Lega Anti Vivisezione: presentato il rapporto Italia 2004

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
06 maggio 2004 18:50
Lega Anti Vivisezione: presentato il rapporto Italia 2004

Vivisezione meno “misteriosa”: la LAV ha presentato oggi, presso la Camera dei Deputati, il più aggiornato e completo Rapporto sulla vivisezione in Italia, regione per regione, compilato elaborando i dati che l’Associazione ha ottenuto dal Ministero della Salute (grazie ad una sentenza vinta nel 1997 presso il TAR del Lazio) ed attraverso un’indagine durata oltre un anno presso Prefetture, ASL e Comuni. I dati pubblicati nel Rapporto riguardano: l’elenco completo degli stabilimenti utilizzatori di animali, su tutto il territorio italiano, per testare sostanze chimiche, farmaci, pesticidi, cosmetici ed effettuare ricerche cosiddette "di base"; l’elenco degli allevamenti specializzati allo scopo; l’elenco delle sperimentazioni per le quali è necessaria un’autorizzazione “in deroga”, ovvero quelle condotte su cani, gatti, primati, specie in via di estinzione e/o esperimenti senza anestesia.

551 è il numero totale di stabilimenti autorizzati, su tutto il territorio nazionale, ad utilizzare animali - 905.603 animali complessivi secondo l’ultimo dato reso noto dal Ministero della Salute e riferito al 2000 - a fini sperimentali. 121 di questi stabilimenti si trovano in Lombardia, segue l’Emilia Romagna con 94, il Lazio con 57, la Toscana con 50, il Veneto con 39, la Sicilia con 27, il Piemonte con 26, la Campania con 25, le Marche con 23, la Sardegna con 19, l’Abruzzo con 16, la Liguria con 17, il Friuli con 13, la Puglia con 12, Umbria e Calabria 4, Basilicata 2, Molise e Trentino 1; nessuno in Alto Adige e Valle D’Aosta.

La regione Lombardia detiene il primato in quanto a presenza di stabilimenti utilizzatori di animali a fini sperimentali, ma anche di allevamenti fornitori, ospitandone ben il 50% sul proprio territorio. Il Rapporto della LAV “La vivisezione in Italia, regione per regione” fa emergere una realtà preoccupante: le sperimentazioni “in deroga” - ovvero quelle condotte su cani, gatti, primati, specie in via di estinzione e/o esperimenti senza anestesia - sono in aumento nell’ultimo triennio 2000-2002 e una stima approssimata rileva che queste risultano essere circa il 20% del totale degli esperimenti condotti su animali.

Questo dato, finora inedito, sembra disattendere ciò che la normativa vigente in materia prevede (Decreto Legislativo 116/92), ovvero che gli esperimenti condotti su cani, gatti, primati, specie in via di estinzione oppure eseguiti senza ricorrere all’anestesia, dovrebbero essere autorizzati solo in caso di dimostrata inderogabile necessità e quindi rappresentare l'eccezione e non una regola. L’analisi su centinaia di protocolli sperimentali provenienti da tutta Italia dimostra, inoltre, un grave inadempimento da parte di coloro che utilizzano animali per esperimenti, in merito ai metodi alternativi: il principio per il quale il metodo alternativo debba essere obbligatoriamente preferito all’impiego di animali viene del tutto ignorato sia dall’utilizzatore di animali che dalle Autorità preposte al controllo, infatti non uno dei protocolli riporta la testimonianza di una ricerca sulla possibilità di impiegare tecniche sostitutive dell’animale.

Il modulo predisposto dal Ministero della Salute e da compilare al momento della comunicazione della richiesta di effettuare una procedura su animali, prevede, infatti, anche la compilazione di una parte in cui si deve dimostrare che non esistono metodi alternativi adatti a perseguire lo scopo e che pertanto si è costretti ad impiegare l’animale. Quasi sempre coloro che utilizzano animali ritengono che le colture cellulari, uno dei metodi più diffusi che non fanno uso di animali, non siano efficaci quanto l’animale.

Eppure il Rapporto della LAV dimostra che quasi il 40% degli animali viene ucciso con il solo scopo di allestire colture cellulari; se al posto di questi venissero impiegati tessuti umani, provenienti da biopsie, interventi chirurgici di vario tipo o da cadavere, si risparmierebbe la vita a quasi mezzo milione di animali. "Il Rapporto evidenzia un diffuso atteggiamento di inerzia culturale in tema di sperimentazione, che, oltre a condannare più di 900.000 animali l’anno a vere e proprie torture o morte certa, impedisce una ricerca davvero scientifica.

Diminuiscono gli animali utilizzati, nel 1992 infatti erano quasi un milione e duecentomila, ma aumentano le sofferenze – dichiara Roberta Bartocci, biologa, responsabile LAV del settore Vivisezione e curatrice del Rapporto sulla vivisezione in Italia - Nessun animale, infatti, può essere un modello sperimentale per l’uomo. Come ci si può fidare, solo per fare un esempio, del modello roditore per valutare il potere cancerogeno di un prodotto sapendo che il roditore in laboratorio vive dai 20 ai 30 mesi, mentre passano dai 5 ai 10 anni tra la displasia di una delle nostre cellule umane e la diagnosi del tumore che ne potrebbe derivare?" "Sebbene esistano centinaia di metodi alternativi alla sperimentazione animale, essi non vengono adeguatamente sfruttati – dichiara il presidente della LAV Adolfo Sansolini – Ma finalmente da alcuni mesi anche il nostro Paese si è dotato di una Piattaforma per i Metodi Alternativi (IPAM, Italian Platform on Alternative Methods), strumento qualificato ed autorevole per diffondere informazioni e reperire fondi per l’impiego di metodi alternativi alla sperimentazione su animali, affiancando Austria, Belgio, Cecoslovacchia, Finlandia, Germania, Inghilterra, Italia, Olanda, Spagna e Svizzera, dove questa esperienza è già una realtà.

IPAM è costituita da rappresentanti di quattro aree: istituzioni governative, industria, mondo scientifico ed organizzazioni animaliste e per il benessere animale, tra le quali la LAV impegnata fin dal 1977 ad abolire l’antiscientifica pratica della sperimentazione animale". VIVISEZIONE: LE REGIONI PIU’ CRUENTE Estratto dal Rapporto LAV “La vivisezione in Italia, regione per regione” Nel dettaglio, alcuni dati regionali estrapolati dal Rapporto LAV “La vivisezione in Italia, regione per regione” (triennio 2000-2002): LOMBARDIA: detiene i due tristi primati del maggior numero di centri autorizzati alla sperimentazione animale (22% del totale) e di allevamenti (50%) specifici di animali “da laboratorio”.

Su 41 autorizzazioni rilasciate per la sperimentazione “in deroga” (cani, gatti, primati, specie in via di estinzione e/o esperimenti senza anestesia) ben il 49% sono per studi di tipo farmacologico. I Centri che effettuano esperimenti “in deroga”: Ditta Sanofi Synthelabo (vivisezione su topo, ratto, coniglio e cane, presumibilmente ancora in corso dal momento che la durata massima dell’effetto di un’autorizzazione è di tre anni); Ditta Pharmacia (utilizzo di cani e scimmie, con le ultime richieste di 2001 e 2002: l’industria farmaceutica impiega questi animali per lo sviluppo di prodotti tumorali richiedendo centinaia di macachi ogni anno); Università di Pavia, di Milano, le ditte Sanofi-Synthelabo (cane, senza anestesia), Novartis (gatti), Novuspharma (cane, senza anestesia), Biosearch (cane, senza anestesia) e Recordati (cane, senza anestesia). Allevamenti autorizzati a fornire animali a scopo sperimentale: Harlan Italy s.r.l.

(topi, ratti, conigli, cavie, furetti, cani, gatti, suini e primati); Green Hill (cani beagle); la Maison du lapin (cavie e conigli); Charles River (topi, ratti, cavie, conigli; anche stabilimento utilizzatore). Charles River ed Harlan sono senza dubbio i maggiori venditori di animali a scopo sperimentale in Italia e per dare un’idea, si riporta il numero di topi e ratti venduti all’Università La Sapienza di Roma per il solo anno 2002: l’Ateneo ha acquistato da Charles River 6840 topi e 1335 ratti; da Harlan 2192 ratti e 100 topi e la situazione è a grandi linee analoga per altri grandi atenei italiani.

Dalla ricerca della LAV presso gli Uffici Territoriali del Governo, risulta che questi forniscano animali almeno a: Università di Padova, Università di Bologna, Istituti Ortopedici Rizzoli (BO), Università di Modena, Abiogen Pharma (FI), Università di Ancona, Università La Sapienza (RM), CNR (RM), ISS (RM), Sigma Tau (RM), IRBM (RM), ma l’elenco è ben lontano dall’essere esaustivo. Una curiosità: un individuo di uno dei ceppi di topo maggiormente impiegato ha un costo di circa 14 euro, mentre, analogamente, un tipo di ratto circa 29 euro; facendo un calcolo approssimativo, gli introiti della Charles River per la sola vendita di topi e solo considerando gli acquisti medi dei maggiori atenei italiani, sono di 1.340.640 euro l’anno… Mancano però nel conteggio ratti, cavie, conigli, e per il caso di Harlan anche cani, gatti, primati e scimmie nonché gli acquisti da parte di università più piccole ed industrie.

Un tale giro d’affari rappresenta sicuramente un ottimo motivo per continuare a sperimentare su animali. EMILIA ROMAGNA: E’ la seconda regione, dopo la Lombardia, per numero di stabilimenti utilizzatori di animali a fini sperimentali: 94 su 551 in totale. Cifre così elevate, dipendono dal fatto che vi sono numerosi dipartimenti per ogni ateneo universitario ed ognuno di essi riceve una autorizzazione come stabilimento utilizzatore da parte del Ministero della Salute. L’Emilia Romagna si distingue per un diffuso utilizzo di primati non umani anche per esperimenti altamente dolorosi, anche senza anestesia (studi sulla corteccia frontale: impianto di elettrodi nel cranio), che si svolgono presso le Università di Bologna, Ferrara e Modena.

I gatti (sperimentazione “in deroga”) sono ancora utilizzati all’Università di Ferrara per esperimenti senza anestesia sull’attività motoria e dall’Università di Parma sempre per esperimenti senza anestesia, condotti anche su cani (sperimentazione “in deroga”). LAZIO: 57 stabilimenti autorizzati alla sperimentazione animale, concentrati soprattutto in provincia di Roma, tranne pochi casi: Ditta Plasma Italia con sede legale a Lucca e stabilimento in provincia di Rieti; per la provincia di Frosinone ufficialmente risulta la presenza di un solo stabilimento, mentre dai dati dell’Ufficio Territoriale del Governo (UTG) risultano essercene due; la Wieth Lederle di Aprilia (Latina), che secondo l’UTG di competenza non esisterebbe! Questo testimonia la scarsa attenzione delle autorità. Centri che sperimentano su cani (sperimentazione “in deroga”): RTC (Pomezia), Sigma Tau, IRBM (Pomezia). Centri che sperimentano su gatti (sperimentazione “in deroga”): Università di Tor Vergata per studi sulla funzione locomotoria, in genere altamente dolorosi e invasivi. Per la LAV non è stato possibile ottenere l’autorizzazione comunale relativa all’allevamento presente all’interno del centro di ricerche ENEA Casaccia: Comune di Roma e di Anguillara trasferiscono vicendevolmente uno sull’altro la competenza. Diversi protocolli dell’Istituto Superiore di Sanità - l’ente preposto al controllo sugli esperimenti in deroga e che è anche stabilimento utilizzatore - non presentano le firme di tutte le figure responsabili, previste obbligatoriamente, oppure la stessa persona firma per due o per tre figure professionali. TOSCANA: 50 stabilimenti autorizzati alla sperimentazione animale.

Delle centinaia di protocolli sperimentali esaminati, provenienti da tutta Italia nel corso degli anni 2000-2002, questo di Firenze è l’unico caso in cui viene barrata la casella “forti privazioni, mutilazioni o traumi” in due dei quattro protocolli presentati, mentre in un altro “alcune sofferenze”. Centri che sperimentano su cani (sperimentazione “in deroga”): Abiogen Pharma di Pisa per tossicità e prove farmaci (l’UTG di Pisa ha inviato la documentazione richiesta dalla LAV relativamente all’anno 2003; uno dei protocolli proviene dalla Ditta Abiogen Pharma SpA che però non risulta nell’elenco dei centri autorizzati alla sperimentazione dal Ministero della Salute: la ditta sembrerebbe occuparsi di test di tossicità conto terzi e nella fattispecie richiedeva l’impiego di 32 cani); Università di Pisa, per vaccini. Centri che sperimentano su gatti (sperimentazione “in deroga”): Università di Pisa. In provincia di Pisa è presente un allevamento di conigli e cavie (Pamaploni Rolando, Fauglia), la cui autorizzazione non risultava inizialmente al Comune, preposto al rilascio della stessa, e che solo dopo le pressioni della LAV è finalmente risultata. SICILIA: è la regione del Sud Italia con la maggiore presenza di stabilimenti utilizzatori: 27 in tutto.

Presso la Wyeth Lederle di Catania, si fa normalmente uso di cani (sperimentazione “in deroga”) per le prove su farmaci, come indicato dalle autorizzazioni rilasciate nel 2000 e 2002. AS/MF/ Uff. St. Lav

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