Firenze – “Manca solo un anno alle Olimpiadi di Atene e non meravigliamoci se il fornitore ufficiale di vino sarà l’Australia”. Evocato da Alessandro Costantini, direttore marketing della Ruffino, una delle aziende italiane più presenti sul ricco mercato Usa, il paradosso australiano ha gelato la platea, ieri, al convegno Il mercato internazionale del vino, tendenze e strategie promosso da Università e Provincia di Firenze a chiusura del terzo Master in management e marketing delle imprese vitivinicole.
Carneade del settore fino a pochi anni fa, l’Australia ha clamorosamente bypassato la Francia sul mercato inglese e americano.
Che la stessa Italia possa dunque finire per subire questo drammatico destino si sta facendo largo anche tra i nostri operatori che, a dispetto degli exploit entusiasmanti dell’ultimo decennio, stanno facendo i conti con competitor sempre più capaci e aggressivi.
Sentirsi questi fiati sul collo sta provocando mea culpa e riflessioni a cascata a cominciare dalla Francia sotto shock, come ha raccontato Nathalie Guibert, direttrice del Laboratoire Management et Commerce International- Filiere Vin, dell’Università di Avignone.
Riflessioni peraltro suggerite anche da Diuska Luppi, direttore del Consorzio del Marchio Storico Chianti Classico: “Per le nostre aziende”, ha detto, “gli ultimi due ci hanno fatto risalire ai livelli di un anno fa anche negli Stati Uniti. Ma non c’è alcun dubbio che il settore debba dotarsi di strumenti e capitale umano adeguati. Altrimenti la concorrenza prima o poi avrà la meglio”.
La Ruffino, invece, per la prima volta da anni registra una flessione sul mercato americano. Secondo Costantini è il riflesso della crisi innescata dalle Twin Towers.
“Ma ora”, ha aggiunto, “c’è anche il super euro i cui effetti negativi si cominceranno a sentire probabilmente l’anno prossimo. Forse l’Italia potrà compensare i danni accaparrandosi quote di mercato della Francia boicottata dopo la guerra Iraq. Vedremo. Ma per uscirne dovremo rivedere varie cose, a cominciare dalla politica dei prezzi. Il vino italiano è decisamente sovrastimato e le nostre aziende troppo piccole e troppo poco strutturate per reggere l’impatto della concorrenza”.
L’agricoltura Toscana, ha ricordato Mario Lastrucci, assessore al settore alla provincia di Firenze, viene da un periodo di vacche grasse e anche in questo periodo di crisi ha registrato un Pil in aumento (+7,1).
Ma non è affatto il caso di dormire sugli allori perché i trend possono invertire rotta assai rapidamente. L’investimento nel Master è importante proprio perché crea capitale umano decisivo. Temi ripresi dal Leonardo Casini, direttore del Master, e dal rettore Augusto Marinelli che hanno annunciato due nuove iniziative, una appena realizzata, l’altra in fase di progetto.
Casini ha dato notizia della creazione presso la Facoltà di Agraria di un Centro per le analisi di mercato del settore vitivinicolo, uno strumento prezioso destinato a sopperire alla cronica mancanza di dati aggiornati di cui soffre non soltanto l’agricoltura.
Marinelli, che da anni progetta una rete tra le tre università toscane, ha ammesso di non aver incontrato analoghi entusiasmi per dar vita a una facoltà di enologia. Ma ha spiegato di aver in programma in questi giorni una serie di incontri ad alto livello dai quali potrebbe scaturire importanti novità destinate a incrociarsi con esigenze del mondo imprenditoriale altrettanto importanti.
18 gli iscritti al master per un totale di 450 ore di lezione. 46 i diplomati dei due anni precedenti.
Tutti hanno trovato ottimi impieghi. Tre le borse di studio da € 2.000 assegnate oggi a studenti del Master 2001-2002: Costanza Nosi, 30 anni di S. Casciano, laurea in economia, ora impegnata in ricerche, consulenze e docenza all’università; Cristina Santini, 26 anni di Prato, oggi al lavoro alla Fattoria Castello di Verrazzano e all’Accademia dei Georgofili; Giovanni Ascione, 38 anni di Cesena, economista che con altri due corsisti ha aperto uno studio di consulenze vitivinicole.