Cosa scrive la stampa italiana dei bambini e come affronta e tratta le tematiche che riguardano infanzia, adolescenza e famiglie? Qual è l’immagine dei bambini che si ricava dalla lettura di quotidiani e periodici e quali orientamenti ne possono derivare per i lettori?
A queste domande ha cercato di trovare risposte il rapporto “Bambini e stampa” realizzato dall’Osservatorio su Stampa e Minori dell’Istituto degli Innocenti attraverso l’analisi di circa 6000 articoli su bambini, ragazzi e famiglie, pubblicati nel 2003 dalle principali testate nazionali.
Il rapporto è stao presentato a Firenze, oggi, nell’ambito del primo Seminario Innocenti di Media Education, al Salone Brunelleschi dell’Istituto.
Il convegno, che vuole essere un’occasione di confronto fra giornalisti e operatori di questo settore sociale, è stato promosso dall’Istituto degli Innocenti, dal Ministero del lavoro e delle Politiche sociali - Centro Nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza e dall’Ordine dei Giornalisti, Consiglio della Toscana.
L’attenzione al rapporto fra media e minori e a come questo può interagire con il rispetto dei diritti di infanzia e adolescenza rientra nei compiti istituzionali dell’Istituto degli Innocenti e del Centro Nazionale.
La decisione di elaborare il rapporto nazionale su stampa e minori, che è stato curato da Roberto Volpi, è maturata a partire dal monitoraggio della rassegna stampa tematica quotidiana , avviato nel 2001 nell’ambito delle attività del Centro Nazionale.
L’iniziativa dell’Istituto degli Innocenti/Centro Nazionale, di monitorare le principali testate italiane sui temi inerenti l’ infanzia e l’adolescenza, è la prima del genere in Italia ed il rapporto “Bambini e stampa” sulla rassegna stampa del 2003 è il primo che viene reso pubblico.
Dall’analisi di “Bambini e stampa” si possono ricavare varie indicazioni quantitative sul tipo di attenzione che la stampa ha rivolto ai bambini nel 2003, a cominciare da quanti di quei 6mila articoli, occupano la prima pagina: appena 291, meno del 5%, meno di un articolo ogni 20 articoli.
Se si passa ad esaminare di cosa si parla quando si parla di bambini il rapporto mette assieme questa classifica : al primo posto scuola e servizi educativi (983 articoli, pari al 16,5% del totale degli articoli) seguono salute, servizi e sanità (901, pari al 15,1% degli articoli) e i diritti dei bambini, soprattutto in quanto “negati”, (720 e 12,1%).
Con un certo distacco si trovano: violenze sui minori (9,9%), poi il rapporto dei minori con i mass media (9,5%) e minori e famiglie (9,4%).
Dalla frequenza e dalla distribuzione delle tematiche traspare qualche conformismo nel trattare di bambini e famiglia da parte della stampa quotidiana italiana che sembra parlare di bambini usando pressoché gli stessi argomenti.
Sul piano qualitativo emerge un elemento importante: coerentemente con i fatti dell’anno, nel 2003, la stampa italiana ha ridimensionato drasticamente la cronaca nera inerente a violenze, omicidi, abusi e pedofilia.
Temi che erano stati invece predominanti negli anni precedenti, accompagnati spesso da indiscriminate generalizzazioni del rischio. L’enfasi posta nella narrazione di singole vicende terribili faceva scivolare in secondo piano l’attenzione verso la normalità dei bambini. Nel 2003 si assiste a un netto rovesciamento. I temi della pedofilia e delle violenze subite dai bambini, specialmente quelle sessuali così come gli episodi di abbandono, scomparsa o omicidio di minori, non bastano più, di per sé, a imporre le questioni dei bambini, a meno che non si tratti di fatti davvero eclatanti e dalla forte carica simbolica.
Ora la normalità diventa protagonista nelle cronache sull’infanzia ma viene presenta essenzialmente come un rischio continuo. Si è passati insomma da un allarme eccezionale, nel quale sembravano poter rientrare tutti i bambini, a un allarme ‘quotidiano’ che coinvolge tutti i bambini.
Se si scorrono i titoli degli articoli di prima pagina si trova che solo il 10% ha valenza positiva a fronte di un 44% con valenza negativa, mentre il restante 46% ha un taglio neutro, non giudicante.
E’ la normalità, nei suoi tanti aspetti: di salute, stili di vita, relazioni intra-familiari, studio, gioco, socialità e così via, ad essere ormai vista o meglio ancora traguardata come un rischio per i bambini.
Ogni bambino, di qualunque bambino si parli, trova così il suo rischio, perché c’è sempre qualcosa nella sua quotidianità, di qualunque quotidianità si parli, che può configurarsi come un rischio, che cela qualche rischio, che lascia almeno intravedere la possibilità di qualche rischio.
Il fenomeno è particolarmente evidente nei titoli degli articoli che riguardano la salute e i servizi sanitari da cui si ricava che: un bambino su tre è allergico, uno su dieci ha l’asma, uno su tre è obeso, uno su tre è a rischio colesterolo, e così via.
Incrociando tutti i rischi annunciati ne deriva che mediamente ogni bambino italiano dovrebbe soffrire, a scelta, di almeno due tra le seguenti patologie: obesità, colesterolo alto, allergia, asma, piedi piatti, denti cariati, mal di testa.
Un esempio di questa inclinazione della stampa, nel descrivere bambini e adolescenti, verso la quotidianità a rischio è nell’uso del vocabolo baby . Esso appare in 62 titoli ma l’accezione positiva di baby si è persa. Non ci sono praticamente articoli che utilizzano questo vocabolo in senso positivo o per illuminare una vicenda edificante.