Il Festival della Val d’Orcia e Montalcino fa tappa alla Rocca a Tentennano (Rocca d’Orcia) che si anima giovedì 8 agosto delle sonorità del sud con lo straordinario concerto di Antonio Infantino e i Tarantolati e la magia dell’antica musica tradizionale lucana.
Il gruppo è una travolgente macchina percussiva e poliritmica, impegnata in una performance iterativa e rituale, con un palcoscenico ingombro di strumenti e di musicisti accaldati. Un doppio viaggio nello spazio e nel tempo: un frammento di Lucania (l'antica Basilicata) con la sua musica popolare piena di strumenti percussivi (sei musicisti impegnati con piatti e pelli, due con i cubba cubba, caratteristici tamburi ad acqua), riti di possessione e trance: un ritorno al recente passato musicale.
Il gruppo risale al 1975 e negli anni oltre 150 musicisti ne hanno fatto parte; del vecchio organico rimane lui, Antonio Infantino con la sua voce abrasiva e roca e la chitarra battente; gli altri sono giovani musicisti (sei percussionisti, un mandolinista, un tastierista).
Antonio Infantino, nato a Tricarico, cittadina in provincia di Matera, inizia la sua attività artistica a Milano nel 1966 al Nebbia Club, dove qualsiasi avventore poteva esibirsi. All'epoca Infantino sapeva soltanto strimpellare la chitarra, ma si era fatto esperienza artistica scrivendo poesie.
Al Nebbia Club fu ascoltato da Giangiacomo Feltrinelli e da Fernada Pivano, che lo invitarono a pubblicare un libretto di poesie dal titolo "I denti cariati e la patria"; il libretto, un insieme di libero sfogo in uno stile un po' surreale, andò a ruba. Due anni più tardi esordisce con Dario Fo nello spettacolo "Ci ragiono e canto", dove Infantino ricopre il ruolo a lui più congeniale: il musicista, interpretando, nel lavoro di Fo, un suo successo: "L'Avola". Altre esperienze teatrali e musicali in tutta Europa, la fondazione dei Tarantolati e un periodo trascorso in Brasile al fianco di artisti quali Toquinho e altri musicisti del giro di Milton Nascimento, fanno maturare ulteriormente Infantino.
Assorbe gli stilemi e i principi musicali della sua terra, ne studia i temi popolari e sociali per mezzo dei quali le sue sono storie di povera gente. Così canti di raccolta delle olive (L'Aliv), canti carnevaleschi nell'aria sfrenata dei ritmi della tarantola (Cubba cubba, Vuressia, Pezzca pezzca), testimonianze dell'occupazione delle terre da parte dei braccianti (L'Avola) o filastrocche infantili stravolte ed esasperate (La gatta mammona), sono gli ingredienti che fanno dei Tarantolati un gruppo davvero unico e travolgente.