Non e' stato stabilito se i 'cavalieri' bianchi alleati della Sai, Commerzbank, Mittel, Micheli, Interbanca e JP Morgan abbiano effettuato un' operazione di portage. Questa la "decisione" di ieri della Consob sui contratti dei «cinque cavalieri bianchi» di Salvatore Ligresti (Jp Morgan, Interbanca, Micheli, Mittel e Commerzbank). La commissione nei giorni scorsi si è pronunciata sull’Opa di Sai su Fondiaria, decidendo che, venuto meno il «concerto» Sai-Mediobanca, non sussiste più l’obbligo di offerta pubblica di acquisto.
"Non è detto comunque che -scriveva ieri Il Corriere dalla Sera- anche in caso la commissione non si pronunci o dia torto a Fondiaria, l’esito del voto sia scontato.
Voci di mercato sostengono che Mediobanca potrebbe astenersi e che anche alcuni cavalieri potrebbero decidere in tal senso. Così come non è chiaro di quante azioni dispongano gli azionisti fiorentini guidati dal presidente Alberto Pecci (si parla anche del 14-18%). Le incognite restano molte, dunque. Il consiglio convocato da Ligresti è un segnale da interpretare come un ultimatum? O come accordo praticamente fatto? Molti fattori, incertezze comprese, sembrano militare a favore di un’intesa".
"I negoziati sarebbero ripresi con l'obiettivo di raggiungere un risultato positivo prima dell'assemblea annuale della Fondiaria in programma per giovedì -scriveva ieri Il Sole24Ore- In una trattativa che ha conosciuto repentini ribaltamenti di posizioni il condizionale è d'obbligo ma i due gruppi avrebbero ormai maturato il convincimento che quella dell'integrazione, sul piano finanziario ed industriale, rappresenta la migliore opzione per entrambi.
Si continua a discutere in queste ore dei due temi che fin da subito hanno rappresentato i maggiori ostacoli all'accordo: il rapporto di concambio e gli equilibri di corporate governance interni, a tutela della platea dei soci. Nel caso di una fusione tra Sai e Fondiaria, questa sarebbe preceduta dall'esercizio delle opzioni call (diritto ad acquistare) in mano alla Sai sulle azioni Fondiaria (pari a circa il 29,9% del capitale) dirottate nei mesi scorsi ai cinque "cavalieri bianchi". L'onere dell'operazione sarebbe notevole, oltre 700 milioni di euro, superiore all'eccedenza di mezzi finanziari di cui la compagnia dispone (314 milioni) rispetto alla copertura del margine di solvibilità.
Diverrebbe indispensabile rafforzarne i presidi patrimoniali. Come? Nelle scorse settimane gli stessi manager della Sai avevano ipotizzato alcune possibili soluzioni: il ricorso a prestiti subordinati oppure la vendita alla controllante Premafin della quota di azioni proprie Sai (13,7% del capitale sociale) che, come tali, non possono essere conteggiate tra le attività a copertura del margine di solvibilità. Quest'ultima opzione, oltre a rappresentare una sorta di aumento di capitale per la Sai, avrebbe anche il vantaggio di aumentare la presa sulla compagnia della controllante Premafin in vista della fusione".