Martedì 15 luglio Per la pace sempre a Piazza Vittorio Veneto di Sesto Fiorentino

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
14 luglio 2003 17:22
Martedì 15 luglio Per la pace sempre a Piazza Vittorio Veneto di Sesto Fiorentino

Il Comune di Sesto Fiorentino conferma il proprio impegno a favore della pace con una grande festa musicale in programma martedì 15 luglio in Piazza Vittorio Veneto (ingresso gratuito) che vedrà di scena la band di Pierò Pelù e i Percussionisti di Bahia (progetto Axè). “Riteniamo importante tenere alta l’attenzione sul tema della pace – spiega il Sindaco Andrea Barducci – la pace si costruisce attraverso un impegno costante, di tutti”. Si comincia alle ore 21,15 con i Percussionisti di Bahia, straordinaria formazione brasiliana nata nell’ambito del progetto Axè, iniziativa promossa dal fiorentino Cesare La Rocca che attraverso l’insegnamento di musica, danza e pittura ha coinvolto oltre 12.000 bambini di strada, a Bahia.

A seguire l’attesissimo concerto di Piero Pelù, artista da sempre attento alle tematiche pacifiste: il rocker fiorentino torna a calcare le scene di casa e presenta l’ultimo album “U.D.S.-L'Uomo Della Strada”. Nel corso dello spettacolo non mancheranno comunque flash-back nel passato, compresi alcuni successi del periodo Litfiba. In piazza Vittorio veneto sarà presente anche un desk di Greenpeace con materiale informativo riguardante le tante iniziative dell’associazione.

VIABILITA’
Martedì 15 luglio il centro di Sesto Fiorentino resterà chiuso al traffico dalle ore 19,30 alle 24.

Il centro resterà interdetto anche ai mezzi Ataf: dalle ore 19,30 a fine corsa le linee Bus 28b e 28b saranno dirottate lungo Viale Giulio Cesare e Viale Ariosto.

PIERO PELU’
Venuto al mondo alle sei e mezzo del mattino, in un gelido 10 febbraio 1962, Piero è Acquario ascendente Acquario: segno d’aria totale, intuizioni e idee a getto continuo. L’etimo del cognome Pelù è sconosciuto, questo gli consente d’ipotizzare origini sarde. Piero non ha mai consultato gli esperti di araldica: “Detesterei il fatto di avere il sangue blu, infatti il mio sangue è rosso e il mio cuore batte a sinistra.

Nella lingua degli Incas il mio cognome significa ‘fiume’. Bella storia: mi piace sapere che sono un fiume”. A otto anni ha investito parecchie paghette settimanali per comprare la sua prima chitarra: una Eco con le corde in ferro. Ribelle in famiglia, nel suo periodo punk aveva adottato i nomi di battaglia Pierotten, anche in onore di Johnny Rotten, e Peter Punk. Suonava con i Mugnions e viveva il punk come una fede. Nel 1979 ha vissuto un mese a Parigi: giorno e notte al Beabourg assieme a punk, saltimbanchi e artisti di strada.

Le arti di strada saranno protagoniste, nel 2000, del Circo Pelù nel primo tour da solista. Nonna Tina, che oggi ha 102 anni, vigilava sull’integrità morale di Piero, piombando nella sua stanza quando si appartava con qualche amichetta e criticando ferocemente la frequentazione di Ponte Vecchio, fino agli Anni 80 punto di ritrovo del mondo alternativo hippy. “Nonna Tina considerava quei capelloni con il chylum in mano dei drogati e forse aveva ragione, visto che in quegli anni si viveva ancora l’equivoco più grave e dannoso della controcultura, cioè la convinzione che drogandosi ci si ribellava al sistema dominante.

L’esaltazione dell’eroina da parte delle icone giovanili, compresi molti rockers, ha provocato più danni della guerra. L’eroina è stata, per molte generazioni, il nostro Vietnam. E siamo tornati a casa con le ossa rotte. Se serve a qualcosa, ribadisco il mio rifiuto assoluto alle droghe pesanti: state lontani almeno dalle polveri (smog compreso!). Se una pera, come si dice in ‘Trainspotting’, equivale a fare l’amore moltiplicato per cento, io preferisco moltiplicare per cento le volte che faccio l’amore”.

A sei anni ha ascoltato il quarantacinque giri “Vengo anch’io (no tu no)” di Enzo Jannacci, che Piero ritiene ancora oggi un capolavoro d’ironia. “L’ironia non è sempre evidente nelle mie canzoni, ma è sempre esistita. Affacciandomi all’universo musicale, alla fine degli Anni 70, ho cercato di unire il punk e le mie esperienze personali con l’ironia di Jannacci e di Edoardo Bennato. In Bennato, il faro di un certo periodo storico, la ribellione era diluita nell’ironia e nel sarcasmo; nel punk avveniva il contrario; nella mia vita, in quegli anni, c’era solo ribellione”.

Nel 1969 la Fiorentina vinse il suo secondo e ultimo scudetto. Per lui fu una gioia indescrivibile. Piero giocava in porta per imitare il suo idolo viola Franco Superchi (“Non avevo l’altezza, ma l’agilità e la follia propria di ogni grande portiere”); oggi scende in campo con la Dinamo Rock, al fianco di Ligabue, e con la squadra chiamata TNT (artisti fiorentini e solidarietà). Non ha mai tentato la strada del professionismo: “Per me il calcio non è agonismo, ma sudore, divertimento, espulsione di schifezze dal corpo.

E passione”. In terza media ha fondato un club di tifosi della Fiorentina chiamato Brigate Viola, che fecero il loro trionfale esordio allo stadio in un indimenticabile 3-1 alla Juventus. “Ho abbandonato le curve dopo aver visto da vicino gli ultras e la loro violenza”. Anche i libri lo appassionavano. E fra i primi che ha letto, ricorda con amore ‘Le tigri di Mompracem’ di Salgari (“Da quei disegni ho ereditato la passione per i coltelli e le lame”) e ‘Pian della Tortilla’ di John Steinbeck: “Forse l’unico libro che ho riletto dieci volte in dieci periodi diversi della mia vita, trovandolo sempre straordinario perché è l’esaltazione dell’amicizia”.

La sua lettura preferita era l’Atlante: passava ore piacevoli a guardare città, nazioni, continenti. “Ho voluto suonare in una band anche perché era un modo per girare il mondo e fare incontri fantastici. I primi soldi guadagnati con la musica, li ho subito investiti in viaggi”. In seconda media ha cominciato a radunare idee e spunti per fare musica: Jannacci, Bennato, i Black Sabbath di Tommy Iommi e Ozzy Ousbourne… Fino a Ennio Morricone. E i Beatles: “Il primo disco che ho comprato personalmente è stato ‘Revolver’.

Mi piaceva ‘Eleanor Rigby’, così l’ho incisa su un piccolo registratore casalingo, senza conoscere le parole né capirne il senso. È stata la mia prima registrazione in assoluto: solo voce, perché non sapevo gli accordi”. Ha preso lezioni di chitarra, ma si è stufato alla terza lezione: cercava l’hard rock di Tommy Iommi, ma trovò solo estenuanti lezioni di solfeggio. Al liceo scoppiò l’amore per i Genesis di Peter Gabriel e per gli scantinati, perfetta espressione del suo animo underground: in quello sotto casa ha fondato la sua prima band, i Mugnions.

Il punk l’aveva scoperto nel 1977 e ha vissuto la nuova passione musicale come una fede, ma la ricerca dei primi dischi di culto è stata laboriosa: a Firenze l’unico negozio specializzato era Contempo, diventato poi un’etichetta discografica, e vi si trovava pochissimo, giusto Sex Pistols, Iggy Pop e Clash. Il batterista dei Mugnions era Ringo De Palma, che sarebbe diventato uno degli amici più cari di Piero. In quel periodo sulle orme del punk si muovevano anche i Decibel, gli Skiantos di Freak Antoni, i Revolver e Faust’o.

I Mugnions non miravano al successo: “Io suonavo per trovare uno sfogo alla mia inquietudine, al disagio, alla certezza di non appartenere a nulla”. Il punk gli ha riservato anche qualche delusione, come un vecchio live di Patti Smith a Firenze: “Uno strazio: lei e i suoi deliri mistici. Aspettavo quel concerto da un anno, avevo comprato il biglietto sei mesi prima, sono tornato a casa dopo mezz’ora”. Il primo concerto dei Mugnions, l’8 marzo 1980, attirò solo pochi compagni di scuola; al secondo, il primo maggio, c’era una “folla” di trecento curiosi.

Un amico del padre del bassista li fece partecipare al festival Versilia Rock ’80 con Gianna Nannini e gli Skiantos. “Fu un’esibizione imbarazzante”. Decisero di dedicare più tempo alle prove nello scantinato, ma questo provocò la rivolta di tutti i condomini. I Mugnions chiusero la loro breve e poco gloriosa carriera il 19 ottobre del 1980, con il proprietario del locale dove si erano appena esibiti che si rifiutò di pagarli perché gli spettatori erano troppo pochi. Piero e Ringo si sarebbero ritrovati più avanti nei Litfiba.

L’avventura Litfiba iniziò così: il tastierista Antonio Aiazzi suonava in un gruppo a cui mancava il cantante. Piero lo conosceva, ma sperava che si fosse dimenticato di lui perché… “Nel 1979 ero andato a una sua festa punk e gli avevo distrutto la casa. Ripensando a quell’episodio, rido ancora”. L’incontro avvenne nella storica cantina di via Bardi 32, a Ponte Vecchio: oltre ad Aiazzi c’erano il batterista Francesco Calamai, il bassista Gianni Maroccolo e il chitarrista Ghigo Renzulli.

“L’atmosfera era bellissima. Tutti mi accolsero bene, perfino Aiazzi”. I Litfiba hanno esordito dal vivo l’8 dicembre 1980, il giorno in cui moriva John Lennon. Piero si dimostrò subito un animale da palcoscenico e improvvisando, si lanciò più volte sul pubblico come aveva visto fare a Iggy Pop: “La gente sotto palco, impreparata, per due volte si prese il mio corpo in faccia. La terza si aprì come le acque davanti a Mosé e io rischiai la vita”. Firenze stava diventando la capitale del nuovo rock italiano, ma Piero non avvertiva questo fermento: la sera di Natale partì per Londra, dove sognava di vivere gli aspetti più distruttivi del punk.

Il risveglio fu traumatico: “I punk che incontravo nei locali erano sempre meno, tutti leccatini da salotto”. Una sera al Marquee decise di comportarsi da punk nel tempio del punk, tagliuzzandosi ovunque sempre in omaggio all’icona Iggy Pop: furono proprio i venti punk presenti a denunciarlo e a farlo sbattere fuori dal locale. Passò l’ultimo dell’anno dentro la fontana di Piccadilly completamente ubriaco: “A momenti morivo congelato”. Rientrò a Firenze più confuso di quando era partito.

Tutti erano all’oscuro che Piero intendeva trasferirsi a Londra per sempre, così non fecero caso al suo fallimento e l’avventura con i Litfiba continuò senza traumi o spiegazioni. Riprese gli studi: un anno di Giurisprudenza e uno di Scienze politiche. Abbandonata l’università, rifiutò anche l’uniforme: “Ero e sono pacifista convinto: ho svolto il servizio sociale all’Arci di Firenze nel biennio 1984/1985”. Nel 1982, Piero & Litfiba vinsero il secondo Festival Rock di Bologna e incisero il loro primo singolo con front cover di Irvin Penn.

Le canzoni erano “Luna” e “La preda”, il cui testo venne frainteso: “Ai nostri concerti arrivarono gli skinheads che facevano il saluto romano. Fu imbarazzante, perché il pezzo piaceva ai fascisti e chi non lo era, vedendo gli skinheads, pensava che lo fossimo anche noi. Lo tolsi subito dalla scaletta”. Sempre nell’82, uscì l’ep “Guerra”: il master costò un milione e centomila lire, un vero capitale per le finanze della band. Durante uno dei tanti concerti di rodaggio del gruppo, un ragazzo punk li bersagliò con due dozzine di uova: dopo aver visto “La grande truffa del rock’n’roll”, il film con i Sex Pistols, pensava di fare un gradito omaggio ai Litfiba, che invece hanno abbandonato la scena incavolati di brutto.

Assieme a Ringo, Piero ha portato avanti un progetto musicale alternativo ai Litfiba, una band chiamata Tradimento (suo quarto nome di battaglia dopo Pierotten, Peter Punk e Sordido) nel quale Pelù cantava e suonava il basso e i chitarristi cambiavano in continuazione. Contemporaneamente ha studiato altre forme d’arte espressive: teatro (con Orazio Costa), mimo (Yves Le Breton) e maschere (Commedia dell’Arte e Maschere Neutre di Basilea). Per il gruppo sperimentale teatrale Krypton nacque la colonna sonora dello spettacolo post-moderno “Eneide” del 1983.

Di quel periodo è anche una cover di “Yassassin” di David Bowie. Nel 1985 arrivò finalmente il primo album di canzoni di Piero & Litfiba: “Desaparecido” vendette la bellezza di cinquemila copie, un risultato strabiliante per il circuito underground, infiammando d’entusiasmo la critica. Era il primo album della trilogia dedicata alle vittime del potere, di qualsiasi forma di potere: dopo la parentesi di “Transea” (con una cover che ritrae Pelù come un alfiere del dark coperto di rosari e croci), la trilogia si è completata con “17 RE” (1986) e “Litfiba 3” (1988), anticipato nel 1987 dal live “Aprite i vostri occhi”.

Fra tutti i dischi pubblicati da Piero & Litfiba negli Anni 80, “17 RE” era, e rimane ancora oggi, quello preferito di Pelù, che nel frattempo aveva assunto un nuovo nome di battaglia: Piotre degli Urali, in omaggio alla cultura tzigana, una passione ancora oggi fortissima. “L’unico aspetto che non condivido di questa cultura è che raramente i figli dei Rom vengono mandati a scuola, si preferisce farli elemosinare o peggio”. Pelù sapeva di scherzare col fuoco a usare il numero 17 nel titolo del disco: “Non ritengo che il 17 porti sfiga, ma che sia semplicemente foriero di novità sconvolgenti, di eventi scioccanti”.

In quel periodo la band ebbe un incidente stradale, fortunatamente catastrofico solo per il loro furgone: la somma delle cifre sul contachilometri era 17; la targa dell’auto della Polizia era 1717… Dopo quella notte, il 17 ha marchiato altri episodi tristi nella vita di Piero, rafforzando la sua avversione per quel numero. Fateci caso: nell’autobiografia “Perfetto Difettoso”, pubblicata nel 2000, il capitolo “innominabile” è stato sostituito dal 16 bis. Non ha mai amato nemmeno la televisione, la subiva per esigenze di promozione discografica, però si prendeva le sue rivincite, come quando infilò un preservativo sul microfono di Vincenzo Mollica durante una diretta su Raidue del concerto del Primo Maggio a Roma: “Mollica la prese malissimo.

Solo dopo qualche anno sono riuscito a spiegargli che non ce l’avevo con lui, ma con la morale cattolica che in Italia impediva di parlare di prevenzione contro l’Aids”. In generale, della televisione dice: “Se la conosci, la eviti. O la usi, prima che lei usi te”. Tra le poche piacevoli eccezioni ci sono state le trasmissioni di Fabio Fazio, in particolare “Quelli che il calcio”. Nel settembre del 1986, Piero fu promotore del comitato La musica contro il silenzio: nell’anniversario dell’assassinio di Dalla Chiesa, organizzarono un maxi concerto a Palermo contro la mafia.

Fu il primo grande festival new wave italiano, al quale parteciparono i migliori gruppi rock emergenti: Moda, Detonazione, Diaframma, Neon, Gaznevada, Denovo, Afrodisia, Plain Air, Joe Perrino & The Mellowtones, Viridanse, Violet Eves… Nel 1988, “Tex” (un brano dell’album “Litfiba 3”) metteva in musica il rispetto per i pellerossa, forte in Piero fin dai tempi delle scuole medie, quando lesse “Seppellite il mio cuore a Wounded Knee”, un libro illuminante sulle bugie che il governo di Washington raccontava ai nativi americani prima di farli marcire nelle loro “riserve”.

Undici anni più tardi, nell’estate del 1999, Piero Pelù ha avuto l’onore di conoscere personalmente un capo tribù dei Lakota: “Si chiama Dwainn. È un uomo solare, sereno e profondo che, quando fu ricevuto in udienza in Vaticano, salutò il Papa dicendo: noi vi perdoniamo per tutto il male che avete fatto colonizzandoci”. Fra le tante esibizioni live che seguirono “Litfiba 3”, uscito a maggio del 1988, fu memorabile “S.O.S. Racism” con Bruce Springsteen, Ziggy Marley e 200 mila spettatori.

È dell’88, anche la collaborazione di Pelù con Teresa De Sio in una lunga suite intitolata “La storia vera di Lupita Mendera” che faceva parte di “Cinderella Suite”, l’album prodotto da Brian Eno e Peter Brooks. Datata 1988 è pure la sua prima canzone scritta per altri musicisti: “Sogni d’oro” per l’album “Senza rumore” dei Moda. L’anno successivo fu scritturato per l’opera “Giovanni Sebastiano” di Gino Negri, con Armando Testa come protagonista. L’album dal vivo “Pirata”, pubblicato nel novembre del 1989, segnò la fine dei vecchi Litfiba e l’inizio del periodo più rock.

Il primo giugno 1990 arrivò la notizia della scomparsa di Ringo: “Il mio grande rimorso è non avergli rotto abbastanza le scatole per farlo smettere con l’eroina, magari avvisando i suoi genitori. Ho pianto molto per Ringo. E per Tony, per Candelo, per Ronzani. Per tutti gli amici che mi hanno lasciato”. Nel 1993 Pelù, con il gruppo Florence Experience creato da lui per l’occasione, ha partecipato a un concerto organizzato dal centro sociale C.P.A. di Firenze contro la nuova strategia del terrore e l’attentato in via dei Georgofili.

Con l’amico fotografo Alex Majoli ha realizzato, sempre nel ’93, il libretto delle novantanovefoto di “Colpo di coda” e nel ’95 la videostoria di novanta minuti allegata al cd live “Lacio Drom” (“buon viaggio” in lingua Rom). Nello stesso anno Pelù ha partecipato con altri artisti allo spot per la prevenzione dell’Aids promosso dal Ministero della Sanità. Piero ha anche ideato il cuore rosso con le corna: il CORNUCUORE, simbolo della convivenza fra gli opposti. Nel 1996 ha cantato con Luciano Pavarotti per “War Child” e ha scritto l’introduzione a un libro di poesie di Jacques Prévert (“Questo amore”, Ed.

Salani), leggendole poi in teatro. Nel 1998 ha duettato con la grande Mina nel brano “Stay” del suo cd “Olio”, intitolato così dopo che Piero le aveva regalato, appunto, olio della sua terra. Dal 1997 Piero Pelù si è fatto carico dei problemi della Sierra Leone, il paese del west Africa più povero del mondo (dati ufficiali ONU): “È il tipico esempio di paese sfruttato dal colonialismo occidentale, visto che le infinite risorse del sottosuolo arricchiscono soltanto le multinazionali europee e americane”.

La guerra civile liberiana è sconfinata in Sierra Leone e migliaia di bambini vengono mutilati orrendamente: per aiutarli non serve cibo, ma protesi. Così Pelù ha avviato il Progetto Sierra Leone per costruire gli ospedali necessari assieme ai missionari del Murialdo. Negli Anni 90 Piero & Litfiba pubblicarono i dischi che compongono la “tetralogia degli elementi”: “El Diablo” 1991 (il fuoco), “Terremoto” 1993 (la terra), “Spirito” 1995 (l’aria) e “Mondi sommersi” 1997 (l’acqua).

Il quinto elemento (il tempo) fu anche quello decisivo nella storia di Piero con i Litfiba: “Infinito” uscì nel gennaio 1999, ma già da sei mesi le divergenze fra Pelù e alcuni membri del progetto Litfiba erano diventate insanabili. A dare nuovo entusiasmo a Piero in crisi fu anche la band: Roberto Terzani (tastiere), Daniele “Barni” Bagni (basso) e Frank Caforio (batteria) lasciarono i Litfiba per seguirlo nella sua avventura solista. Ai tre musicisti si è aggiunto subito il chitarrista Cristiano Maramotti, formando il gruppo chiamato SUPERCOMBO.

La carriera solista di Pelù si è aperta con il singolo “Il mio nome è mai più”, incisa con Ligabue e Jovanotti a favore di Emergency e in segno di protesta per i bombardamenti su Belgrado. Con i proventi di quel disco, che ha venduto oltre 500 mila copie (un record straordinario per un singolo), sono già stati costruiti due ospedali. Piero aveva dato altre volte il proprio aiuto alle popolazioni dell’ex Jugoslavia flagellate dalla guerra civile: la prima nel 1991, quando si è esibito a Sarajevo nel “Concerto per la Pace” assieme ai Nomadi di Augusto Daolio; la seconda dopo la partecipazione al “War Child” di Pavarotti del 1996, recandosi a Mostar con una delegazione di artisti per controllare che i soldi arrivassero davvero a destinazione.

Sul piano artistico strettamente personale, tutto è ricominciato da “Pugni chiusi”, cover di un vecchio brano dei Ribelli e b-side del singolo “Io ci sarò”. Il 21 aprile 2000 è uscito il suo primo album da solista: “Né buoni né cattivi”, che ha debuttato dal vivo nella festosa cornice dell’Heineken Jammin’ Festival 2000 di Imola con Pelù nel prestigioso ruolo di headliner principale. Nel lungo tour successivo, una trentina di concerti, Piero ha condiviso il palco con trampolieri, mangiafuoco e giocolieri, allargando il Circo Pelù alle arti di strada.

Altra esibizione memorabile è stata quella del 2001 al Concerto del Primo Maggio di Roma, davanti a una folla di oltre 800 mila persone. Sempre nel 2001 è stato invitato al “Festival di Sanremo” come superospite: Piero ha affrontato il tema delle mine antiuomo, una barbarie che continua a causare migliaia di vittime innocenti. Fra il 2001 e il 2002 ha lavorato al nuovo disco: la prima canzone è “Bene Bene Male Male” che, dopo una settimana di programmazione radiofonica, viene presentata per la prima volta dal vivo all’MTV Day del 14 settembre a Bologna.

Il 27 dello stesso mese viene pubblicato il cd singolo di “Bene Bene Male Male”, che contiene le versioni live di “El Diablo” e “Né buoni né cattivi” registrate al concerto del 2000 in Piazza della Loggia a Brescia. L’11 ottobre esce l’album “U.D.S. L’Uomo Della Strada” (Teg – Wea Records), capitolo secondo della “trilogia dei sopravvissuti”. Piero Pelù è autore, arrangiatore e produttore artistico del disco, registrato presso le Officine Sonore O-Zone di Firenze.

Il cast artistico di “U.D.S. L’Uomo Della Strada” è imponente: la cantante indonesiana Anggun duetta con Piero nel brano “Amore immaginato”; fra i musicisti, assieme all’inseparabile SUPERCOMBO (Caforio, Bagni, Maramotti), troviamo Robbi Terzani, Francesco Magnelli e Boosta dei Subsonica (tastiere), Vinnie Colaiuta (batteria), Roy Paci (tromba) e Paolino “Ramingo” Baglioni (percussioni e cori). Gino Strada di Emergency è autore del testo sulle mine antiuomo di “Pappagalli verdi”, tratto dal suo libro omonimo: tutti i guadagni di questa canzone saranno devoluti a Emergency.

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