Giovanna Marini è attiva fin dagli anni Sessanta, quando ha iniziato la collaborazione con il Nuovo Canzoniere Italiano e con l’Istituto Ernesto de Martino, rivelando, da un lato, il suo gusto dello stare in scena e dell’affabulazione teatrale e, dall’altro, proseguendo nella raccolta e nella trascrizione di canti di tradizione orale e inventando appositamente un sistema di notazione musicale. Giovanna Marini insegna tuttora alla Scuola Popolare di Musica del Testaccio di Roma, e ha portato la sua esperienza fino a Parigi (1991-2000, Università di Paris VIII-Saint Denis), con il corso di etnomusicologia applicata.
Ha composto cantate per il Quartetto Vocale (Correvano coi carri, Sibemolle o La cantata del secolo breve), musiche per il cinema, per il teatro e per la danza contemporanea. Particolare, poi, è il filo che lega Giovanna Marini alla figura di Pasolini, a partire dal loro primo incontro avvenuto nel 1958: fra l’altro, compone melodie in chiave neo-madrigalistica per La meglio gioventù, realizza la ballata Lamento per la morte di Pasolini e La Cantata per Pier Paolo Pasolini. Per molto tempo conosciuta e stimata più all’estero che in Italia, Giovanna Marini è divenuta molto popolare nel 2002 tra il pubblico più giovane, in seguito alla collaborazione con Francesco De Gregori ne Il fischio del vapore, un album che spazia tra epoche e temi diversi, legati dal filo dell’impegno civile.
E se questo disco consiste in un gioco a due, nel successivo Buongiorno e buonasera, uscito nel maggio 2003, Giovanna Marini appare da sola, sempre più con il suo stile e nella sua dimensione, con inediti di spicco, mentre il cantautore romano cura gli arrangiamenti per la sua band.
A Sesto Fiorentino, Giovanna arriva con un gruppo elettrico tutto suo; così lei stessa presenta questo concerto:
«Era inevitabile che prima o poi la musica popolare si facesse accompagnare da quelli che oggi sono gli strumenti popolari: strumenti elettrici, sassofoni, batteria.
Oggi (…) gli strumenti elettrici e i fiati non mi sembrano più incongrui alla mia musica, anzi mi sembrano una sonorità importante che non avevo mai pensato di poter esplorare. La chitarra con il distorsore mi dà addirittura una vertigine: sembra che entri nell’insieme musicale un’orchestra fatta tutta di armonici, ricchissima; il sassofono sembra una voce umana portata alle sue estreme conseguenze, ti strappa veramente le viscere; il basso è un sostegno che una fila di contrabbassi di orchestra a volte può dare, ma non sempre: basta una nota del basso elettrico e ci si sente portare in aria e mai più mollare; la batteria incalza, sottolinea, fraseggia, racconta la musica.
Cantare con una sonorità simile, tuffarcisi dentro con la voce e farsi portare, è un’esperienza esaltante, quasi terapeutica. (…). Mischio la mia voce a questi suoni, ascolto le loro variazioni di stile, le loro abili citazioni, i loro interventi estremamente tecnici e godibili allo stesso tempo, da innamorati della musica.»