L’Antigone di Sofocle diretta da Federico Tiezzi è ambientata in un ospedale-obitorio, che assomiglia un poco a una macelleria, dove due donne, Antigone e Ismene, sono venute per rubare il corpo del fratello, per portarlo via e seppellirlo. I letti sono occupati da cadaveri; c’è una guerra, non importa quale, una di quelle a cui ci ha abituato il secolo scorso. Ma i corpi dei cadaveri prendono vita : il coro è composto da questi morti da poco risorti, tornati in vita giusto per obbedire a Creonte, macellaio metafisico e politico angosciato che, sospeso a mezz'aria sul suo trono, domina sui morti e sui vivi.
La Grecia classica abita in un obitorio-macello, simbolo di un sogno classico ormai definitivamente distrutto.
Nel gelo artico di una scena illuminata al neon, si racconta non solo il sacrificio di Antigone, ma anche il sacrificio della Grecia e del mito antico nel razionalismo storico del Novecento.
Siamo di fronte a un vero e proprio rifacimento del testo di Sofocle (vengono soppresse alcune parti e alcuni personaggi della tragedia antica) secondo i canoni del teatro epico. La storia di Antigone che si rivolta contro le spietate leggi umane per affermare le leggi divine diviene la base per un dramma didattico che lo spettatore deve cogliere con la ragione prima che con 1' emozione.
Gli scontri tra le generazioni, tra il ribellismo giovanile e la dialettica serrata del potere, tra il diritto dello stato e quello della famiglia sono i temi essenziali del racconto brechtiano.