L'evento è fissato per domenica 4 maggio 2003 (ingresso € 43/40/34 – inizio ore 21,15 – prevendite Box Office e presso la cassa del teatro). A poco più di un anno dal suo ultimo spettacolo (sempre al Teatro Politeama, biglietti esauriti con largo anticipo), l’artista partenopeo torna a calcare le scene pratesi per la presentazione del nuovo album “Nun è acqua”, disco realizzato in collaborazione con Mauro Di Domenico e Mauro Pagani, lo stesso staff del precedente “Oggi O Dimane”.
Nelle due ore di musica dal vivo non mancheranno comunque i grandi successi del passato.
I biglietti possono essere acquistati in prevendita presso il cirucito Box Office o direttamente alla cassa del teatro.
MASSIMO RANIERI
“Nun è acqua”, il nuovo disco di Massimo Ranieri prodotto da Mauro Pagani, ricalca lo stile del precedente: consta infatti di una selezione molto attenta dal grande repertorio napoletano e spazia da pezzi settecenteschi come “Fenesta Vascia” a “Giacca Rossa”, tratta dal repertorio dell’ultimo grande autore napoletano Renato Carosone.
In questo lavoro l’approfondimento stilistico è però ancor più curato e attento e grande è stato lo sforzo per recuperare radici anche lontane e per creare nuove e sorprendenti contaminazioni tra gli stili. L’album si apre con “’e cerase”, un interessante tentativo di musicare una poesia dal titolo omonimo (composta nel secolo scorso dal grande Salvatore Di Giacomo), nel cui arrangiamento spicca la sovrapposizione operata al testo originale di un’antica canzone d’amore del Luristan (una provincia della Persia di ceppo linguistico Farsi).
In questo oscillare continuo tra le due culture, mescolato e sovrapposto all’uso più moderno e “manipolato” dei suoni degli strumenti tradizionali risiede la cifra stilistica di tutto il disco . “Fenesta Vascia”, che é il più antico dei brani riarrangiati nel cd, viene affidata quasi esclusivamente alle “corde doppie” di mandole, mandolini e bouzoki; qui la cosa più interessante è lo spostamento ritmico del brano a una divisione in cinque quarti che garantisce al pezzo un sapore balcanico e mediterraneo allo stesso tempo.
L’obiettivo principale nel riarrangiare la bellissima “Luna Rossa” é stato invece quello di ridurre l’originale atmosfera ridanciana e un po’ goliardica che l’aveva ingiustamente ridotta a canzoncina da intrattenimento, penalizzando eccessivamente la grande carica di mistero e di fascino che da sempre la accompagna. Lo stesso può dirsi di “I’ te vurria vasa’”, che qui offre il suo tratto più malinconico e intenso. La selezione dei brani non ha privilegiato solo le composizioni romantiche e appassionate: la seconda grande novità di questo disco é infatti la significativa presenza di parecchi brani “leggeri” che rappresentano l’altro lato importante della cultura napoletana, quella del sorriso e dello sfottò.
Ecco dunque “Io, mammeta e tu”, resa quasi caraibica, intrecciata com’ è a un’antica filastrocca provenzale, o “’a casciaforte” e “Agata”, restituite da Ranieri e Pagani all’ironia un po’ triste dei grandissimi interpreti napoletani del passato come Nino Taranto. Un discorso a parte merita “’o ccafé” di Domenico Modugno, brano già in passato citato nella forma e persino nel testo dal Fabrizio de André di “Don Raffaé”: il nuovo arrangiamento rende contemporaneamente giustizia e omaggio ai due grandi della musica italiana.
Più moderno ma ormai già grande classico è “Malafemmena”, canzone composta dal grande Totò evidentemente influenzato dalla struttura di “Amapola”, una canzone spagnola dei primi del secolo ancora famosissima ai suoi tempi. Il medley tra i due brani li scopre sorprendentemente vicini, e la grande magia della voce di Susana Baca rende il tutto misterioso e come sospeso nel tempo. Impossibile a questo proposito non sottolineare l’apporto di quella che é considerata la più grande interprete della tradizione peruana, recentemente vincitrice di un Grammy Award e da anni artista di punta dell’etichetta dell’ex Talking Heads David Byrne .
E ancora “Giacca Rossa”, canzone praticamente sconosciuta e quasi mai eseguita dal vivo composta alla fine degli anni Sessanta dal grande Carosone, modernissima nella scrittura e nell’arrangiamento qui affidato, unico esempio in tutto il disco, a strumenti “elettrici” e alla tromba davvero speciale di Marco Brioschi. “A Palummella” é l’altro pezzo “antico” dell’album: qui l’artista e il suo produttore hanno deciso di procedere per sottrazione, affidando l’arrangiamento a un trio quasi da camera formato da chitarra classica, oboe e violoncello, come a voler restituire alla melodia l’intensità espressiva originale “classica”.
Il mondo espressivo scelto per arrangiare “Scetate”, altro pezzo semi-sconosciuto anche se quasi centenario, é del tutto simile a quello di “’e cerase”, anche se in questo caso l’uso della grande orchestra si fa davvero importante, cercando di coniugare il suono “occidentale” con la tessitura arrangiativa e gli stilemi espressivi delle grandi orchestre turche e egiziane. Nella fase conclusiva di quest’album è posizionata “Piscatore ‘e Posilleco”, considerata in assoluto una delle più belle canzoni del grande patrimonio napoletano e qui accostata in maniera sorprendentemente emozionante al canto e alla tradizione musicale sarda per mezzo della voce meravigliosa ed evocativa di Andrea Parodi, artista considerato oggi una delle grandi realtà della world music italiana e per questo pubblicato ed apprezzato in tutto il mondo.
Un album di forti contaminazioni mediterranee non poteva che chiudersi con un intenso duetto tra Massimo e Mounà Amari, la grande cantante e liutista tunisina che in “Na ‘mmasciata” cita le “Mille e una notte”, non a caso universalmente riconosciuto come il più grande poema d’amore della cultura araba.