Un settore in continua e profonda evoluzione, in cui anche la domanda di occupazione e il tipo di professionalità richieste cambiano a ritmi sostenuti; così come rimane alta la necessità di tutela dei lavoratori di fronte a fenomeni come la precarizzazione e il massiccio ricorso all’impiego di extracomunitari. Questo, in estrema sintesi, il quadro che è emerso sullo stato attuale dell’agricoltura dal convegno “Il lavoro nelle campagne”, che si è tenuto oggi in provincia di Grosseto, presso l’azienda regionale agricola di Alberese, nel Granaio Lorenese.
Durante l’appuntamento, che è stato organizzato dalle Commissioni attività produttive e lavoro del Consiglio regionale della Toscana e dalla Giunta regionale, sono stati presentati i risultati della ricerca “Indagine conoscitiva sulla domanda di lavoro nelle imprese agricole toscane” commissionata all’Irpet, l’istituto per la programmazione economica della Toscana. LA RICERCA. Come hanno spiegato i curatori dell’indagine Roberto Pagni, Silvia Scaramuzzi e Lucia Tudini, la ricerca commissionata all’Irpet analizza la domanda di lavoro delle imprese agricole toscane.
E’ stato inoltre studiato l’impiego del fattore lavoro in agricoltura utilizzando comparativamente le molte fonti statistiche disponibili sul tema, e sono stati effettuati tre approfondimenti su temi di particolare rilevanza: sulla domanda di lavoro e di nuove professionalità derivanti in primo luogo dal forte e recente sviluppo dell’agriturismo in Toscana, in secondo luogo dalle attività di servizi per l’agricoltura e per il territorio rurale; infine, sul crescente ricorso all’occupazione extracomunitaria.
I lavoratori impiegati in agricoltura in Toscana nel 2002 erano circa 56 mila, di cui circa 34 mila autonomi e 17 mila dipendenti fissi. La precarizzazione. Evidente il fenomeno della precarizzazione; per molti versi l’agricoltura (insieme all’edilizia) ha anticipato altri settori dell’industria e dei servizi per l’impiego molto flessibile di manodopera; negli ultimi anni c’è stato più un avvicinamento dei settori extra-agricoli a quello primario che viceversa. In particolare la consistenza dei lavoratori stagionali è sempre stata più rilevante rispetto ad altri comparti produttivi; essi sono aumentati in Toscana sia in valore assoluto che in termini relativi rispetto alla media italiana, fortemente influenzata dall’andamento negativo dei braccianti nel Sud.
Anche un altro indicatore del lavoro precario riporta una situazione non positiva dell’agricoltura toscana: il lavoro sommerso raccoglie ben il 37% dei lavoratori dipendenti e il 6% di quelli indipendenti; la media complessiva è del 13% lavoratori agricoli sommersi, contro il 29% della media italiana nel settore agricolo. Donne e giovani. Cresce in agricoltura il ruolo femminile: circa il 30% delle aziende sono condotte da donne, con dimensioni medie più piccole di quelle gestite dagli uomini, ma con differenze che si sono ridotte nel corso degli anni Novanta.
E crescono anche i giovani, anche se non a sufficienza: l’analisi sia quantitativa che qualitativa ha rilevato un ritorno di interesse per il lavoro in agricoltura da parte delle generazioni più giovani. Essi non potranno però compensare completamente la grande quantità di persone che si ritireranno dal lavoro nei prossimi anni. Sulla base dei dati sulle famiglie censite nel 2000 soltanto una parte delle aziende ha già un giovane potenzialmente in grado di sostituire i conduttori anziani; si tratta però delle aziende di dimensione mediamente più grande.
Si può prevedere dunque una riduzione degli imprenditori agricoli, con un incremento della dimensione media delle aziende professionali. Appare più negativa la situazione per quanto riguarda l’impiego di giovani nell’ambito del lavoro dipendente. E’ molto più difficile reperire manodopera italiana in questo segmento di età, anche se spesso si ricorre agli extracomunitari. La domanda di lavoro nell’agriturismo. Il 18% degli intervistati ha dichiarato l’intenzione di effettuare assunzioni (6% dipendenti fissi e 12% stagionali).
Complessivamente al momento della rilevazione sono stati quantificati poco meno di 9.000 addetti nelle aziende agrituristiche toscane, di cui 2/3 (5.700) di manodopera familiare fissa, circa 1.000 dipendenti a tempo indeterminato, quasi 2.000 dipendenti stagionali ed un piccolo numero di familiari stagionali. L’impatto della nuova occupazione nelle aziende che hanno dichiarato un aumento è stimato in circa 830 unità. La maggior parte delle aziende ha dichiarato di non prevedere un incremento del numero di occupati, quanto piuttosto un maggior impegno dei lavoratori già presenti in azienda a vario titolo.
Ciò implica una redistribuzione dei compiti e quindi una riqualificazione professionale in cui i familiari sono coinvolti più frequentemente. Le nuove professioni. Gli esempi più interessanti di attività per le quali si ipotizza un’evoluzione positiva sono: innanzitutto la tendenza verso l’aumento del livello qualitativo e della riconoscibilità dei prodotti richiede figure esperte dei processi tecnico-produttivi alimentari e di certificazioni; nello stesso tempo occorrono sommelier e degustatori in genere per attestare le caratteristiche qualitative, oltre che maggiori capacità di marketing per la commercializzazione.
La diversificazione delle attività, orientate prevalentemente verso il turismo, fa sì che diventino di estremo interesse le iniziative legate all’artigianato rurale ed artistico, agli antichi mestieri, al trekking, all’ippoturismo, alla didattica agricola ed ambientale (fattorie didattiche). I contenitori ed i modi di espandere tali servizi sono tanti: dalle Strade del vino alle strutture di beauty farms o per il recupero di soggetti emarginati. Gli immigrati. Dal 1991 al 2000 i lavoratori extracomunitari sono aumentati del 570%; l’Inps nel 2000 ne ha rilevati circa 6 mila, in massima parte lavoratori stagionali e soltanto 1.000 a tempo indeterminato.
Essi costituiscono circa il 13% dei dipendenti agricoli regolari, ma è facile ipotizzare una sottostima. E’ la funzione strategica di stabilizzazione del rapporto tra domanda e offerta di lavoro e di copertura dei forti deficit di manodopera italiana che li fanno diventare essenziali per il buon svolgimento dell’attività agricola. Quello che è maggiormente preoccupante è che anche per gli extracomunitari spesso il lavoro nell’agricoltura viene considerato un impiego temporaneo in attesa di passare ad altri settori, per cui si ha un ricambio continuo di soggetti che impedisce una accumulazione individuale di competenze e perciò un accrescimento qualitativo della forza lavoro nelle aziende agricole.