Questo il testo dell'intervento della vicecapogruppo di Rifondazione Comunista Anna Nocentini:
«Il TAR della Lombardia ha annullato il bando di gara che ha portato alla privatizzazione delle 84 farmacie comunali di Milano, vendute in blocco dal Sindaco Albertini alla società tedesca Gehe.
E' una sentenza basata sulla decisione che la Corte Costituzionale prese la scorsa estate e che sottolinea l'importanza delle farmacie pubbliche nella cura della salute del cittadino.
E' davvero poco opportuno invocare simile esito anche per il ricorso presentato al TAR della Toscana per la vendita di Afam da parte del Comune di Firenze: il costo di una scelta politica sbagliata - all'epoca comunque contestata da Rifondazione Comunista e da ampie parti della maggioranza- ricadrebbe su tutti i fiorentini e non è davvero il momento di insistere a stangare i cittadini oltre quanto già messo in campo dal Governo.
Piuttosto si deve ripensare la scelta fatta, non nella direzione di fare uno spezzatino dell'esperienza e delle potenzialità di Afam, ma anzi di recuperarla progressivamente alla proprietà e funzione sociale, che solo un'azienda pubblica può garantire: all'epoca si individuava la rete delle farmacie comunali come luoghi per l'attivazione del CUP(centro unificato di prenotazione). La messa sul mercato di Afam avvenne quando l'azienda era in attivo e contribuiva alle entrate del Comune; non fu per niente considerata- nell'ubriacatura delle privatizzazioni- la possibilità di aprire una nuova e diversa funzione per questa azienda.
Eppure è noto a tutti, e le cronache ne sono continua e drammatica testimonianza, che il mercato del farmaco è uno dei settori di maggior costo per il servizio sanitario, di maggior appetito per i privati, di minore capacità di controllo da parte degli enti locali. Perché dunque non attribuire ad un'azienda pubblica, in rete con le altre città, l'informazione sul farmaco ai medici di base? Perché non impostare percorsi di informazione e aggiornamento dei medici di base e ospedalieri che non sia solo propaganda? che non sia l'indirizzare la scelta del medico secondo le necessità delle multinazionali produttrici? In Italia si stimano nel 2000 circa 30mila informatori medici i quali arrivano ad effettuare 10 visite al giorno: sono 300mila visite al giorno pee 400 mila medici.
A questo impegno da parte delle ditte produttrici non corrisponde la valutazione dei costi in termini di tempo e di scelta del farmaco, di ricaduta sul servizio sanitario e direttamente sui cittadini. Dunque non poteva essere questo un settore che l'azienda pubblica per la distribuzione del farmaco metteva al centro dei propri studi e del proprio rinnovamento, incidendo così davvero sul costo sanitario? Non potrà essere riaffrontata la questione? L'ubriacatura da privatizzazione deve passare, smaltirla non è facile: i postumi sono dolorosi.
Ma recuperata la sobrietà si può ricominciare a ragionare e guidare con attenzione».