FIRENZE- Esiste un problema di quantità di risorse, che si ripropone con forza in vista dell'allargamento dell'Unione europea ad altri paesi, ma oggi all'ordine del giorno c'è soprattutto il problema dell'uso delle risorse. E se nell'ultimo esercizio finanziario in Toscana l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura ha distribuito fondi per circa 300 milioni di euro, i finanziamenti per lo sviluppo rurale, sebbene in percentuale superiore alla media italiana, sono ancora troppo ridotti rispetto agli aiuti di mercato.
Per questo è necessaria una radicale "rimodulazione" nella distribuzione delle risorse comunitarie, che punti a sostenere e promuovere un'agricoltura di qualità, attenta all'ambiente e alla salute dei consumatori, piuttosto che ad assicurare quantità industriali di produzione. E' questo, in estrema sintesi, quanto ha voluto sottolineare l'assessore all'agricoltura della Regione Toscana, Tito Barbini, nella relazione introduttiva con cui questa mattina ha aperto i lavori del convegno "La politica agricola comunitaria in Toscana": iniziativa con la quale, in vista della revisione di medio termine di "Agenda 2000", la Toscana ha voluto offrire il suo contributo di idee e di proposte all'Europa, forte di un'esperienza che l'ha vista proporsi sempre più come un modello di riferimento per le scelte strategiche in termini di qualità, sostenibilità ambientale e sicurezza alimentare.
"Le politiche di sviluppo rurale, che in questi anni, si sono affiancate ai tradizionali interventi di aiuto, hanno già raggiunto risultati importanti, e tuttavia resta da fare ancora moltissimo in termini di riequilibrio di finalità e risorse tra questi due pilastri della spesa comunitaria - spiega Barbini - Non si tratta solamente di dire che gli aiuti al mercato, su cui le Regioni non hanno assolutamente voce, esprimono una concezione centralistica, incurante delle specificità locali, attenta solo agli aspetti produttivistici.
Promuovere lo sviluppo rurale, nel suo complesso, significa oggi creare le condizioni per rilanciare l'economia di interi territori rurali, per salvaguardare la ricchezza ambientale, sociale e culturale, per promuovere la qualità e la sicurezza alimentare. La logica di produzioni che esistono solo per intascare i premi, magari per essere poi lasciate marcire nei campi, appartiene al passato. La nostra strada è quella di un'agricoltura che, grazie anche alle misure del Piano di sviluppo rurale, ha saputo aprire le porte a migliaia di giovani imprenditori oppure raggiungere, come nel caso della Chianina, livelli di qualità ripagati dal mercato anche in una fase difficilissima per la zootecnia europea".
In realtà, spiega Barbini, le risorse per il Piano di sviluppo rurale sono tutt'altro che modeste: per il 2000-2006 la Toscana ha ricevuto una dotazione di 328,93 milioni di euro, che corrispondono a circa 730 milioni in aiuti (quota Ue più Stato più Regione) e a circa un miliardo di euro di costo totale. Il peso del "primo pilastro", quello degli aiuti di mercato, resta tuttavia al 68% (il 79% in Italia), mentre fa riflettere che per quanto riguarda lo sviluppo rurale, di fronte ad una dotazione per il 2000 e il 2001 di circa 190 milioni di euro la Toscana abbia messo in pagamento aiuti per 221 milioni di euro, pari a più del 111% della disponibilità.
E questa è una prospettiva che non riguarda solo la Toscana: "E' ormai evidente che le prospettive dell'intera agricoltura italiana riguardano quelle attività che maggiormente si richiamano ai principi dello sviluppo rurale.
L'attuale distribuzione delle risorse tra il primo e il secondo pilastro è drammaticamente inadeguata rispetto alle aspettative di una parte consistente del mondo agricolo". Si tratta semmai di dotare di altri strumenti e obiettivi gli interventi tipici dello sviluppo rurale, utlizzando la compatibilità ambientale come riferimento obbligatorio.