"Andrea Muzzi a colpo d'occhio potrebbe ricordare Benigni -scrive Sergio Staino- il Benigni di Tu mi turbi, o prima ancora, di Cioni Mario. L'estrazione rurale toscana lascia un marchio da povero Cristo inconfondibile, ma per fortuna immediatamente ammiccante. A differenza di Roberto, però, Andrea è cresciuto un po' più lontano da Firenze e non ha dovuto elaborare il feroce sarcasmo necessario a sopravvivere nell'oppressiva supponenza dei ricchi fiorentini. Il Muzzi, nonostante le due zeta del suo cognome, è molto più dolce e non tende all'invettiva, ma sublima le ingiustizie patite in straniamenti lunari.
Un surrealismo da favola che permea tutto il suo spettacolo: dal testo, alla voce, al corpo. Non è facile farsi strada in un teatro comico zeppo di toscani, ma Andrea ha una sua cifra personale e un modo diverso di raccontare il suo mondo al pubblico. Un pubblico, per ora, non numeroso, ma molto affezionato che, come me, aspetta il momento di poter dire: Muzzi? Lo conosco da quando non era nessuno. Era già bravo allora e me lo sentivo che un giorno sarebbe diventato famoso".