FIRENZE- Nel 2002 otto nuovi musei e sette riaperti con allestimenti ampliati e rinnovati. Una dato importante che testimonia la vivacità del settore museale in Toscana. Il “focus” di “Culturae”, la rivista sulle politiche culturali della Regione, è dedicato a queste importanti novità. Ma non solo. In questo numero, il secondo dopo quello di presentazione del luglio scorso, si fa il punto sulla crescita degli investimenti per la valorizzazione dei beni culturali pubblici e privati e sullo stato delle biblioteche toscane, sempre più aperte all’utilizzo delle nuove tecnologie.
Viene proposto inoltre un quadro degli interventi di restauro e recupero dei teatri toscani, un patrimonio di alto valore artistico e architettonico che è necessario tutelare e valorizzare. Completano la rivista gli spazi dedicati all’arte contemporanea, al progetto interculturale Porto franco e alle pubblicazioni regionali.
“Culturae” è in distribuzione gratuita e può essere richiesta agli uffici del Dipartimento delle politiche formative e dei beni culturali, via G. Modena 13, 50121 Firenze, tel.
005 4384127.
I beni culturali della Toscana
Il patrimonio culturale della Toscana conta complessivamente oltre 20.200 beni censiti. 543 sono i musei, 180 i teatri, 2.300 gli edifici religiosi d’interesse storico, 5.000 le dimore storiche, 953 le biblioteche, 4.000 i castelli e le fortificazioni.
Turismo culturale
13 milioni: a tanto ammontano le presenze annue di turismi legate al segmento arte-affari, quindi in buona parte legate alla cultura. Si tratta del 35 per cento delle presenze totali (37 milioni) e di una fetta molto consistente delle presenze straniere, in primis di statunitensi, inglesi, tedeschi, giapponesi, tedeschi.
I musei
I musei in Toscana sono 453 (il dato nazionale è di 4.120); quasi metà di questi (oltre 200) sono di proprietà di enti locali, 77 appartengono allo Stato o all’Università, 69 sono di enti ecclesiastici. I contenuti delle collezioni sono in gran parte rivolti al mondo dell’arte (206 su 453) e dell’archeologia (70), ma numerosi sono anche i musei di scienza e tecnica (111) e storia (33). I prezzi di ingresso sono generalmente molto bassi, con una media di 2,58 euro.
I musei statali
Nel 2001 i 65 musei statali toscani hanno ospitato oltre 6 milioni di visitatori, pari al 20,6 per cento dei visitatori di tutti i musei italiani.
Con i quasi 22 milioni di euro di incasso i musei statali toscani hanno prodotto il 26,9 per cento di tutti gli incassi dei musei italiani, superato, di poco, da quelli del Lazio.
Da notare che il 43 per cento dei visitatori e il 60 per cento degli incassi sono riferiti solo ai due grandi musei fiorentini (Uffizi e Accademia). Fuori da Firenze il museo statale più visitato risulta essere il museo napoleonica di Portoferraio (107mila presenze annue) seguito dalle aree archeologiche di Roselle e di Vetulonia e dal museo archeologico di Chiusi.
I musei non statali
Non esiste al momento un dato complessivo sui musei non statali, ma da una ricerca della Regione, emerge una realtà molto vivace: ben 24 dei musei non statali toscani registrano oltre 10mila visitatori all’anno, 3 superano addirittura quota 100mila.
Bookshop e altri servizi nei musei
Secondo una ricerca della Regione Toscana sono 84 i musei toscani che dispongono al proprio interno di un bookshop (si tratta del 19 per cento del totale); quasi la metà di questi (ben 39) si trovano nell’area di Firenze. Sono invece 15 nella nostra regione i musei dotati di caffetteria (8 a Firenze).
La spesa pubblica per la cultura
96 euro all’anno per abitante: a tanto ammonta la spesa pubblica per i servizi ricreativi e culturali in Toscana.
Si tratta di un dato superiore a quello nazionale (85 euro) e a quello di Regioni come Lombardia (93), Veneto (77), Piemonte (79) e appena inferiore a quello dell’Emilia Romagna (100). Il grafico della spesa evidenzia come questa sia cresciuta del 20 per cento dalla seconda metà degli anni novanta.
Gli interventi della Regione
Sfiora i 245 milioni di euro la quantità totale di investimenti che sono stati messi in campo dalla Regione Toscana negli ultimi tre anni (in alcuni casi tali interventi si realizzeranno entro il 2005).
I fondi disponibili da parte della Regione provengono da fonti diverse: la Regione stessa (il bilancio ordinario e il programma straordinario di investimenti), il governo (vedi l’accordo quadro con il Ministero dei beni culturali e la delibera Cipe), l’Unione europea. Da notare che in questi ultimi tre anni sono costantemente aumentati i fondi destinati al settore nel bilancio ordinario della Regione: dai 15 milioni di euro del 2000, attraverso i 18 milioni e 800mila del 2001, si è arrivati ai 26 milioni e 992mila euro del 2002.
L’intervento dei privati
Le risorse investite dai privati nel settore ammontano, secondo una stima dell’Irpet, a circa 52 milioni di euro annui. Una cifra niente affatto trascurabile anche rispetto ai 361 milioni stimati per l’intero Paese. Di questi una ingente quota (oltre il 70 per cento) viene dalla Fondazioni bancarie.
L’occupazione
Sono circa 18mila in Toscana gli occupati nel settore della cultura. Per quasi la metà (48 per cento) si tratta di artisti o lavoratori con elevata specializzazione (storici, restauratori), il 47 per cento da tecnici, artigiani e operai del settore, il restante 5 per cento da attività relative all distribuzione (è il caso di esercenti e gestori di cinema).
Da notare che il personale in forza alle amministrazioni pubbliche supera i 4mila: si tratta in gran parte di personale del Ministero per i beni e le attività culturali (circa 2.600) e dei dipendenti degli enti locali (oltre 1.300).
Perché un convegno sull’economia della cultura? Nel suo intervento di apertura dei lavori, l’assessore Mariella Zoppi ha sintetizzato i motivi in tre punti fondamentali: capire meglio il binomio cultura – economia in rapporto ad una regione come la Toscana in cui si dice che la densita’ di opere d’arte sia la più alta del mondo.
Chiarire come la cultura, essendo un valore collettivo e sociale sancito dalla Costituzione, debba essere sostenuta dal settore pubblico. Valutare come la spesa pubblica finalizzata alla cultura possa essere ottimizzata in ambito pubblico ed integrata dal settore privato.
Negli ultimi tre anni, ha sottolineato l’assessore Zoppi, la Regione Toscana ha intrapreso una politica di sostegno reale della cultura: stanno a dimostrarlo le voci di bilancio, ogni anno più consistenti. E così sarà anche per il prossimo triennio.
Ma la cultura non è solo cifre. “Cultura è un concetto complesso, composto da patrimoni tangibili e intangibili”, ha proseguito “Dunque ogni volta che, come legislatori e come amministratori, abbiamo a che fare con la cultura dobbiamo aver chiara la sua duplice composizione: materiale e immateriale”. Per troppo tempo si è prestata maggior attenzione alle “ricadute dell’economia materiale, in quanto sono misurabili in termini di reddito, di aziende interessate, di occupazione diretta o indotta”, “si è cioè operata una banalizzazione del bene culturale in sé, assimilandolo a un’impresa produttiva in grado di fornire tangibili profitti”: una logica, ha osservato Mariella Zoppi, appoggiata per anni anche dall’UE, che “ha legato gli investimenti per la cultura al turismo, in una malintesa concezione che solo attraverso la valutazione di parametri materiali si potessero rendere ‘attivi’ i beni culturali”.
Una logica che ha ispirato anche la corsa alla privatizzazione della gestione dei beni culturali. Una logica oggi “largamente e felicemente superata”.
“La valorizzazione di un bene culturale ha una capacità economica in sé, che si riverbera su un territorio di diversa ampiezza e con effetti molteplici”, ha detto l’assessore, portando l’esempio dell’investimento che la Regione sta facendo assieme allo Stato sulle tombe etrusche a tumulo di Cortona: un investimento che innesca una serie di meccanismi positivi (museo, borgo antico, struttura urbana e monumenti, attività commerciale antiquaria, competenze nel campo del restauro, circuito culturale, richiesta di spettacolo e di altre attività culturali), i cui effetti si possono vedere nel breve come nel lungo periodo, ma che alla fine sono sempre, in qualche modo ‘misurabili’.
Riferimento importante, in quest’ottica, sono le comunità locali, “in quanto si dimostrano consapevoli custodi e interpreti di un patrimonio culturale di cui sono destinatari e proprietari da secoli”.
I dati Istat resi noti in questi giorni, ha ricordato l’assessore, mostrano un’Italia molto più vicina alla cultura di quanto lo fosse dieci o vent’anni fa. E nel panorama nazionale, i dati sul consumo di cultura in Toscana appaiono particolarmente elevati: basti pensare al rapporto teatri/abitanti, che è di 1/27.000, un dato unico nel panorama italiano (e questo, malgrado le recenti polemiche sui teatri chiusi: 47, su 186 aperti).
Un’indagine condotta pochi mesi fa in Toscana, ha voluto ricordare tra l’altro Mariella Zoppi, metteva in relazione, non solo la qualità della vita, ma addirittura la longevità, con la capacità culturale della popolazione.
L’assessore ha quindi affrontato la spinosa questione dell’attuazione dell’articolo V della Costituzione e dell’attribuzione alle Regioni delle competenze di valorizzazione e gestione del patrimonio culturale: vista da qualcuno come presunto, ma sicuro attentato all’unitarietà dell’identità culturale nazionale.
“Timori che vengono – ha precisato – come si diceva una volta, da destra e da sinistra, o come si dice ora, che rappresentano posizioni bipartisan”. Mariella Zoppi contesta “i due cardini su cui si fondano queste argomentazioni: la perfezione del sistema attuale e l’incapacità congenita delle Regioni e degli Enti locali ad amministrare il loro patrimonio culturale”. In Toscana, fa notare, su 453 musei, 223 sono di ente locale, 77 dello Stato, 69 ecclesiastici, 61 privati; e “non sembrano segnalati particolari disastri nei confronti del complesso del patrimonio culturale, anzi, sembra esservi un generale apprezzamento sulla gestione ed una buona armonia tra enti territoriali ed amministrazione statale”.
La Toscana, assicura l’assessore Zoppi, non vuole essere antagonista del Sistema-Italia, ma ritiene anzi “di poter avere una funzione ‘utile’ nei confronti dei cittadini residenti e dei visitatori cui appartiene per intero il nostro patrimonio culturale”.
E conclude: “Certo, molte cose sono da approfondire, da perfezionare, molte collaborazioni sono da porre in essere con maggior convinzione, le risorse sono sempre scarse rispetto al fabbisogno e il problema della formazione del personale qualificato resta ancora aperto; ma sono sicura che non pochi problemi sarebbero più facilmente risolvibili, se abbassassimo il quoziente di conflittualità e ricercassimo, con maggior collaborazione, un chiarimento di ruoli e di competenze”.