FIRENZE — Si allunga la lista degli indagati nell'inchiesta ter sui duplici delitti del «mostro». Il pm Paolo Canessa continua ad essere cauto, mentre si fanno stretti i collegamenti tra le procure di Firenze e Perugia e il pool di Polizia coordinato da Michele Giuttari. Secondo indiscrezioni raccolte in Procura, altre persone risulterebbero iscritte nel registro degli indagati nella nuova inchiesta. La persona perquisita per tredici ore a San Casciano è Francesco Calamandrei, sessantenne ex titolare con altri familiari di una delle due farmacie del paese, mentre tra gli indagati c'è un anche dermatologo universitario specialista in malattie veneree.
Le immagini televisive mostrano una villa alle porte di Firenze dove sarebbe custodita la verità sui delitti e ieri sera Giuttari ha partecipato persino ad un programma televisivo, per annunciare gli ultimi sviluppi.
"Caro direttore -scrive a Nove da Firenze Riccardo Catola, giornalista e autore qualche anno fa di un volume dedicato all'inchiesta- puntuali come il solstizio d’estate, la dichiarazione dei redditi e i condoni berlusconiani, ecco anche quest’anno nuovi sviluppi dell’inchiesta sul mostro.
Stavolta coinvolgono un farmacista, un medico, perfino un dermatologo, così come ieri hanno coinvolto medici, ginecologi, autisti d’ambulanze e, en passant, postini, pastori, agricoltori e quant’altri, fino a un disgraziato giornalista tirato in ballo da presunte perizie calligrafiche alle quali non crederebbe neppure un neonato.
Per puro caso (ed è vietato malignare), questa nuova inchiesta coincide con la pubblicazione di un nuovo romanzetto di uno degli investigatori, così come qualche anno fa il suo esordio letterario s’incrociò, sempre per caso, con alcuni clamorosi sviluppi investigativi, poi inevitabilmente dimenticati.
L’opinione pubblica assiste costernata a una vicenda inverosimile legata alla realtà solo dal dolore (questo sì indimenticabile) dei familiari delle vittime e dall’accanimento terapeutico di chi ha fatto della caccia al mostro una professione esclusiva che si protrae ormai dagli anni Sessanta, ossia da oltre una generazione.
La verità, con tutta la simpatia per gli inquirenti, è che l’inchiesta, se di inchiesta ancora si tratta, ha perso per strada la sua credibilità, perché priva della discrezione e della prudenza che gli anni e i molti infortuni dovrebbero ormai aver insegnato a tutti.
Che senso ha dare in pasto ai giornali i nomi di alcuni poveretti solo in base a indizi fragilissimi? Era improprio quando il mostro uccideva. Oggi, senza quell’urgenza, suona tutto povero, scontato e arbitrario".