El burlador de Sevilla di Tirso da Molina, i canovacci della Commedia dell'Arte, il Convitato di Pietra, di Andrea Perrucci, senza trascurare le suggestioni derivate, alle origini del mito, da un insieme precedente di racconti e leggende popolari, sono le fonti del testo elaborato dallo stesso Scaparro, insieme a Edo Bellingeri e alla drammaturga francese Myriam Tanant.
Lo spettacolo muove da questo viaggio nella memoria teatrale, nei frammenti di una storia che solo alcuni studiosi avevano saputo far riemergere da testi abbandonati e manoscritti dimenticati, per raccontare le gesta di un Cavaliere dalla mutevole identità, un antieroe animato dal desiderio di "fingersi un altro", alla ricerca di un piacere concepito, contro ogni regola, come principio libero e assoluto.
Il Don Giovanni di Scaparro, indagando un territorio poco esplorato e mettendo in evidenza il percorso che dalla Spagna, attraverso città e dialetti del nostro paese, arriva fino alle porte di Parigi, fino al capolavoro di Molière, vuole anche essere un contributo italiano alla conoscenza di questo mito mediterraneo.
"Il mito di Don Giovanni" - sottolinea Scaparro - "è, dopo Tirso da Molina, divenuto subito un classico delle compagnie italiane che giravano per la penisola.
Gli italiani hanno laicizzato la leggenda, talvolta deformandola, parodiandola, ma contribuendo in maniera clamorosa alla sua immediata diffusione. Grazie a questo intreccio tra la farsa italiana e il dramma spagnolo il Don Giovanni della commedia dell'arte rappresenta la terra e non solo il cielo, l'immediatezza, l'erotismo, ma anche e soprattutto quella gioia di vivere di cui parla Giovanni Macchia".
In sintonia con la linea di ricerca condotta a livello drammaturgico, la scena di Roberto Francia e Roberto Rebaudengo, rivela effetti e sorprese di palcoscenico evocate nei Canovacci, mentre il linguaggio musicale elaborato da Nicola Piovani e Germano Mazzocchetti, i movimenti ritmici e di danza, curati da Mariano Brancaccio, aprono ad altre suggestioni il gioco della seduzione e del travestimento, l’erotismo, la situazione tragica e il controcanto comico che già vivono nel testo.
I costumi di Santuzza Calì affidano al cromatismo - trascorrendo dalla leggerezza dei colori pastello alla drammaticità del rosso e del nero - il complemento dell’azione scenica.
La scelta degli interpreti è coerente con le intenzioni del regista: Peppe Barra è Pulcinella, comicità napoletana di improntitudine antica; il giovane Giacinto Palmarini è Don Giovanni, concentrato di vitalità e sfrontatezza.
A questa coppia di servitore e padrone si contrappone quella formata dal vanesio Duca Ottavio (Maximilian Nisi) e dal suo Servo Zanetto (Luca Mascia) veneto, in omaggio all'altra lingua "maggiore" della nostra tradizione teatrale. Il quartetto femminile è composto da Lalla Esposito, che dà voce all’aggressività ingenua della pescatrice Tisbea, mentre Maria Letizia Gorga incarna l'elegante distacco di Donna Anna, figura dell'amore inaccessibile, eppure conquistato; Loredana Piedimonte è Isabella, immagine di placida bellezza e Carla Ferrero un'ingenua e leggera Pimpinella.
Fernando Pannullo si moltiplica nei ruoli del Commendatore, del Capocomico, del Re di Napoli, del Re di Castiglia e del Dottore.