“Dall’utopia al mercato” è il titolo del convegno che bene sintetizza il progetto della Regione Toscana di ricreare la filiera industriale della canapa. Una pianta scomparsa dai campi cinquant’anni fa (l’Italia era leader europeo di produzione con 400.000 ettari coltivati), a seguito della normativa contro gli stupefacenti (che confondeva la qualità ‘indica’ con quella legale della ‘sativa’). La canapa, adesso, tornerà ad essere seminata e trasformata grazie all’azione pilota che svolgerà l’ARSIA.
Il finanziamento regionale di 1.179.550 Euro è stato annunciato oggi, al convegno di Alberese, dal presidente della Commissione Agricoltura del Consiglio regionale Fabio Roggiolani. Il bando regionale, finalizzato prioritariamente alla creazione di una filiera tessile per ottenere fibre naturali, è articolato in quattro azioni finanziabili: ricerca scientifica, progetto pilota, trasformazione, ricerca di mercato. I privati che vi aderiranno incrementeranno l’investimento fino a circa 2.330.000 Euro.
All’iniziativa di Alberese hanno partecipato operatori economici, tecnici e studiosi. Ad essi si è rivolto l’assessore regionale all’agricoltura Tito Barbini il quale ha sottolineato due aspetti di grande convenienza per la reintroduzione della canapa in Toscana. Il primo di tipo agronomico, cioè che la pianta disinquina i terreni e resiste benissimo alla siccità. Il secondo di tipo strategico-economico per quei coltivatori che non hanno terreni vocati a grandi colture di qualità, in quanto la riforma europea della PAC vuole aprire nuovi settori, tra cui anche quello della canapa.
“La riforma della politica agricola europea –ha detto Barbini- punta a stabilizzare il reddito degli agricoltori ed al risparmio energetico. Criteri che se rispettati permetteranno una maggiore libertà di impresa per il coltivatore, che potrà accedere ai finanziamenti per le produzioni a lui più congeniali”. Benefici ambientali e sviluppo economico sono conciliabili e la Toscana vuole arrivare per prima a rimpiantare la filiera industriale della canapa. “Questo è l’obiettivo –ha dichiarato Fabio Roggiolani- e non possiamo perdere opportunità come quelle della nuova direttiva europea che impone la produzione dell’8% dei carburanti dalle coltivazioni agricole.
Però, qui bisogna essere chiari: noi puntiamo su una canapa naturale, senza chimica, sia nella fase di coltivazione, che in quella di trasformazione”. Recenti studi hanno dimostrato l’utilità di questo vegetale da una parte per l’arricchimento dei terreni e dall’altra per produrre in maniera biologica materiali fonoassorbenti, tessuti, blocchi per l’edilizia, carte ed imballaggi, alimenti, medicinali, cosmetici, lettiere, prodotti per automobili. Oltre ad essere una componente ricchissima nella creazione di biomassa per la produzione di energia.
Durante l’incontro grossetano il consigliere regionale Roberto Caverni è intervenuto con due precise richieste: “l’utopia non deve restare tale –ha detto-, perciò la Regione deve crederci sia investendo di più nella nuova filiera industriale, soprattutto nel tessile che può assicurare l’assorbimento massiccio di produzione, che nella vocazione naturale. Cioè, qui non vogliamo la coltivazione di una pianta resa nana dalla chimica, per facilitare la lavorazione con gli attuali macchinari.
Bisogna avere un prodotto naturale”. La vocazione del territorio, del resto, permette il totale recupero della tradizione. La storica Saida Grifoni, nel convegno, ha ricordato come i primi ‘industriali’ del settore furono i romani. Tutte le vele delle loro navi erano di canapa e l’importanza strategica della coltivazione è dimostrata anche dal fatto che oltre 2000 anni fa i romani, per tutelare le coltivazioni (soprattutto in Gallia ed attorno a Bologna) crearono il ‘Magistrato della canapa’.
La collezionista e promoter dell’artigianato della canapa, Patrizia Failli, ha esposto tantissimi tessuti antichi, dimostrando sia la versatilità di impiego (dai sacchi del mugnaio ai vestiti, dalle tovaglie alla biancheria), sia l’enorme resistenza e durata della tela. I dati economici del ‘Linificio canapificio nazionale’ (Gruppo Marzotto) sono stati illustrati da Giuseppe Esposito, responabile marketing e dei prodotti-moda. “Noi ogni anno lavoriamo 5.000 tonnellate, di cui solo il 10% di canapa.
Le percentuali in ambito tessile sono: 78% abbigliamento, 13% maglieria; 6% biancheria casa; 3% utilizzi tecnici (filtri e cordami). Anche domani saremo pronti a lavorare solo la canapa”. Per Assocanapa è intervenuto il presidente Felice Giraudo, che ha ammonito: “cerchiamo di evitare la costruzione di grandi stabilimenti per i semilavorati, a rischio diseconomia. Invece, occorre attrezzarsi per la sfibratura in campo od in un centro aziendale agricolo. I macchinari che sta studiando Assocanapa sono coerenti con questa filosofia”.
La battaglia ha trovato anche un alleato nel mondo della finanza: BancaVerde (Gruppo MPS). Lo ha spiegato Franco Fabbrini. “La Banca –ha detto- crede in una filiera eco-compatibile e le nostre analisi ci confermano l’esistenza di un mercato potenziale di grande interesse per i prodotti da essa derivati”. Il convegno di Alberese è stato curato da Angela Grimaldi, del Centro Culturale Canapa di Terriciola (Pi), che per i presenti ha effettuato anche una dimostrazione del suo impiego in cucina con ricette che sono andate dall’antipasto al dolce, dalla birra all’elisir.