In Toscana il lavoro non standard non scalza gli occupati a tempo indeterminato. Tra il 2002 ed il 2003 la crescita di 15.700 lavoratori è stata assicurata da ambedue i comparti, anche se con percentuali diverse sul totale di oltre un milione di occupati: lavoro fisso + 8.000 posti (+1%) e lavoro temporaneo + 7.700 (+9%). Gli atipici, così, hanno raggiunto lo scorso anno una quota del 9,3% (era il 6% nel 1993) del mercato del lavoro in Toscana (ne fanno parte il 20% dei giovani tra 20 e 35 anni), vicina al 9,9% della media nazionale.
La ricerca dell’Irpet su “La flessibilità del lavoro in Toscana”, commissionata dal Consiglio regionale ed oggi presentata a Palazzo Panciatichi, tratteggia le prime tendenze di un cambiamento in corso nell’ultimo decennio, sfatando alcuni luoghi comuni sugli aspetti quantitativi ed indicando invece i nuovi rischi socio-economici legati alla qualità del rapporto di lavoro. “La questione della tutela di chi dovrà cambiare spesso lavoro diventa primaria –ha dichiarato il presidente dell’Assemblea toscana, Riccardo Nencini- e noi dobbiamo inserire quelle sui nuovi diritti dei cittadini, nella prima parte dello Statuto regionale.
La flessibilità obbliga la forza lavoro ad un continuo aggiornamento professionale. Per garantire una sorta di protezione almeno intellettuale lo Statuto dovrà prevedere la sicurezza e la facilità degli accessi agli strumenti di conoscenza ed alla formazione da parte di tutti i toscani”. Infatti, la precarietà diventa criticità solo per colpa del sistema del welfare italiano, che non possiede strumenti efficaci di sostegno in caso di disoccupazione per i contratti a scadenza, come collaboratori ed interinali.
A ciò sopperisce la famiglia. Tre i pericoli –identificati dall’Irpet- la precarietà femminile (il 75 del part-time è donna) e per i giovani la rapida deprofessionalità delle conoscenze ed il rinvio della costituzione di coppie autonome e della procreazione. “La ricerca dell’Irpet continuerà nell’approfondimento dei dati sulla flessibilità del lavoro in Toscana –ha detto Nencini-, ma già dai primi risultati, ottenuti con interviste ad un campione di 2.000 lavoratori e 700 imprenditori, è certo che questa tenendenza non si invertirà e che la Regione ha il dovere di sostenere i giovani nell’inserimento occupazionale e professionale”.
Le tendenze registrate da questa ricerca ‘in progress’ dell’Istituto Regionale per la Programmazione Economica Toscana indicano che una delle funzioni del lavoro flessibile è costituire un’alternativa alla disoccupazione e un modo per l’impresa di ammortizzare e far ricadere sui lavoratori i rischi aziendali in congiunture economiche sfavorevoli. Si spiega solo così il fenomeno avvenuto nel biennio 2001-2002 dove le assunzioni temporanee sono calate di –5.000 unità, passando da 92.000 contratti del 2000 a 87.000 del 2002, a fronte di un aumento generale dell’occupazione da 981.000 a 1.007.000 persone.
Ciò è dovuto sia ai meccanismi legislativi che favoriscono la conversione di posti atipici in impieghi fissi, sia alla volontà delle imprese di fidelizzare i propri collaboratori quando il mercato ‘tira’. Da un’analisi particolare emerge che in quel periodo sono diminuiti i contratti di formazione-lavoro, mentre c’è stato un rilancio dei contratti di apprendistato e a tempo determinato. Un capitolo a sé della ricerca Irpet è dedicato al “popolo delle Co.Co.Co.”, definendone meglio la consistenza socio-economica.
Lo studio degli iscritti all’apposito fondo contributivo dell’Inps ha permesso un’analisi più approfondita delle collaborazioni coordinate e continuative (cioè non dipendenti temporanei) che con la legge Biagi stanno diventando collaboratori ‘a progetto’. In Toscana tra il 1996 ed il 2002 le Co.Co.Co. sono passate da 80.000 a 190.000 con una progressione regolare nel tempo. Perciò, sommando i due settori di flessibilità (assunzioni atipiche temporanee e Co.Co.Co.) il totale 2002 è di 277.000 unità.
Ma l’indagine Irpet chiarisce che i precari ‘puri’ delle Co.Co.Co. sono molti di meno, in quanto la composizione analitica dei 190.465 parasubordinati iscritti al fondo Inps ne definisce con chiarezza i profili. La composizione degli iscritti è la seguente: 15.068 sono professionisti non iscritti ad una cassa previdenziale del proprio Albo o che svolgono attività professionale non riconducibile ad un Ordine; 62.127 sono collaboratori non attivi che nell’anno non hanno percepito reddito di questo tipo; 69.826 sono amministratori di società o simili; 20.873 sono pensionati o lavoratori dipendenti che svolgono una seconda attività; 37.588 sono i ‘vari’ che prestano la collaborazione in via esclusiva.
Pertanto, la prima indicazione che emerge dall’indagine Irpet (un prodotto intermedio che sarà continuato nel tempo) sul lavoro non standard in Toscana, è che non c’è alcuna inevitabilità nel fatto che questi posti atipici debbano crescere incessantemente a scapito del lavoro a tempo indeterminato. Anzi, sembra che in periodi di crescita della domanda, od anche dell’occupazione, la quota degli assunti in pianta fissa possa avanzare a scapito di quella dei flessibili.