Firenze, 29 ottobre 2004 – Si tratta delle uniche produzioni che l’Associazione Italiana Città della Ceramica riconosce in Toscana come storicamente e artisticamente significative. Tecnico-burocratico-legislativi i motivi che impediscono a Sesto e Montelupo di ottenere il marchio previsto dalla legge 188/1990 per la tutela della ceramica artistica tradizionale e di qualità. I due comuni hanno già elaborato il disciplinare che regola (grazie a norme ben precise su zona di produzione, materie prime, fasi produttive, stili e decori tradizionali) l’accesso al marchio “ma a mancare – spiega Daniela Checchi, Direttore di Confartigianato Firenze, è un laboratorio accreditato per le prove tecniche cui devono essere sottoposte le produzioni”.
In attesa dell’accreditamento di un laboratorio (magari quello del Museo della Ceramica di Montelupo o quello della Camera di Commercio di Firenze), Sesto e Montelupo potrebbero, però, proseguire il loro cammino verso la concessione del marchio grazie ad una Deliberazione del Consiglio Nazionale Ceramico che, se recepita dalla Commissione Provinciale per l’Artigianato (C.P.A.), permetterebbe la sostituzione delle prove con un’autocertificazione. “Un passo che ritengo debba essere preso in considerazione per facilitare, proprio attraverso il marchio che è garanzia di qualità, la ripresa economica del settore” aggiunge Checchi.
Ma le difficoltà non finiscono qui: problemi anche per la costituzione degli “albi” che la Regione dovrebbe riconoscere e Camera di Commercio e C.P.A. costituire per inserirvi i nominativi degli aderenti al disciplinare prima del rilascio del marchio.
Diversa, invece la situazione, di Impruneta che ai problemi sopra citati aggiunge anche quello della mancanza di un disciplinare approvato dalle competenti autorità comunali.