I Fleshtones sono probabilmente il piu` grande gruppo di revival di tutti i tempi. Filtrando il sound degli anni '50 e gli anni '60 attraverso la sensibilita` di un Punk irredento come Peter Zaremba (carismatico leader), i Fleshtones coniarono un verbo antiquato che sembro` invece piu` attuale e trascinante di quasi tutta la musica nuova degli anni '80. Fatto e` che Zaremba detono` alcuni elementi di quel sound e ne mise a dormire altri, e in tal modo suono` per anni una musica che sembrava revival ma in realta` era una musica d'autore come pochi.
I Fleshtones arrivano da New York e fanno perno sulla figura del cantante e organista Peter Zaremba. Il gruppo venne alla ribalta durante gli anni dell'"American graffiti", del revival degli anni '60. Le loro canzoni e i loro brani strumentali si ispiravano in effetti alla tradizione del Rhythm and Blues da garage, della musica Surf di spiaggia, del Rockabilly. Lo spirito ribelle di quel sound era semplicemente aggiornato alla frenesia del Punk-Rock, ma le loro canzoni facevano leva in maniera quasi filologica sul sassofono graffiante di Gordon Spaeth, memore di tanti gruppi del Rhythm and Blues, sull'organetto "acido" di Zaremba, sull'armonica Blues dello stesso, su una sezione ritmica sempre esuberante, sui fuzztone e vibrati del chitarrista Keith Streng, su ritornelli orecchiabili e coretti "hey hey / sha la la", reminescenti dei girl-group e del Soul della Tamla.
Era una musica da party per la tormentata era Punk, derivata dagli stereotipi della musica da party degli spensierati anni '60.
Il loro capolavoro, American Beat (1979, riarrangiato nel 1984), e` un trascinante gospel corale a ritmo indemoniato, un "inno" come non se ne sentivano dai tempi degli Animals, forse il capolavoro dell'intero Sixties revival.
Se il ballabile alla B52's di Girl From Baltimore (1980) tradiva qualche debito verso la New Wave di quegli anni, il Surf strumentale di Vindicators (1980) li riportava saldamente negli anni '60.
Roman Gods (IRS, 1981) e` un album spettacolare in quello stile, epigonico ma al tempo stesso irresistibile, passionale e viscerale. Lo scatenato garage-rock di Rights e l' eroico strumentale di Roman Gods sono i tributi piu` diretti alla civilta` degli anni '60, un tributo che culmina con il ritornello surf trascinante di Let's See The Sun, ma molti brani fanno compiere mutazioni eccentriche a quei geni musicali. World Has Changed unisce un passo marziale da pow-wow e il brio del rockabilly.
I've Gotta Change My Life e` un inno solenne alla Animals. La marcetta soul di Stop Fooling Around ha inflessioni alla Paul Revere. Shadow Line e` un epico inno con passo e coro pellerossa, che ricorda i balli nevrotici dei Talking Heads. Il disco e' uno dei capolavori del decennio, uno dei dischi che meglio abbiano interpretato lo spirito dell'appropriazione da parte dei bianchi delle musiche dei neri, e, in ultima analisi, lo spirito del rock and roll. Zaremba e` il Mozart del revival, coadiuvato dai sassofoni pantagruelici di John Weiss e Gordon Spaeth (anche all'armonica), dalla poderosa sezione ritmica di Bill Milhizer (batteria) e Marek Pakulski (basso) e dalla chitarra squillante di Keith Streng.
Il gruppo abbandono` parte di quell'esuberanza da liceali su Hexbreaker (IRS, 1983), un album piu` maturo che sfodera arrangiamenti degni del "wall of sound" di Phil Spector. Ancora una volta il loro forte e` pero` l'accoppiata di grinta e nostalgia, che sortisce brani epidermici e al tempo stesso costruiti con cura maniacale sugli stereotipi del folk-rock, della novelty strumentale, della musica surf, del Merseybeat, del garage-rock. La festa scalmanata procede dal ritornello orecchiabile di Right Side Good Side (con clapping e falsetto isterico) al rovente rock and roll di New Scene, dal surf epico di Deep In My Heart al gospel incendiario di Burning Hell.
I Fleshtones ammiccano alle colonne sonore (cinematografiche e televisive) che rappresentano i miti proibiti con cui sono cresciuti i ragazzi dell'epoca. Il pomposo e cadenzato tema della title-track, la grottesca danse macabre a ritmo boogie di Screaming Skull (solenni frasi d'organo, contrappunti mostruosi di sassofono, coro minaccioso) il demenziale rhythm and blues strumentale di Legend Of A Wheelman compongono quasi un viaggio psicanalitico dentro il flusso di coscienza dell'adolescente medio.
Quello dei Fleshtones e' un saggio di semiotica, piu` che di filologia. I "segni" di cui si occupa sono i fuzz, i riverberi, i vibrati, il clapping, i tremolo, i fraseggi d'organo, i coretti in falsetto, gli stacchetti di sax, gli assoli blues di armonica. Lo spirito amatoriale e selvaggio di Animals, Yardbirds, Standells, Sonics viene disinnescato in un impianto formale quasi barocco, secondo un'operazione sui timbri che assomiglia a quelle contemporanee dei Raybeats e dei DB's.
Speed Connection II (IRS, 1985), registrato dal vivo con tanto di "background noise" e gracchi, li consacra come la bar-band per eccellenza di New York, all'altezza del loro modello Yardbirds, con grandi assoli di armonica e sassofono e ritmi deraglianti (Return To Haunted House).
Gli ultimi classici di Zaremba saranno una rovente Turn Me On Again, sul Spread The Word (Moving Target, 1986) accreditato ai Love Delegation, e sull'inferiore (e molto piu` elettrico) Fleshtones Vs Reality (Emergo, 1987), che comunque annovera il boogie piu` furibondo della loro carriera, Way Down South (gli fa il paio il folk-rock alla Byrds di Way Up Here) e l'epilettica Whatever Makes You Happy.
Living Legend Series (A&M, 1989) e` forse la miglior antologia del periodo, con la versione riveduta di American Beat.
I Fleshtones hanno detto tutto cio` che avevano da dire nei primi cinque anni della loro carriera, ma Powerstance (Naked Language, 1992) dimostra che non sono del tutto morti. A cinque anni dall'infelice Vs Reality, il disco risolleva le quotazioni di Zaremba con lo strumentale Candy Ass e le anthemiche Armed And Dangerous e Let It Rip.
Take A Walk, Whistling Past The Grave, e la title-track sono i gioielli di Beautiful Light (Naked Language, 1994), fedele fino alla morte allo stile classico, ma con l'aggiunta di congrue dosi di psichedelia (Mushroom Cloud) e rhythm and blues (Pickin' Pickin' e Outcast).
Laboratory of Sound (Ichiban, 1995) e` un album piu` blues e soul che nel passato (Train Of Thought sembra i Rolling Stones), ma alla fin fine a vincere sono sempre i numeri piu` scatenati: Let's Go, Hold You, Accelerated Emotions, Nostradamus Jr, A Motor Needs Gas.
Peter Zaremba non e` cambiato di molto vent'anni dopo i suoi esordi. I'm Not A Sissy e God Damn It, su More Than Skin Deep (Ichiban, 1998), brillano della stessa passione e dello stesso fuoco dei classici di un tempo. La formazione comprende adesso Bill Milhizer (batteria), Ken Fox (basso) e Keith Streng (chitarra), ma lo show e` sempre di Zaremba, che non puo` esimersi di dedicarsi lo strumentale Blow Job al sesso orale.
Nessuno e` efficace e originale quanto loro nell'operazione di revival. Almeno American Beat e Let's See The Sun rimarranno fra i piu` grandi capolavori del Sixties-sound. Nell'insieme il loro canzoniere di cadenze epidermiche, melodie memorabili e riff trascinanti ha pochi eguali nella storia del rock.