesso di quando era vivo. Ma per la PFM non si può certo configurare l’abuso, tali e tanti sono stati i rapporti di stima, amicizia e collaborazione fra il cantautore genovese ed il gruppo lombardo: nel 1970 Mussida, Di Cioccio e Premoli, quando ancora la PFM non era nata e si chiamavano “I Quelli”, erano i session-men per la registrazione di La buona novella e alcune canzoni di De Andrè sono entrate nel repertorio stabile del gruppo lombardo (addirittura “il Pescatore” è uno dei classici “bis” dei loro concerti).

Negli anni ‘70/’80 c’era una diatriba feroce fra sostenitori dei cantautori e sostenitori della musica progressiva, quel filone, poi etichettato con il termine di pop music, in cui confluivano frammenti di musica classica, jazz, popolare e rock. I primi privilegiavano i testi, solitamente molto “impegnati”, di canzoni dotate di musica e arrangiamenti molto scarni. Al contrario per i secondi erano fondamentali invece musica, arrangiamenti e tecnica degli strumentisti. Gigantesche le polemiche fra le due tribù, sui giornali, nelle scuole e nelle università (ancora internet non c’era).

Gli idoli dei primi erano Guccini, Bertoli, Lolli, De Andrè, dei secondi Genesis, Yes, Pink Floyd, Jethro Tull ed, in Italia, Orme, Banco del Mutuo Soccorso e Premiata Forneria Marconi. Su una cosa entrambi gli schieramenti erano d’accordo, nel considerare pura spazzatura Pooh, Matia Bazar e compagnia bella (e, ovviamente, chi li ascoltava.....)
Ma nel 1978 un avvenimento “spiazzò” i sostenitori di entrambi gli schieramenti: ad un concerto della PFM in Sardegna assistette proprio il loro vecchio amico Fabrizio De Andrè.

Il cantautore rimase colpito dalla loro capacità musicale dal vivo, e proprio in quella occasione, Di Cioccio gli propose di fare una tournée insieme, anche perchè la band, dopo l’abbandono di Pagani prima e di Lanzetti poi, era alla ricerca di qualcosa di diverso. Secondo gli addetti ai lavori era un’idea azzardata ma De Andrè, ascoltati alcuni arrangiamenti di PFM delle sue canzoni, si convinse. E lui, così schivo e restio alle apparizioni in pubblico, diede a tutti una lezione di coraggio.

Per la prima volta un cantautore ed un gruppo si unirono per dare vita ad un progetto live. La tournée fu un grande successo di critica e di pubblico e culminò con la registrazione durante i concerti di Firenze e Bologna del gennaio 1979 di un leggendario album dal vivo. Fu così chiaro che anche le canzoni dei tanto “vituperati” cantautori potevano essere dei brani molto interessanti anche sul versante musicale e non solo su quello dei testi. C’è da dire poi che quell’esperienza cambiò sia il modo di scrivere musica portò della PFM, che negli album successivi diede molto più spazio ai testi (pensiamo all’album “suonare suonare”), sia a De Andrè, che arricchì musicalmente il suo linguaggio.
La PFM ha commemorato il grande cantautore a 25 anni dalla registrazione di quell’album proprio con due concerti a Firenze nel gennaio 2004, in cui i nostri musicisti sono sembrati quasi impacciati, tanto erano davvero tirati ed emozionati, a dimostrazione del legame affettivo con il genovese.
Lunedì sera un concerto simile è stato tenuto a Prato al Politeama Pratese.

Prima parte dedicata a De Andrè, usando gli arrangiamenti originali del tour, mentre Di Cioccio e Mussida raccontavano e commentavano particolari ed episodi della vecchia tournè come se, anzichè sul palco di un teatro, fossero in un salotto con pochi amici. Si susseguivano “Bocca di Rosa”, “La guerra di Piero” “la canzone di Marinella” ed altre ancora. Poi la PFM si è rimessa i panni propri esibendosi nelle loro pià riuscite canzoni, tra cui “Maestro della voce”, “Impressioni di Settembre” e “Celebration”, intervallate da una spettacolare versione de “Il Pescatore”.

Il gruppo è apparso in splendida forma, convinto e contento. Di Cioccio continua a sgambettare sul palco come un ragazzino alternandosi fra batteria e voce, Mussida e le sue chitarre fanno sempre sognare e il basso di Djivas dà la solita grande profondità alla musica mentre Premoli con le sue tastiere, fra cui campeggia un vecchio ma efficiente moog, suona persino una fisarmonica e dei tamburi. Anche gli ospiti fissi, Matteo Gualdi alla batteria e il poliedrico Lucio Fabbri, violinista, chitarrista e tastierista, supportano il gruppo con convinzione.

Chiaramente le canzoni di De Andrè, nonostante il grosso lavoro strumentale, mantengono sempre l’impianto tipico delle canzoni da cantautore e quindi il risultato, sia pure eccellente, è sempre inferiore a quello di PFM che suona PFM.
Al teatro Cicognini di Prato martedì 20 era il turno di uno spettacolo originale in cui 3 musicisti importanti si sono cimentati con le musiche dei Genesis, uno dei più noti e affascinanti gruppi degli anni’70, arrangiandole per pianoforte e contrabbasso con l’aggiunta di effetti elettronici.

Musicisti mportanti perchè Alessandro Cavicchi, Alberto Bocini e Andrea Baggio vantano grosse esperienze anche internazionali. Le musiche dei Genesis, per il loro grande respiro, hanno un numero notevole di estimatori, non solo fra i cultori della musica pop, ma anche fra molti membri di orchestre sinfoniche. Il titolo dello spettacolo è “the cryme of selling lambs”. Già il nome è tutto un programma, visto che condensa i titoli di alcuni dei più riusciti album della band londinese. Lì per lì si rimane perplessi dal programma, in quanto tra i brani proposti non appaiono, ad eccezione di “Firth of fifth”, quelli più “sinfonici”, come Watcher of the skies, The cinema show o The fountain of Salmacis, bensì canzoni apparentemente più normali.

Ma ascoltandoli si capisce che la selezione è azzeccata e che anche pezzi teoricamente meno ricchi offrono degli ottimi spunti interpretativi. Lo schema prevede il pianoforte di Cavicchi (autore degli arrangiamenti) e il contrabbasso di Bocini che si alternano come strumento principale e di accompagnamento. Questa accoppiata si presta molto bene a tali scambi di ruolo e specialmente Bocini meraviglia con quello che tira fuori da uno strumento solitamente visto solo in ruolo di accompagnamento. Il tutto è inframmezzati dagli effetti sonori molto particolari di Baggio, in cui appaiono anche le frasi più significative dei testi.

Prima parte tutta dedicata a The Lamb lies down on Broadway, di cui vengono arrangiate i brani più significativi. Hanno particolarmente colpito Riding the scree per la perfetta alternanza dei due strumenti, The chambers of 32 doors come esempio della ricchezza musicale in un brano apparentemente “normale”.e il medley che arricchisce The light dies down on Broadway.
La seconda parte si apre con una monumentale e ruscitissima “Firth of fifth”. In questo brano (che sarebbe veramente interessante ascoltare in forma concertante per pianoforte e orchestra) si apprezzano veramente sia il lavoro di arrangiamento, l’intesa perfetta fra gli strumentisti accompagnati e l’efficacia dagli effetti sonori di Baggio Gli altri pezzi, tutti tratti da Nursery Cryme, appaiono un pò più deboli, ma forse solo perchè messi al confronto con la grandezza del primo brano, una delle musiche più intense di tutti gli anni ’70.

Aldo Piombino

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