Arrivando in autostrada a Firenze Nord è facile notare il cantiere ferroviario dell’Alta Velocità di Sesto, fortissimamente sostenuto dal Ministro delle grandi opere Lunardi, profondo estimatore dei tunnel: Molte sorgenti d’acqua, tra Monte Morello e il Mugello sono sparite durante l’escavazione delle gallerie ferroviarie e la zona limitrofa al cantiere della TAV è perennemente coperta da una coltre di polvere. Il via vai perpetuo di camion non da tregua, ma nessuno ascolta le proteste della gente, apparentemente impotente contro le opere dell’alta velocità ferroviaria.
Vince lo “sviluppo” che sposta uomini e mezzi nel caotico carosello dei trasporti. E poi bisogna ridurre il traffico su gomma, quello delle code interminabili sui valichi appenninici. Certo alcuni torrenti del Mugello sono andati perduti irrimediabilmente, intercettati nel profondo della montagna dalle trivellazioni dei tunnel. Ma la gente del Mugello ha di che consolarsi. Presto nell’elenco delle località toscane dissestate dallo “sviluppo dei trasporti” potrebbe essere compresa l’intera provincia.
In particolare dai progetti di espansione dell’aeroporto Firenze-Peretola.
La vita di molti comuni della zona potrebbe essere sconvolta, ma sui giornali se ne parla raramente e gli oppositori sono considerati snob minoritari che non capiscono le leggi dell’economia.
Amerigo Vespucci, rischio della modernità: impossibile impedirlo, difficile correggerlo. Molti abitati potrebbero essere privati del silenzio, del buio delle notte, immersi in un perenne fragore di aerei, decine al giorno che decollano e atterrano, nell’aura delle luci aeroportuali. E le zone umide della piana? Quelle in cui Boccaccio aveva ambientato la novella di Chichibio e la Gru? I guasti potenziali di Peretola potrebbero riguardare la vita civile di molti comuni fiorentini, la buona amministrazione e le leggi, in ritirata davanti all’irresponsabilità generale.
Cancellare l’Amerigo Vespucci, tornare ai tempi di Chichibio e al padule medievale non è cosa pensabile con le mire speculative che pervadono di progetti immobiliari tutta la zona nord della città, tra il polo universitario di Sesto e la ristrutturazione dell’area ferroviaria tra Porta a Prato e piazza Puccini.
Ma il comandamento dello sviluppo continuo arriva dal governo nazionale che ha già sentenziato che i limiti dello scalo aereo fiorentino sono inaccettabili, che gli aeroporti avranno come unica regola la soddisfazione delle richieste di trasporto continentale, dimenticando che uno scalo internazionale in Toscana c’è già, il Galileo Galilei di Pisa, con i suoi tre chilometri di pista.
Dicono i comitati ambientalisti: “Ancora dieci anni fa ignoravamo quasi Peretola”. Ma forse neanche coloro che progettano la trasformazione sanno bene cosa potrebbe nascerne, in termini di impatto ambientale sorvolando d’un balzo i divieti di legge.
Sostenere che la seconda pista aeroportuale potrebbe essere imposta da grandi interessi economici significa interpretare parzialmente la verità. La colpa è dei principi indimostrati della contemporaneità: il profitto, la corsa continua a nuovi progetti convulsi e frenetici cui partecipano in tanti. Peretola sarà il prodotto di una collettività compatta nella sua imprevidenza. Tra i sostenitori dell’ampliamento aeroportuale ci sono anche coloro che profetizzano la crescita occupazionale, pur in una regione con basso tasso di disoccupazione e pur se è prevedibile che le assunzioni precarie dell’aeroporto, per pulizie e altri lavori manuali, finiranno sul mercato del lavoro ai “peggiori offerenti”.
Vale per Peretola la cattiva informazione/disinformazione che è tipica delle repentine trasformazioni della nostra epoca.
La pubblica opinione sa poco, o nulla degli scontri di interesse retrostanti. Non ricorda più il tragico atterraggio sull’autostrada di qualche anno fa. Ha dimenticato pure che un tempo il turista straniero poteva consegnare i propri bagagli all’accettazione della Stazione ferroviaria di Santa Maria Novella, raggiungere il Galilei di Pisa in treno in meno di un’ora e ritirare le proprie cose, comodamente, atterrato all’aeroporto di arrivo. Altrimenti considererebbe che quella soluzione era spesso più comoda e rapida che raggiungere Peretola in auto (o in taxi, peggio in pullman: provare per credere nelle ore di punta!).
Ma c’era bisogno di spostare i flussi direttamente su Firenze, di togliere all’aeroporto già esistente le tasse d’imbarco che pagano coloro che arrivano e partono: perché l’aeroporto è anche una grande fiera, un supermercato, la calamita di speculazioni e commerci. E su questi interessi reali e concreti si sono sovrapposti quelli ideologico-campanilisti non meno decisivi, per cui i politici fiorentini e gli apologeti al loro servizio esortano i concittadini alla realizzazione della seconda pista come conquista dalla civiltà e della comunità.
I grandi interessi voleranno sopra i diritti e l’opposizione di quanti vivono intorno alla struttura. Il modo sarà quello tradizionale del fatto compiuto: prima si da mano alle opere preparatorie, alle infrastrutture indispensabili, pista di rullaggio, svincoli autostradali, servizi logistici, e quando l’intero paesaggio sarà conformato alla grande opera non resterà che costruirla. Così si giungerà alla seconda pista: una volta sbancati i terreni, realizzata la pista di rullaggio, i depositi per gli aerei, le nuovi stazioni d’attesa e d’arrivo, chi oserà opporsi al completamento dell’opera? Chi potrà sostenere che è meglio buttare via l’investimento fatto? Lo sviluppo non si cura della vita degli uomini, figuriamoci delle loro istituzioni.
Se un abitante delle Piagge vuole fabbricarsi un casottino per il cane deve rispettare le norme urbanistiche, mentre i grandi poteri, alla faccia delle normative comunitarie e nazionali, fanno movimenti di terra per milioni di metri cubi. E anche se tutti hanno capito che ormai la legge non è uguale per tutti, non è questo il modo di rafforzare la nostra fragile partecipazione democratica.
Su Peretola si raccontano le favole dello sviluppo continuo. La prima è quella del glorioso avvenire del trasporto aereo.
Pur in una fase di crisi dell’industria turistica il problema dei grandi numeri è centrale nel delicato equilibrio fiorentino ed ogni progetto non può essere esente da rischi. Se già oggi, attorno all’Amerigo Vespucci la vita è diventata difficile e a volte insopportabile, che cosa accadrà quando saranno in servizio aerei da oltre cento passeggeri? Quali fragori, quale inquinamento produrranno in una zona già in crisi ambientale? Per ora nell’economia locale hanno forse guadagnato gli esercizi turistici, ma ciò non basta allo sviluppo e all’occupazione.
Pochi di noi ambiscono a pulire le toilette e a trasportare valigie, ed è paradossale che a sostegno dello sviluppo aeroportuale sia sbandierata la questione occupazionale.
I grandi interessi fanno presto a sbarazzarsi dell’impatto ambientale: i “grandi interessati” abitano dove il frastuono non è così micidiale. Si tratta di un rumore senza tregua, preparato e seguito dall’angoscia del rumore che sta per arrivare, ogni cinque/dieci minuti. Andar via? E dove? Per quasi tutti gli abitanti di Brozzi, o Quinto questa è una residenza di necessità, si sono fatti la casa e chi mai potrebbe pagare il loro esodo di massa.
Gli altri, i sostenitori del rombo quei quartieri forse neanche li conoscono, non ci sono mai passati, oppure li hanno bypassati, come si dice oggi, galoppando su auto altrettanto rombanti cavalcavia prodigiosi, perché rendono invisibile, virtuale la parte di città sgradita, la marginalità.
Il trasporto aereo conviene e a Palazzo Vecchio si afferma il dogma dello sviluppo continuo, pur se nella piana Firenze-Prato-Pistoia lo sviluppo ha raggiunto il suo invalicabile confine, quello che fa ammalare la gente di cefalee, di nevrosi, di allergie che portano al record di consumo di ansiolitici, all’ansia e ai sonni interrotti.
Malanni superiori alla media, fastidiosa anticamera di malattie più gravi. Ma i grandi interessi non si arrendono e a ogni comitato di protesta oppongono una fantomatica associazione di appoggio, a ogni indagine sanitaria un opposto titolo vuoto di contenuti, ma a caratteri cubitali.
I grandi interessi sono parte dirigente di uno sviluppo che gode del non-dissenso della maggioranza, per cui denunciare le pecche sembra quasi una bestemmia. Poteri di persuasione e censura che riescono a spuntarla comunque.
La gente della piana lo sta scoprendo sulla propria pelle: le centraline di controllo degli inquinanti sono gestite dalla stessa burocrazia che consentirà la grande Peretola, trasformata dall’informazione ufficiale in una bandiera da difendere ad ogni costo. Che ogni qual volta le leggi nazionali, o regionali sembrano frenarne lo sviluppo ecco i giornali insorgere come se si trattasse di un complotto internazionale. Ma non si possono negare i grandi numeri, il poco spazio a disposizione e la speculazione, soprattutto quella finanziaria, alle porte.