La cerimonia si è svolta al cimitero delle Porte Sante, con la deposizione di una corona da parte del presidente della Camera Pier Ferdinando Casini. Erano presenti il presidente del Consiglio Regionale Riccardo Nencini, il sottosegretario alla difesa Francesco Bosi, il senatore Stefano Passigli e il presidente della Fondazione Spadolini Cosimo Ceccuti. L'assessore Eugenio Giani ha ricordato che la giunta ha già deliberato l'intitolazione a Giovanni Spadolini di una piazza, davanti alla Facoltà di Scienze Politiche da poco costruita e operante a S.
Donato, nell'ex area Fiat.
Si è svolta quindi la cerimonia di commemorazione in Palazzo Panciatichi, sede dell’assemblea toscana.
“E’ stato scritto che Spadolini è nato un secolo più tardi del suo (Sartori): degli agi della modernità approfittava solo del telefono, ma di fronte al nanismo politico di questi ultimi anni ci piacerebbe ricordarlo, e, oggi, celebrare la ricorrenza della sua morte come fece Montanelli nell’agosto del 1994: uno Spadolini istituzionale, monumentale, monumento vivente a se stesso, ma con piglio di ragazzo timido, che sale una lunga scala di libri che scompare fra le nuvole sormontata dal titolo ‘Buon viaggio professore’”.
Sono queste le prime parole del presidente del Consiglio regionale della Toscana, Riccardo Nencini, nell’introdurre la cerimonia a Palazzo Panciatichi in ricordo di Giovanni Spadolini nel decennale della sua scomparsa, alla presenza del Presidente della Camera dei Deputati, Pier Ferdinando Casini. “Perché - ha ricordato Nencini – Spadolini fu anche un grande storico del Risorgimento, un grande giornalista, un grande laico, un uomo delle istituzioni più che della politica”. “Come storico – ha continuato Nencini – fu senza retorica, sottile studioso dei protagonisti e degli eventi.
Come giornalista, da collaboratore del Mondo e del Messaggero a direttore, poi, del Resto del Carlino e del Corriere della Sera, ebbe a modello Albertini, in un innesto fra cultura e giornalismo che serve di esempio alle future generazioni di giornalisti. Come laico fu un ‘credente’ nella ragione, nella tolleranza, nei diritti civili, protagonista di quell’incontro fra laici e cattolici che è stato centrale nella vita politica italiana. Come uomo delle istituzioni basta ricordare l’istituzione del ministero dei beni culturali e poi, nel 1981, la sua esperienza di primo laico capo del governo, in un periodo di inflazione galoppante, di Italia della P2, sapendo dare dignità al Paese.
Con lui e Pertini – ha aggiunto Nencini – le parole ‘Italia’ e ‘Nazione’ cominciarono ad essere usate, fino a dare l’avvio ad una Italia più moderna e autorevole. Se la sua figura è stata spesso associata a quella di Pertini è perché ebbero entrambi una visione ampia e illuminata della politica, una apertura alle istanze più profonde della società civile e alle necessità dei cittadini”. “Pertini – ha concluso Nencini - umanizzò le istituzioni, Spadolini le rinvigorì nel suo perseguire orgogliosamente e primariamente l’interesse generale”.
“Dieci anni fa, con la morte di Giovanni Spadolini, ci siamo sentiti orfani e smarriti, quasi incapaci di continuare sulla strada tracciata, in quel dinamismo e in quella grandezza di cultura, che hanno da sempre caratterizzato il professore ed il politico”. Lo ha detto Cosimo Ceccuti, presidente della Fondazione Spadolini Nuova Antologia, che ha svolto un intervento sul filo dei ricordi, ma soprattutto della gratitudine e dell’amicizia. Ceccuti ha infatti ringraziato il Presidente della Camera per aver reso omaggio a Spadolini con la sua presenza e partecipazione a San Miniato e al Consiglio regionale della Toscana, nonostante gli impegni in Parlamento.
Un’antica amicizia che Casini ha conservato verso la Fondazione, portandolo in questi anni a partecipare alle sue iniziative culturali. “E’ grazie alla collaborazione e all’affetto di tutti: istituzioni, associazioni, università - ha sottolineato Ceccuti - che la Fondazione continua la sua opera e si appresta ad affrontare i compiti che ancora l’attendono, come la pubblicazione della ‘Nuova Antologia’, l’arricchimento della Biblioteca, il riordino dell’Archivio, ed un’intensa attività a favore dei giovani, con premi, borse di studio, convegni e seminari, per fare della Fondazione un centro vivo di cultura”.
Ceccuti, definendo Spadolini “grande educatore civile”, si è soffermato in particolare sull’amore per le giovani generazioni e sulla missione della stessa Fondazione: “trasmettere i valori ed il patrimonio spirituale ed ideale della Repubblica e dello Stato”. Il Presidente della Fondazione ha quindi concluso dato lettura di una lettera inviatagli dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, che di Spadolini fu collaboratore ed amico, come ora lo è della Fondazione. “Nel ricordare Giovanni Spadolini, studioso e uomo di Stato – scrive il Presidente della Repubblica - riaffiora in noi un doloroso senso di vuoto, mentre affrontiamo le prove che la vita pubblica ci propone”.
Da qui l’invito a guardare all’insegnamento di Spadolini, “che si muoveva nella politica come si muovesse nella storia”. “Grande storico, giornalista brillante, statista integerrimo”: così il Presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini, ha descritto la figura di Spadolini. “Da uomo di cultura, seppe sottrarsi alla tentazione di rinchiudersi in un atteggiamento di sterile autosufficienza. Da uomo politico, seppe misurarsi soprattutto con le grandi prospettive del futuro. Da direttore, alimentò un giornalismo colto e riflessivo, non urlato, ma non per questo remissivo”.
A distanza di dieci anni dalla scomparsa – ha detto ancora Casini – possiamo vedere con chiarezza come al centro delle sue preoccupazioni rimasero sempre la questione nazionale ed il senso dello Stato. Il nostro Paese ha contratto con lui un grande debito di riconoscenza. “Io sono convinto – ha aggiunto - che per provare a ripagarlo, la sola cosa che dobbiamo fare è continuare ad amare l’Italia, rispettandone la storia, la cultura, la gente. E’ un rispetto che oggi richiede a tutti un supplemento di impegno nel superare litigiosità e contrapposizioni esasperate e nel recuperare l’interesse del Paese come unico punto di riferimento per decidere del suo futuro”.
“La sua ‘religione del dubbio’ - ha concluso il presidente Casini - esprime la grandezza della sfida cui siamo chiamati: trovare la via per comporre le diversità, nella consapevolezza che la strada è spesso stretta e difficile, ma il confronto aperto, sereno ed equilibrato resta il modo più efficace per percorrerla fino in fondo”. Era questo, per Casini, l’impegno di Spadolini. “Un impegno – ha aggiunto – al quale debbono guardare con attenzione e rispetto coloro i quali ritengono di poter liquidare la cosiddetta Prima Repubblica in un giudizio sprezzante, tutto negativo e senza appello”.
La cerimonia, cui hanno partecipato anche il senatore Luigi Compagna, in rappresentanza del Presidente del Senato, Marcello Pera, ed il sottosegretario Franscesco Bosi per il Governo, si è conclusa con la premiazione delle tesi di laurea vincitrici del Premio Spadolini e dei riconoscimenti speciali. Il presidente della Fondazione, Ceccuti, ha voluto infine donare al Presidente Casini uno dei “gioielli di famiglia” della Fondazione: la cartellina originale della Camera dei Deputati di Marco Minghetti, figura politica ed istituzionale di primo piano nel periodo dell’Unità d’Italia, più volte Ministro e poi Primo Ministro, “uomo di Cavour che voleva l’unità d’Italia e, insieme, il decentramento amministrativo”, come l’ha definito lo stesso Ceccuti.
Molto apprezzato il dono da parte del Presidente Casini, che si è detto onorato e commosso dal gesto.
Sette tesi di laurea e dottorato, che si sono distinte per l’originalità del tema, la completezza del metodo storiografico, l’indagine approfondita sulle fonti; sette tesi sull’Italia moderna e contemporanea, che spaziano dall’unità d’Italia, all’età giolittiana, dal fascismo alla Resistenza ai primi anni della Repubblica. Lavori che, secondo la giuria del Premio Spadolini Nuova Antologia, meritano un riconoscimento particolare: gli autori sono stati premiati oggi in Palazzo Panciatichi, sede del Consiglio regionale della Toscana, in occasione della cerimonia di commemorazione per il X anniversario della scomparsa di Giovanni Spadolini.
Alla premiazione, coordinata da Luigi Lotti, presidente della commissione del Premio, hanno partecipato il presidente della Camera dei Deputati, Pier Ferdinando Casini, il presidente del Consiglio regionale, Riccardo Nencini, ed il presidente della Fondazione Spadolini Nuova Antologia, Cosimo Ceccuti, oltre ai membri della giuria e ad altre autorità istituzionali e personalità del mondo della cultura. In rappresentanza del presidente del Senato, Marcello Pera, c’era il senatore Luigi Compagna.
Hanno vinto il primo premio ex aequo per le tesi di laurea Sabrina Sgueglia della Marra (Università La Sapienza) e Anna Maria Ricci (Roma Tre). La prima ha svolto una tesi sul “Fronte clandestino della Resistenza a Roma”, indagando su fonti in parte inedite e mettendo a fuoco la collaborazione che si era instaurata nella capitale tra i militari e i partiti antifascisti, con l’obiettivo comune della Liberazione. La seconda ha lavorato invece sulla questione della formazione di una nuova classe dirigente dopo l’unificazione del Paese, concentrandosi sul ruolo dell’università e sulla rivista Nuova Antologia (“La Nuova Antologia e il problema universitario 1866-1897” è il titolo).
Il primo premio per i dottorati è andato, anche in questo caso ex aequo, a Catia Papa (Roma Tre) e Maria Teresa Antonia Morelli (Università di Teramo). Le loro tesi riguardano “L’educazione nazionale e la socialità studentesca in età giolittiana” – uno studio sulla formazione della giovane generazione che negli anni successivi avrebbe avuto un ruolo fondamentale per l’entrata in guerra dell’Italia – e “Il teatro della nazione unita. L’Italia rappresentata tra nuova identità e tradizioni locali”, sul ruolo del teatro e dello spettacolo nella costruzione dell’identità nazionale all’indomani dell’unificazione.
Hanno ricevuto invece un riconoscimento speciale dalle massime cariche dello Stato Andrea Ricciardi (Università di Milano), Simona Salustri (Università di Bologna) e Barbara Taverni (Università di Firenze). Ai tre neo-dottori sono andate, rispettivamente: la Medaglia d’argento del Presidente della Repubblica per la tesi “La formazione e l’impegno politico di Leo Valiani giovane, 1909-1940”, sull’attività politica di Valiani e sulla sua giovanile militanza nel partito comunista; la Targa del Presidente del Senato, per la tesi “I docenti universitari dal fascismo alla democrazia: il processo epurativo nell’Ateneo di Bologna”, su come l’università bolognese ha vissuto il periodo fascista; la Medaglia d’argento del Presidente della Camera per la tesi “Le riforme elettorali nell’età del centrismo”, un lavoro sul dibattito attorno alle riforme, che ha caratterizzato gli anni della prima legislatura della Repubblica.