Convegno sulle piccole e medie imprese a Siena: in Toscana un sistema basato su 387 mila imprese
Credito per l'impresa: nuove idee e nuovi strumenti, gli effetti derivanti dell'allargamento UE

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
10 maggio 2003 09:15
Convegno sulle piccole e medie imprese a Siena: in Toscana un sistema basato su 387 mila imprese<BR>Credito per l'impresa: nuove idee e nuovi strumenti, gli effetti derivanti dell'allargamento UE

FIRENZE- Il passaggio dagli attuali 15 paesi dell’Unione Europea ai 25 previsto per il prossimo futuro allarga l’orizzonte delle prospettive per le piccole e medie imprese. Si è discusso anche di questo ieri durante il convegno sulle strategie regionali ed europee per lo sviluppo delle PMI promosso dalla Regione Toscana.
“L’allargamento dell’UE ai paesi dell’est europeo – ha dichiarato l’assessore regionale all’agricoltura Tito Barbini – porterà sicuramente dei problemi, ma sarà anche fonte di nuove opportunità.

In particolare, per quanto riguarda il settore agricolo, l’inserimento di 10 nuovi paesi farà crescere la superficie agricola del 30% ed il numero degli agricoltori passerà dagli attuali 7 a 11 milioni anche se diminuirà la produttività. Occorrerà da una parte procedere a ristrutturare ed ammodernare le imprese dei paesi entranti mentre dall’altra, la garanzia di un reddito per gli agricoltori dei nuovi paesi, aumenterà la loro capacità di consumo e quindi incrementerà la domanda sul mercato comunitario.

L’ampliamento dei potenziali beneficiari della Politica Agricola Comunitaria provocherà una riduzione delle risorse. Insomma siamo di fronte a scenari che modificheranno gli assetti attuali con la necessità di rivedere le attuali strategie regionali per renderle maggiormente adeguate ad affrontare una nuova fase”. Secondo Barbini, per affrontare il futuro agricolo dell’UE, occorre dare la priorità a tre fattori: “Aumentare le risorse da destinare allo sviluppo rurale, per insistere sugli obiettivi della sostenibilità ambientale, della qualità dei prodotti e della multifunzionalità delle aziende agricole, migliorare le condizioni per l’occupazione e puntare alla semplificazione normativa, campo in cui ci sono margini elevati di miglioramento”. Mario Pezzini, capo divisione Territorial Reviews and Governance dell’OCSE, ha incentrato il suo intervento sulla globalizzazione dei mercati, sui problemi delle aziende manifatturiere e su quelli delle aree rurali.

“A mio avviso – ha detto Pezzini – occorre riformare la legislazione sul credito, sulla formazione e sugli interventi infrastrutturali. Considero inefficaci le politiche che si poggiano sulla distribuzione di sussidi, la creazione di una logica di assistenza è negativa. Infine rurale non è sinonimo di agricolo o di declino; occorre dare spazio alle politiche territoriali e limitare quelle settoriali, fonte di disparità tra le imprese”. Gli ultimi interventi sono stati affidati a due rappresentanti di realtà regionali che saranno interessate dagli effetti dell’allargamento UE.

Irma Priedl, del Dipartimento sviluppo economico della Regione austriaca Niederosterreich (quella che abbraccia la capitale Vienna), ha insistito sulla necessità di “promuovere l’internazionalizzazione delle imprese aiutandole a sviluppare tutti gli strumenti necessari per aumentare la loro competitività: aiuti finanziari in fase di costituzione, fornitura di servizi professionali in campo legale, fiscale e per la ricerca di partners commerciali all’estero, incentivi a promuovere l’innovazione”.

Adriano Rasi Caldogno, segretario generale programmazione della Regione Veneto, ha invece illustrato la realtà economica ed i problemi legati al mutamento strutturale in corso nella sua regione per affermare “la necessità di considerare con maggiore attenzione l’accelerazione del cambiamento in atto ed il confronto con altre regioni europee per accrescere gli scambi e favorire una spinta sempre maggiore verso l’internazionalizzazione e la delocalizzazione delle imprese”. Poi ha concluso dicendo di “avvertire con preoccupazione, in seguito all’allargamento UE, un possibile spostamento a nord del baricentro degli interessi europei e di affrontare la crescente concorrenza proveniente da altri paesi affidandosi alla formazione e alla ricerca e sviluppo”.



Le piccole e medie imprese toscane sono 387 mila, una ogni nove abitanti. Di queste il 98,7% ha meno di 20 dipendenti. Siamo di quasi 9 punti sopra la media nazionale quanto ad aziende con meno di 10 addetti e di oltre 6 punti rispetto a quelle con meno di 50 dipendenti. La Toscana ha saputo trarre vantaggio dai molti punti di forza di un modello produttivo del tutto particolare: basti pensare che un terzo degli addetti è occupato in imprese con meno di dieci dipendenti e un quarto solo, contro il 40% della media nazionale, in imprese con più di 50 dipendenti.
Questo tessuto fatto di piccole e piccolissime imprese (387 mila, una ogni nove abitanti) ha da sempre, in Toscana, dialogato positivamente con le istituzioni.

Tutto ciò ha consentito alla Toscana di raggiungere i primi posti nella classifica del benessere, di riuscire a realizzare un reddito medio per abitante di quasi 16 mila euro contro i 14 mila della media nazionale, di dare corpo a quel mix di natura e artificio, tradizione e modernità così ben sintetizzato dal suo paesaggio.
Investimenti per 13.500 milioni di euro
Nei prossimi anni, fino al 2006, in Toscana saranno investiti 13.500 milioni di euro. Arriveranno dall’Unione europea e dalla Regione, che ha lanciato l’anno scorso il più grande programma straordinario di investimenti da quando la Regione nel 1970 è nata, giungeranno dal governo e dai privati attraverso forme di project financing.


Per garantire la realizzazione di ferrovie, strade e autostrade considerate strategiche per la mobilità regionale e nazionale la Toscana ha definito con il governo, nelle scorse settimane, un accordo di programma per 9.000 milioni di euro. La fetta più grossa riguarda le ferrovie, il resto strade ed autostrade oltre a porti ed interporti. Per gli ospedali saranno investiti 524 milioni di euro. La spesa per realizzare i quattro nuovi ospedali di Prato, Pistoia, Lucca e Massa, per cui sono previsti anche strumenti di finanza di progetto, è di 353 milioni.

A questi si aggiungono interventi di riqualificazione per Pisa e l’ospedale “Le Scotte” di Siena.
2.500 milioni di euro arriveranno dall’Unione europea: 1600 riguardano gli investimenti in agricoltura, 1200 il fondo sociale obiettivo 3 che è destinato tra l’altro alla formazione professionale, 1400 milioni le aree obiettivo 2 o in “phasing out” a declino industriale, di degrado urbano o che soffrono gli squilibri dovuti a territori ampi ma scarsamente popolati. Siena, ad esempio, ha gli stessi problemi dei territori scandinavi.

Nelle aree ad obiettivo 2 vivono oltre 1 milione e 600 mila toscani. 200 milioni di euro infine saranno investiti sulla pesca e i 600 milioni che rimangono in altri programmi minori. 1.500 milioni di euro in tre anni, di cui 909 a carico direttamente della Regione e gli altri che arriveranno dall’Unione europea, dallo Stato, dagli enti locali ma anche dai privati, è invece l’investimento del programma straordinario di investimenti 2003-2005. Strade più sicure e con minor traffico, lotta all’erosione della costa, nuove strutture sociali e nuovi alloggi per gli studenti universitari, sostegno ai tanti musei non statali della regione, rilancio del sistema espositivo, una sanità più moderna e potenziamento delle infrastrutture telematiche per un e-government ed una pubblica amministrazione più vicina ai cittadini, l’acquedotto di Montedoglio e misure per ridurre l’inquinamento a Firenze sono i settori di intervento.



Il 35,2 per cento della forza lavoro toscana si concentra in aziende con meno di dieci addetti, un altro 39,3% in imprese che ne contano più di dieci ma meno di cinquanta. Solo il 25,5% lavora laddove ci sono più di 50 assunti: stabilimenti ancora piccoli ma che dispongono di strutture produttive ed organizzative già tipiche dell’impresa. E’ la fotografia della regione che esce dall’ultima ricerca dell’Irpet – i dati sono quelli del 2002 – e che chiariscono subito come il fenomeno della piccola e media impresa sia caratterizzato in Toscana, rispetto a regioni economicamente simili come Emilia Romagna e Veneto, da un numero più elevato di piccole unità produttive.

La piccola e media impresa non è comunque un modello debole in sé. Anzi, a volte porta anche vantaggi. Diventa un modello debole, come altrove in Italia, solo quando l’azienda non fa parte di un sistema. Ci sono aree, come i sistemi locali presenti lungo il bacino dell’Arno, dove la Pmi è un modello ‘forte’ ed altre aree invece, lungo la costa, in cui le singole imprese sono ancora e spesso entità isolate.
Domina il sistema moda
Una spiegazione della maggiore diffusione delle piccole e medie imprese potrebbe essere la maggiore importanza che in Toscana hanno i settori “leggeri”.

Nella regione il settore dell’abbigliamento e delle calzature occupa il 14 per cento dei lavoratori, contro il 6,5 % dell’Italia. Al contrario nel settore di beni di investimento, in cui prevalgono dimensioni maggiori, lavorano solo il 12 per cento dei toscani, contro il 23,6 per cento della Lombardia e il 19,1 per cento dell’Emilia Romagna. La piccola e media impresa in Toscana non è comunque tipica solo dei settori tradizionali, ma è presente anche nei settore meccanico e dell’elettronica.

Ci sono distretti specializzati – il tessile a Prato, il cuoio a Santa Croce – ed altri invece che presentano all’interno più produzioni.
Producono ricchezza che rimane sul territorio
Le piccole e medie imprese favoriscono una elevata partecipazione al lavoro, tra i residenti ma anche tra chi viene da fuori: in Toscana significativamente alta anche tra giovani e donne. Ciò si accompagna a comportamenti che alla lunga potrebbero diventare problematici, come l’abbandono precoce degli studi, ma che nel complesso, oltre a garantire un elevato reddito pro capite, garantisce anche una sua più equa distribuzione tra le famiglie.

La Toscana, si legge nella ricerca dell’Irpet, è ottava in Italia in termini di PIL procapite, ma addirittura seconda come benessere. Non è merito solo delle piccole e medie imprese, certo. Ma il modello di industrializzazione leggera ha sicuramente portato alcuni evidenti vantaggi in termini di qualità della vita. La piccola dimensione aziendale fa sì che i redditi prodotti dalle imprese restino all’interno di ambiti territoriali abbastanza ristretti. Favorisce la coesione sociale ed una vita armoniosa che è poi una delle caratteristiche della Toscana.


Pil procapite più alto, ma profitti più bassi
Se il Pil pro capite toscano è più alto della media nazionale, quello per addetto è comunque inferiore: più l’impresa è piccola e più è basso, anche se le situazioni sono varie: nel settore meccanico, ad esempio, la dimensione d’impresa non sembra aver alcun rilievo. Anche i costi del lavoro e i profitti sono significatamente più bassi rispetto alla media nazionale o alle imprese di regioni come il Piemonte, la Lombardia, il Veneto o l’Emilia Romagna.

Ma la responsabilità non è solo delle piccole e medie imprese.
Alta flessibilità
In Toscana si fa maggior ricorso al lavoro flessibile: esaminando le assunzioni del 2002 nel 48 per cento dei casi (la media nazionale è il 42 per cento) il tipo di contratto previsto riguarda tipologie “non stardard”: co.co.co dunque ma non solo, con una maggiore prevalenza nel settore dei servizi. Le forme di lavoro flessibili sono più frequenti nelle grandi imprese (32 per cento di lavoro a tempo determinato) e nelle piccole (al 26 % del tempo determinato si aggiunge il 14% di apprendisti).

Nelle medie imprese prevale invece il lavoro a tempo indeterminato (56 %, contro il 47 per cento delle grandi imprese e dil 49 per cento di quelle piccole). Nelle piccole imprese c’è una maggiore propensione ad assumere personale scarsamente qualificato.
Un assunto su quattro è extracomunitario
Il 24 per cento delle assunzioni nel settore dell’industria interessano extracomunitari: la Toscana è seconda in tutta Italia, scavalcata solo dal Veneto. Sono soprattutto le imprese piccole e medio-piccole a ricorrere agli stranieri: le stesse imprese, del resto, meno propense ad assumere personale qualificato e che trovano maggiori difficoltà nel reperire tra gli italiani le professionalità richieste di operai specializzati.

Oramai infatti sono sempre più rari i casi di giovani toscani che rinunciano agli studi per orientarsi verso il lavoro di fabbrica, che sembra aver perso ogni attrattiva. Non sempre domanda ed offerta si incontrano e le assunzioni difficili costituiscono una quota rilevante delle assunzioni programmate: il 41 per cento, interessando nell’industria più di un’impresa su due (52%).

Innovare per rimanere competitivi (od esserlo ancora di più), innovare anche per garantire uno sviluppo sostenibile che si concili con il rispetto dell’ambiente.
Nel tradurre in pratica quello che è un elemento chiave dei programmi comunitari, le Regioni possono avere un ruolo rilevante.

Ed un’attenzione particolare deve essere prestata nei confronti delle piccole e medie imprese.
Intenzioni, ma anche atti concreti. Solo un numero: la Toscana ha concentrato quasi il 10 per cento di tutte le risorse del Docup 2000-2006 su ricerca, innovazione e trasferimento tecnologico. Si tratta in sei anni di oltre 250 milioni di euro, un contributo affinchè si raggiunga l’obiettivo di investire nella ricerca il 3 % del Pil europeo. Diffondere innovazione e trasferire tecnologia, nei settori tradizionali del sistema moda, del mobile e cartario, del lapideo e della meccanica di precisione, ma anche nei settori a più elevato contenuto tecnologico, significa creare reti di cooperazione tra imprese, centri di ricerca, università, istituzioni pubbliche locali, centri per l’innovazione e di servizi alle imprese, nonché agenzie formative: il tutto senza mai chiudersi in logiche localistiche, facilitando la creazione di sistemi ampi e attraverso un maggior coinvolgimento del settore privato come partnership.

Sul fronte dell’innovazione e del trasferimento tecnologico la Toscana intende difendere il ruolo centrale delle Regioni: un ruolo di coordinamento che diventa ancora più importante laddove, come in Toscana, al posto delle grandi imprese prevalgono sistemi locali di piccole e medie imprese e distretti industriali.
Afferma Stiglitz: “Spesso si teme che solo le grandi dimensioni e le economie di scala assicurino più fondi per ricerca e sviluppo, ma l’esperienza americana dimostra che anche i piccoli possono essere all’avanguardia”.

Il fattore critico riguarda semmai le regole del gioco. Vanno riscritte, sostiene sempre Stiglitz, in modo da tutelare le parti più deboli. “Solo chi, come l’estremo oriente – dice – ha accettato la globalizzaizone tentando di modellarla è riuscito ad avere vantaggi”.

Sul fronte del credito, negli ultimi anni la Toscana assiste a una serie di processi che hanno dato luogo allo spostamento dei centri decisionali del sistema bancario toscano fuori dalla regione. Si tratta di processi che appaiono preoccupanti per il rischio che vengano meno la vocazione operativa e il radicamento delle banche nel territorio.

In altre parole il timore diffuso è che venga meno il sostegno al mondo produttivo, che tradizionalemente tale sistema ha bene o male garantito, con un calo di attenzione verso l'imprenditoria locale e un più allentato rapporto fra banca e impresa. Su questo scenario pesa la prospettiva dell'applicazione del nuovo accordo di Basilea (Basilea 2) che, se non verrà modificato, è destinato a comportare una serie di difficoltà per le piccole e medie imprese e la conseguente rivisitazione delle strategie di intervento pubblico.

Una conseguenza prevista dei nuovi accordi (in base ai quali i requisiti patrimoniali delle banche dovranno essere proporzionali al rischio derivante dai vari rapporti con i clienti, la cui minore o maggiore "rischiosità" verrà stabilita in base a una serie di appositi parametri) è quella di rendere ancora più difficile il ricorso al credito e veder innalzare i tassi proprio per le piccole medie imprese, tradizionalmente sottocapitalizzate e fortemente dipendenti dall'export. Al di là degli esiti della trattativa internazionale, l'obiettivo delle politiche pubbliche - e della Regione Toscana - non puo’ che andare nella direzione di far sì che venga assicurato un flusso adeguato di capitale e che i costi dell'indebitamento siano mantenuti a livelli sostenibili.
Le strategie e gli strumenti individuati puntano ad attenuare l'impatto di Basilea 2, con riferimento al sistema delle garanzie, al sistema degli incentivi, all'adeguamento patrimoniale e alle dimensioni delle imprese, all'attivazione di strumenti di finanza di progetto.


Garanzie
L'obiettivo è la trasformazione dell'intero sistema, a partire dalla modifica della natura della garanzia, che da sussidiaria dovrà diventare "a primo rischio", cioè interamente escutibile da parte della banca qualora l'impresa sia insolvente. Il maggiore impiego di risorse potrà essere compensato grazie a una razionalizzazione e ad un raccordo fra i diversi organismi operativi. Come? L'obiettivo è quello di costruire una rete incentrata su Fidi Toscana (la finanziaria della Regione) che rispetti l'autonomia dei singoli consorzi e cooperative delle associazioni operanti nella regione.

La Regione metterà a disposizione risorse che saranno convogliate su Fidi Toscana e serviranno a garantire "a primo rischio" le operazioni condotte sulla base delle politiche di settore e territoriali della Regione.
Incentivazioni-agevolazioni
Le strategie puntano in particolare sull'innovazione, la ricerca, l'internazionalizzazione, elementi essenziali per la crescita e la competitività delle imprese. La Regione sta pensando a costituire appositi fondi in grado di facilitare l'accesso al credito attraverso agevolazioni diversificate secondo i progetti, una volta valutati positivamente.

Fra gli strumenti che saranno privilegiati anche il contributo in conto interessi e quello della provvista a tasso zero erogata nell'ambito di fondi di rotazione. In questo ultimo caso, si avrebbe anche un effetto di ritorno delle risorse che potrebbero essere nuovamente impiegate. Sarà inoltre mantenuto un continuo rapporto con il mondo del credito, a partire dal protocollo d'intesa Regione-Banche, per concertare di volta in volta iniziative per favorire procedure più snelle.
Dimensioni e patrimonio delle imprese
La possibilità di sviluppare la competitivtà del sistema economico toscano passa anche attraverso la crescita delle dimensioni dell'impresa.

Per questo la Regione si propone di sostenere la crescita dei processi di fusione ed integrazione aziendale. L'efficacia dell'intervento può raggiungere i massimi livelli combinando incentivazione (sotto forma di contributi in conto interessi o di provvista a tasso zero) con garanzia e affidando ad un unico centro le decisioni sulla validità del progetto di sviluppo, sulla situazione patrimoniale e finanziaria dell'impresa, sulla concessione di contributi.
Un'altra serie di interventi sarà diretta a stimolare la capitalizzazione dell'impresa, senza entrare in conflitto ma integrando i servizi offerti dalle banche.

Soggetto centrale dell'attuazione di questi interventi sarà Fidi Toscana, società a prevalente partecipazione regionale che, fin dal 1975, attua le politiche della Regione a favore delle piccole e medie imprese. L'impegno della Regione va nella direzione di un rafforzamento e un ampliamento delle funzioni di Fidi che dovrà assumere il ruolo di principale centro strategico a disposizione della Regione per la realizzazione, l'attuazione, il monitoraggio e il controllo delle iniziative nel settore del credito e della finanza d'impresa.

Finanza di progetto
Costituisce il modo più appropriato per convogliare su investimenti pubblici anche capitali privati. In un contesto che vede una progressiva riduzione delle risorse pubbliche, appare uno strumento decisamente utile per fare fronte alla crescente esigenza di opere strutturali e infrastrutturali. Obiettivo della Regione - che si doterà delle necessarie professionalità tramite Fidi Toscana - è quello di affiancare gli enti locali nella valutazione dei progetti e nello stimolo delle imprese a partecipare.

Garantire condizioni di reciprocità nella competizione internazionale, contrastare il dumping sociale, ecologico e sanitario dei paesi terzi e di nuova industrializzazione ostacolando l'importazione di merci provenienti da paesi nei quali non vengono garantiti gli standard minimi in materia di tutela dei lavoratori, dell'ambiente e della salute dei cittadini.

Questi alcuni degli obiettivi sostenuti dalla Regione Toscana nei confronti dell'Unione Europea, in sintonia con le imprese e i distretti del tessile, abbigliamento e calzature di tutta Europa.
A porre il problema di un nuovo equilibrio fra il processo di liberalizzazione del commercio mondiale e la necessità di garantire condizioni di reciprocità sui mercati è il sistema moda, una delle principali realtà produttive della Toscana, pesantemente colpita dagli effetti della crisi internazionale e preoccupata dall'approssimarsi della scadenza dell'accordo Multifibre (che fino al 2005 disciplinerà i flussi dei prodotti provenienti dai paesi in via di sviluppo) che renderà il mercato europeo più permeabile.

Non è un caso che proprio da questa realtà sia partito lo stimolo, fatto proprio dalla Regione Toscana, a ricercare intese per arrivare alla definizione di una piattaforma nazionale da proporre alla Commissione europea in vista dei futuri negoziati. Affermare la necessità di garantire condizioni di reciprocità, favorire l'adozione di comportamenti e standard per la tutela ambientale, dei minori, dei lavoratori, della salute dei consumatori, inibire il proliferare di barriere non tariffarie: parte da qui, cioè dalla difesa e affermazione di basilari principi di civiltà, l'iniziativa della Regione Toscana che da tempo sta lavorando per sviluppare una iniziativa tecnico-politica sul piano nazionale.

Nei giorni scorsi il presidente Martini ha inviato al commissario europeo Pascal Lamy una lettera con la richiesta di un incontro sui problemi della concorrenza internazionale, mentre una delegazione toscana ha partecipato a Bruxelles il 5 e il 6 maggio all'iniziativa "The future of textiles ang clothing after 2005".
Sul versante imprenditoriale possiamo citare l'iniziativa tecnico-politica nazionale di Sistema moda Italia fatta propria anche dall'associazione europea degli industriali della moda e del tessile-abbigliamento: la proposta, che va nello stesso senso delle richieste toscane, è ora la base di una piattaforma comune che le imprese europee vogliono sostenere presso la Ue, i governi e gli organi del commercio internazionale.

Per trasformare davvero la Toscana in regione del mondo non possiamo puntare che sulla qualità, rifuggendo dalla tentazione del basso costo e della quantità.

L’innovazione è una delle strade che portano a questo traguardo, consentendo di innescare uno sviluppo in grado di autoriprodursi. Lo ha detto l’assessore alle attività produttive Ambrogio Brenna nelle sue conclusioni ai lavori della mattinata del convegno organizzato a Siena dalla Regione su “Piccola impresa, grande civiltà”.
Per dare nuovo impulso allo sviluppo e cogliere al volo la ripresa (ormai attesa solo a fine 2004), occorre, secondo Brenna, affrontare fin da oggi i problemi dell’allargamento dell’Unione Europea.

“La Toscana ha evidenziato come il processo di allargamento sia positivo – ha detto Brenna – ma le politiche di coesione dovranno essere riviste per non creare ulteriori squilibri fra le regioni. Gli sforzi di sostegno quindi, dopvranno essere volti ad assicurare un rapido allineamento al rispetto delle regole sociali, ambientali, etiche e di buona amministrazione che costituiscono un patrimonio di civiltà e di qualità irrinunciabile per l’Italia e l’Europa”. La Toscana propone una uscita “morbida” dai regimi di finanziamento europei e una forte semplificazione delle procedure mentre, per i nuovi paesi che stanno per entrare nell’Unione, le risorse Ue dovranno essere utilizzate per colmare il divario infrastrutturale con gli attuali 15 paesi membri.

In particolare si dovrà fare attenzione alla sostenibilità ambientale e sociale dello sviluppo per evitare un uso scorretto o controproducente delle risorse comunitarie. Tutto ciò consentirà anche di evitare che i ritardi di alcuni paesi in termini di legislazione sociale o ambientale si traducano in un vantaggio competitivo.
L’assessore Brenna ha sottolineato a questo proposito l’impegno della Regione per la certificazione sociale SA 8000. La Toscana è la prima in Europa ad avere previsto contributi per le aziende che intendono conseguire tale certificazione e un primo bilancio sarà fatto nel corso della seconda edizione di Fabricaethica cui si sta già lavorando in vista della primavera 2004 e che affronterà, in particolare, proprio i temi dell’allargamento dell’Europa.

“In questo contesto – ha osservato Brenna - non possiamo eludere i problemi delle nuove regole del commercio mondiale, innanzitutto garantendo reciprocità, eliminazione del dumping sociale e ambientale, tracciabilità dei prodotti e lotta all’illegalità”. Questi i punti chiave dell’impegno della Regione a sostegno del sistema moda, il più colpito dalla crisi mondiale in atto e più esposto alla concorrenza sleale delle imprese dei paesi terzi e di politiche tutte basate sul lavoro a basso costo “Ciò non significa chiudere a questi paesi ma stabilire regole che tutti siano in grado di rispettare.

Crediamo che una strada per responsabilizzare questi paesi sia quella di dare maggiore peso alle politiche locali e ai governi regionali, i soli che possono garantire la partecipazione delle comunità alle decisioni e alla gestione dei modelli di sviluppo”. Introducendo il tema del credito, oggetto della seduta pomeridiana del convegno, Brenna si è quindi soffermato sulla necessità di assicurare alle imprese toscane un adeguato flusso di capitale e di aiutarle a manterne il costo di indebitamento a livelli sostenibili.
Dalla Commissione Europea un pubblico riconoscimento alla Toscana per la sua capacità di utilizzare al meglio i fondi europei per la ricerca e l’innovazione.

A farlo è stato Mikel Landabaso, della Dg Regioni della Commissione Euiropea intervenuto oggi a Siena al convegno “Piccole impresa, grande civiltà” in chiusura della sessione dedicata al tema Innovazione e trasferimento alle imprese, presieduta dall’assessore al turismo Susanna Cenni. “La Toscana fa da apripista per le altre regioni europee – ha detto Landabaso – ha lavorato bene e ha saputo sfruttare al meglio le opportunità che le sono state offerte. Il programma “Tecnologie per i beni culturali” è stato segnalato come esempio di buona pratica dal Parlamento europeo e un altro progetto, quelo sulle azioni innovative, sta dando ottimi risultati.

Inoltre, insieme all’Emilia Romagna, la Toscana fa parte di una rete che comprende 14 regioni europee per scambi di esperienze nel settore”. Si parte bene dunque, ma occorre fare di più - ha sottolineato l’assessore Cenni nel suo intervento – per raggiungere in tempi brevi l’obiettivo di diffondere al massimo l’innovazione, elemento fondamentale per garantire la competitività per ogni tipo di impresa sia nei settori tradizionali che in quelli a più elevato contenuto tecnologico della nostra economia.

Al centro delle politiche regionali la necessità di fare sistema, di promuovere innovazione di prodotto e di processo, di valorizzare nuovi settori ad alta intensità di lavoro come la tutela ambientale e i beni culturali. Ciò comporta l’adozione di una filosofia di intervento più orientata al mercato, il maggior coinvolgimento del settore privato nella definizione e nel finanziamento degli interventi, una maggiore diversificazione su base territoriale degli strumenti, lo sviluppo di azioni di animazione, sensibilizzazione e formazione.

La Regione si sta già muovendo in questo senso.
L’assessore Cenni ha ricordato il programma di azioni innovative, cofinanziato da Commissione europea, Ministero dell’economia e Regione, i finanziamenti previsti nell’ambito del Docup (documento unico di programmazione) Obiettivo 2 per sostenere la nascita di nuove imprese, un regime di aiuto alla ricerca industriale e di sviluppo pre-competitivo delle imprese, attività di animazione e sensibilizzazione di tutti i protagonisti del sistema regionale della ricerca scientifica con l’obiettivo di promuoverne la partecipazione al VI programma quadro europeo della ricerca.
Mark Reuter, rappresentante della Vallonia ha illustrato l’esperienza della Regione belga che ha creato un sistema per mettere in contatto, anche attraverso figure create ad hoc, le piccole imprese con le molte università e i centri di ricerca dell’area.

Una formula originale è stata sperimentata con successo anche nella regione di Valencia, in Spagna. Ne ha parlato Francisco Mas, dell’Istituto della Piccola e media industria valenciana. In questa regione, dove si trova un altissimo numero di piccole e medie imprese e seconda in Spagna solo alla regione basca per concentrazione industriale, è stata creata, anche con il contributo pubblico, una rete di centri tecnologici per il trasferimento alle imprese.
I nuovi accordi di Basilea 2 possono essere un rischio, ma anche un’opportunità.

E’ quanto è emerso nella prima sessione di lavori con cui è ripreso nel pomeriggio il convegno di Siena. “Nuove regole – ha sottolineato l’assessore alle finanze e alla programmazione economica della Toscana, Marco Montemagni – discusse e discutibili che potranno contribuire ad una maggiore qualità e trasparenza dell’attività imprenditoriale, ma che al momento, applicate obbligatoriamente in automatico, sono inadeguate per le piccole e medie imprese”. Per la Regione Toscana la strada da intraprendere, ha spiegato l’assessore, è quella di ridisegnare il sistema di garanzie e degli incentivi alle imprese, oltre che quella di sostenere l’adeguamento dimensionale e patrimoniale delle stesse aziende: “un sistema a rete, con al centro Fidi Toscana e in cui le risorse pubbliche dovranno essere indirizzate a controgarantire ‘a primo rischio’ le operazioni di consorzi e cooperative”.

“Altro importante strumento – ha aggiunto Montemagni – è Artigiancredito”. “In futuro dobbiamo anche superare la logica degli interventi a pioggia – ha detto a proposito delle risorse pubbliche da mettere a disposizione dell’economia - per selezionare maggiormente gli interventi”. “Il sistema delle imprese toscane – ha concluso – se rimane così rischia di perdere competitività sul fronte dell’innovazione e dei costi. La crescita dimensionale non è una strategia valida ovunque e per tutte le aziende.

Ma non possono mancare presenze più diffuse e più radicate di media impresa”.
L’accesso al credito è uno snodo cruciale anche per Silvano Gori, presidente di FidiToscana. “Occorre ringiovanire la classe imprenditoriale – ha detto – e dare un’occasione a chi non ha ancora un’impresa alle spalle ma possiede idee: idee possibilmente innovative, che non significa poi solo alta tecnologia. Questo purtroppo oggi accade poco. Fidi ha così deciso di destinare il 50 per cento degli utili per un fondo destinato a queste iniziative imprenditoriali, anche se poi non tutte queste idee probabilmente andranno in porto”.

“Esiste – ha poi concluso – un problema culturale e di conoscenza: dobbiamo impegnarci perché tutti sappiano cosa accadrà nel prossimo futuro e quali sono oggi le opportunità a disposizione”. Per Franco Bernardini, imprenditore e presidente di Confidi Toscana (in Italia i Confidi sono oltre 800 e concedono garanzie per 12 mila milioni di euro) le banche si stanno allontanando dalle imprese. Secca la replica di Giuseppe Zadra, direttore generale dell’Associazione bancaria italiana: “In Italia abbiamo il maggiore numero di piccole imprese, le imprese più indebitate in assoluto ed in particolare con le banche.

Eppure le banche non gli darebbero soldi. Non mi sembra vero: le statistiche sono evidenti e fino ad oggi dicono il contrario”. Peter Moore, piccolo impreditore e sindaco di Sheffield in Inghilterra dal 1999 al 2002, ha sottolineato in conclusione a nome del Comitato delle regioni che il ruolo delle piccole e medie imprese è cruciale: in Europa forniscono il 66 per cento dei posti lavoro. “La commissione – ha detto – cercherà di migliorare il rapporto tra banche ed imprese e rendere più semplice e meno burocratico l’accesso ai fondi strutturali.

Ogni paese dovrà poi trovare la sua strada”.

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